"Ha corrotto i periti", Unicredit sotto accusa a Bari

La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 dirigenti e manager di Unicredit, tra cui l’Ad Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo

Utente: Radisol
3 / 4 / 2015

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(Federico Ghizzoni)

Con l'accusa di bancarotta fraudolenta, la procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 dirigenti e manager di Unicredit, tra cui l'AD Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo, ora presidente di Mps.L'udienza preliminare non è ancora stata fissata dal gup che dovrà decidere sulle richieste del pubblico ministero. 

Il crac in questione è quello della società barese Divania che fino a pochi anni fa vantava 430 dipendenti e un fatturato di assoluto rispetto. Secondo il pm Isabella Ginefra, i vertici della banca hanno ingannato il proprietario di Divania, Francesco Parisi, inducendolo a sottoscrivere 203 contratti derivati che, in pochi anni, hanno portato la società al dissesto e al successivo fallimento. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2000 e il 2005. 

I vertici di Unicredit (tra cui Profumo e Ghizzoni) - secondo l'accusa - hanno indotto Parisi a "compiere operazioni dolose a seguito delle quali la società veniva esposta a rischi di perdite potenzialmente illimitate (per 15 milioni di euro, ndr) e dal compimento delle quali derivava il dissesto della società che successivamente (nel 2011, ndr) falliva" 

La nuova accusa che investe Unicredit è legata a due consulenti d’ufficio, nominati nel giugno 2008 dal tribunale civile di Bari durante una causa per il risarcimento del danno (280 milioni di euro), chiesto dall’ex titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi, alla banca. Uno dei due è un avvocato romano che, tre anni dopo in un altro procedimento a Brescia è difensore di Bipop-Carire (confluita in Unicredit). Circostanza che induce Parisi a presentare denuncia al pm Eugenia Pontassuglia. 

Oggi l’iniziale ipotesi di corruzione in atti giudiziari, a carico dei professionisti, si allarga allo stesso gruppo bancario che, nel 2011, ha erogato 235 mila euro ciascuno ai due periti. E lo ha fatto, per l’accusa, proprio quando la causa stava per essere definita in favore di Unicredit grazie ai risultati di quella perizia sui derivati. Ma invece di decidere, il tribunale ha annullato la perizia e ha trasmesso gli atti alla Procura, segnalando le anomalie di quella parcella, mai autorizzata dai giudici e molto superiore alle tariffe previste dalla legge. 

Intanto, il gruppo di Piazza Gae Aulenti «conferma la piena fiducia nell’operato della magistratura ». E precisa che «la prima a fornire l’assenso alla quantificazione dei compensi dei consulenti della Procura, proposta il 5 dicembre 2008 dai due consulenti per un importo che poteva variare da un minimo di 142 mila a un massimo di 213 mila euro cadauno — si legge in una nota di Unicredit — fu proprio Divania in data 24 febbraio 2009; salvo poi non provvedere al pagamento. Un mese dopo aderì anche UniCredit». Il gruppo ricorda che «la perizia in questione è stata redatta da due diversi consulenti tecnici ed è perfettamente in linea con l’esito di altre due perizie (Ctu) redatte nell’ambito della stessa vicenda». 

Oggi, mentre si attende la decisione del gup sulla richiesta di rinvio a giudizio dei responsabili di Unicredit in un’altra vicenda che coinvolge Divania, con le accuse di truffa, falso e concorso in bancarotta, riparte da zero la maxicausa civile, con l’affidamento dell’incarico a un nuovo perito. 

3 Aprile 2015 

http://bari.repubblica.it/cronaca/2015/04/03/news/_ha_corrotto_i_periti_unicredit_sott_accusa_a_bari-111115847/