Resta aperto il caso di Florence Cassez, cittadina francese condannata a 60 anni di carcere in Messico per rapimento

Messico: Florence Cassez resta in prigione

L'opinione pubblica messicana divisa, la giustizia in dubbio

Utente: vfabris
24 / 3 / 2012

cortesuprma.jpg?w=300&h=224Su Carmilla abbiamo trattato in dettaglio il caso di Florence Cassez, cittadina francese condannata a 60 anni di carcere in Messico per rapimento che, per ora, resterà in prigione (cronologia I parte  II parte), dopo che i magistrati della Corte Suprema messicana hanno bocciato il 21 marzo il ricorso per la revisione del suo appello. L’avvocato Agustín Acosta aveva appellato alla Corte, che di solito s’esprime su questioni costituzionali, un anno fa. La settimana scorsa il giudice Zaldivar della prima sala della Corte, specializzata in materia penale, aveva presentato una proposta che chiedeva la libertà della francese per le violazioni al principio del giusto processo e il mancato rispetto dei diritti consolari da parte delle autorità al momento della cattura. I voti dei giudici sono stati due a favore e tre contro. Nello specifico si trattava di approvare o rifiutare la revisione dell’appello che nel 2011 Florence aveva perso in un tribunale ordinario. In quell’occasione il nazionalismo francese e il messicano si scontrarono duramente fino ad arrivare alla cancellazione dell’anno del Messico in Francia, un evento culturale importantissimo. Oggi, in piena campagna elettorale oltralpe e all’inizio di quella messicana (ufficialmente il primo aprile), la situazione non è cambiata e non c’erano le condizioni per una decisione serena della Corte. Il caso, comunque, non è chiuso.

Rivediamo in sintesi gli eventi. La francese fu arrestata l’8 dicembre 2005 con il suo ex fidanzato Israel Vallarta, accusato di essere il capo della banda di rapitori Los Zodiaco a Città del Messico e tuttora in attesa di giudizio. I due restarono isolati e detenuti illegalmente per 24 ore. Lui veniva torturato per confessare e lei restava in una camionetta in attesa della liberazione, ignara di quello che l’attendeva.

Il 9 dicembre gli ostaggi e i presunti delinquenti furono costretti dalla polizia a creare una messinscena della cattura per compiacere le TV nazionali e la propaganda governativa, bisognosa di mostrare risultati al paese contro uno dei crimini più sentiti dalla società e in costante crescita: il sequestro di persona.

L’allora responsabile della polizia AFI (una specie di FBI azteca), Genaro García Luna, dovette riconoscere il montaggio pochi mesi dopo, quando Cassez lo accusò in diretta TV. Ciononostante dal 2006 García Luna è Ministro della Sicurezza nel governo conservatore di Felipe Calderón e artefice della guerra al narcotraffico che ha causato 60.000 morti.

Nel 2009 arrivò la sentenza definitiva contro la francese, ma l’impianto probatorio fu alterato dagli abusi delle autorità dalla cattura in poi. Molte piste credibili furono ignorate e ci si concentrò sull’incriminazione di una straniera, dal potenziale mediatico enorme, e legata a Vallarta. Ingredienti esplosivi per i media, per l’opinione pubblica alla loro mercé e per la politica che piano piano s’è infiltrata, ha manipolato, ha distorto realtà, prove e procedure per arrivare a un risultato: la colpevolezza di Florence Cassez.

Mercoledì scorso la Corte ha riconosciuto queste gravi violazioni, ma non ha ritenuto che la libertà immediata fosse la decisione adatta. Quindi la giudice Olga Sánchez, che ha votato a favore della libertà per Florence insieme a Zaldivar, redigerà un nuovo progetto di revisione che sarà votato nei prossimi mesi e potrebbe aprire a una futura revisione del processo depurato degli elementi “inquinati”. Sarebbe una “terza via” tra la conferma della sentenza di condanna e la libertà assoluta che forse farebbe contenti tutti gli attori politici e sociali coinvolti. La sfida per il Messico è epocale e forse è un aspetto poco compreso, almeno fino a poche settimane fa, anche qui oltreoceano. Si sta per definire se il paese riesce a fissare dei paletti etici e giuridici chiari e se riesce a spezzare il circolo vizioso e gli stereotipi che lo dipingono come “eternamente adolescente”, con istituzioni, persone, regole, stili di vita che “non vogliono crescere”, per cui con l’inganno si va avanti, sempre e comunque.

