La banalità dell'ovvio e il deserto culturale come strumento di controllo sociale delle classi dominanti

Utente: Heval
5 / 9 / 2012

La lotta sociale e politica è spesso arricchita da analisi e motivazioni culturali o ideologici: la "protesta" non fine a se stessa o semplice "esplosione di rabbia" ma atto centrale di una elaborazione del pensiero e di una coscienza critica. Ma, accade, che sia messo in discussione da un terribile inganno, contro il quale difficile è rispondere con la complessità del pensiero in quanto si basa sulla destrutturazione del pensiero, sulla semplicità e la banalità. Nel 1963  Hannah Arendt descrisse la "banalità del male", oggi è necessario una presa di coscienza di identica forza nei confronti di una nuova arma a disposizione delle classi dominanti: la banalità dell'ovvio. Alle analisi ideologiche si può rispondere con altrettante analisi ideologiche, agli studi sociologici anche. Ma smontare la "banalità dell'ovvio" appare molto più difficile. Lo vediamo nella scuola, che dovrebbe essere il luogo eletto alla formazione della coscienza civile e sociale dei cittadini vittima negli ultimi 15 anni di una terribile opera di demolizione e privatizzazione liberticida.

Alcuni esempi valgono su tutti:

- "A dà studia pi pijà lù pezz' d' cart": una frase terribile che generazioni di studenti si sentono ripetere dai genitori, dai professori e da tanti altri. "Devi studiare per prendere un pezzo di carta", una frase banalissima (è scontatissimo che alla fine di un percorso di studi ci sarà un diploma o una laurea) ma di una crudeltà immensa: in pochissime parole viene fatta tabula rasa di sogni, ideali, aspirazioni di vita. Non si partecipa ad un percorso scolastico per formare la propria coscienza di cittadini, per le aspirazioni personali e crearsi un bagaglio culturale, non più. Uno dei più grandi pericoli per le dittature è la cultura, che ogni tirannia cerca di cancellare o almeno di piegare. La cultura rende le persone libere e dona loro una coscienza critica: ridurla a "lù pezz d' cart" è tradire l'anelito libertario e la coscienza dei futuri cittadini.

- croce di ogni alunn* è la condotta, la terribile valutazione della disciplina e del comportamento. L'alunno non deve disturbare, l'alunno non deve avere un comportamento indisciplinato, irrispettoso, non deve essere protagonista di vandalismi o bullismi. Appare una cosa scontata. Ma nella pratica la conseguenza è che l'alunno perfetto rimane ore e ore in silenzio, totalmente passivo senza alcun moto di partecipazione vera. Praticamente un sogno liberticida: la vivacità di un bambino o di un adolescente, che dovrebbe essere una ricchezza da valorizzare e tutelare, è considerata una minaccia al regime scolastico. Una volta sui muri di alcune scuole si leggeva una scritta "Scuola: Società Che Uccide Ogni Libero Alunno", sarà forse vero?

- la meritocrazia: l'alunno che studia va premiato, l'alunno svogliato e che odia i libri no. Altra apparente e lineare banalità. Ma la lettura delle statistiche annuali certifica che questo è un meccanismo spietato di classe e di darwinismo sociale, la condizione sociale della famiglia di appartenenza diventa decisiva per la conclusione del percorso di studi. Sono passati decenni dalla "Lettera ad una professoressa" scritta a Barbiana dagli alunni di don Lorenzo Milani ma la situazione resta la stessa: il figlio di un operaio non ha le stesse possibilità del figlio di un operaio, di un precario, di un cassintegrato. Sarà un caso che le borse di studio sono considerate sempre più un costo che è stato tagliato e massacrato?

- il costo, la scuola è costa. E in tempi di crisi economica cosa si fa, se non stringere i cordoni della borsa? Vediamo quindi all'opera ragionieri ed insigni "professoroni" che abbattono i costi della scuola, che riducono annualmente la spesa pubblica per la scuola. Risultato: un'università francese da sola riceve più finanziamenti di tutto il sistema italiano e le tasse per gli studenti aumentano annualmente a dismisura (ma in tempi di crisi economica non si dovrebbe pesare il meno possibile sui cittadini?), costruendo un immenso meccanismo di selezione sociale di classe. E il terribile risultato sociale l'abbiamo già descritto all'inizio: il deserto dei tartari della cultura e delle aspirazioni, la coscienza e la formazione diventano un peso di cui ci si può (e ci si deve!) liberare.

La dimostrazione di come l'inganno e la retorica s'annidano in pensieri semplici, lineari e banali la stiamo avendo in queste settimane. Il corcorsone pubblico viene accompagnato da due grandissimi annunci: è il primo dal 1999 e stabilizzerà moltissimi precari. Fantastico, come si può dire di no? Si può e si deve! Perché dietro gli annunci, dietro la retorica, ancora una volta si nasconde una terribile verità: i precari saranno costretti ad una nuova terribile giostra (a pagamento!!) e, in realtà, moltissimi vedranno definitivamente cancellata ogni speranza di avere un posto fisso e di vedere la propria situazione economica migliorare.

Quanto si sta cercando di descrivere dispiega tutta la sua violenza, tutto il suo essere strumento di controllo e di inganno di classe a Taranto. Dopo anni e anni la vicenda giudiziaria è giunta al culmine e il potenziale inquinante e pericoloso per la salute si è disvelato nella sua drammatica interessa. Ed ecco il ricatto: o morite senza lavoro o morite lavorando. E in tempi di crisi economica chiudere una fabbrica con decine di migliaia di operai è un lusso che non possiamo permetterci. Frasi semplici, lineari, banali. Ma che suonano false come una moneta da 3 euro!!! Perché basta volgere lo sguardo alla Germania per rendersi conto di come sia possibile produrre con tecnologie molto meno inquinanti e rispettose della salute umana. Ed esiste uno studio (commissionato da PeaceLink, associazione eco-pacifista, e non dalle istituzioni...) che dimostra quanto la bonifica dell'ILVA e della città (fateci caso, nessuno ne fa riferimento ma la bonifica non può essere circoscritta al solo impianto e dovrebbe riguardare l'intera città, porto e mare compresi) necessita di molti più operai del mantenere lo status quo e lasciare l'ILVA proseguire.

C'erano una volta la coscienza di classe e l'intellettuale collettivo (ma questa è un'altra storia, che si rimanda al futuro...)

Alessio Di Florio