L’opinione pubblica è divisa tra il “castigo ad ogni costo e con ogni mezzo”, sotteso alla strategia anti-narcos attuale, e la “giustizia”, il rispetto dello stato di diritto per cui la presunzione d’innocenza cade solo dopo un processo completamente regolare. Per capirci di più, riprendo e amplio alcune parte dell’intervento pubblicato sul mio blog qualche giorno fa.
La posta in gioco non era quella di stabilire l’innocenza o no (e se non si riesce a farlo con processi regolari vige la presunzione d’innocenza quindi Florence, se il processo prima o poi sarà annullato o da rifare, tornerebbe a essere pienamente innocente o “presunta innocente”). Qui si tratta di un processo palesemente viziato all’origine e anche nelle fasi successive.

Se la Corte avesse deciso per la libertà di Florence o per il rifacimento del processo eliminando le prove manipolate (tra cui includo alcune testimonianze degli ostaggi che in altre sentenze del 2011 che hanno scagionato presunti membri della stessa banda non sono state considerate come prove valide, secondo quanto rivelato dalla giornalista francese Leonore Mahieux proprio in questi giorni), avrebbe stabilito un principio di giustizia più deciso e chiaro: la polizia e il potere non possono fare quel che vogliono (sembra scontato ma non lo è, mai), violando diritti e procedure, garanzie individuali e collettive con la scusa della guerra al narcotraffico o dell’emergenza rapimenti o di qualunque “priorità”, vera o fittizia, che venga creata in quel momento. Probabilmente lo farà in un’altra sessione, con un altro progetto di revisione dell’appello e – speculo – dopo le elezioni presidenziali del primo luglio.
Ma questa decisione avrebbe sfidato il potere politico e una parte dell’opinione pubblica, ancora influenzata dalla falsa contrapposizione Messico-Francia e da nazionalismi inventati che contrappongono i due paesi, ma che non c’entrano nulla con il caso in sé.

Si sarebbe messo in scacco il Ministro Garcia Luna, che presto verrà denunciato per gli abusi commessi dagli avvocati francesi di Cassez, lo stesso presidente e tutta la loro strategia di lotta alla criminalità organizzata, basata sulla repressione militare, sull’attacco ai cartelli di narcos, senza alternative sociali, lavorative e comunitarie per la popolazione che o emigra o delinque o vive in povertà in certe zone. Anche la giornalista messicana Carmen Aristegui nel suo programma radio MVS Noticias ha cominciato a chiedersi se Garcia Luna non debba per lo meno dimettersi. Un giudice della Suprema Corte, Pardo, ha chiesto, senza fare nomi, che i responsabili vengano indagati mentre alcuni famosi penalisti hanno esplicitamente parlato del Ministro.

Quando sei vittima di un delitto in Messico, spesso lo sei tre volte: una, per il delitto stesso; due, per colpa delle autorità che spesso ti trattano come un delinquente o come un colpevole se denunci; tre, quando i processi, i testimoni e le prove sono corrotte si degenera verso la cosiddetta “fabbrica dei colpevoli” pur d’incriminare qualcuno, quindi molti innocenti finiscono dietro le sbarre e i veri colpevoli restano fuori, con il pericolo per le vittime che ne deriva. E se poi i veri colpevoli sono in qualche modo collusi con l’autorità o protetti dai poteri forti, ecco che si complica ancor di più la situazione delle “3 volte vittime”.
Una decisione della Corte favorevole a Cassez in quest’epoca pre-elettorale sarebbe rischiosa, forse anche per questo è prevalsa una linea attendista.
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La candidata del PAN (Partido Accion Nacional, di destra, da cui proviene il presidente Felipe Calderon) alle comunali di Città del Messico, un bastione delle sinistre, è Isabel Miranda de Wallace, un’attivista sociale che lotta contro i sequestri di persona, amica del presidente, di Garcia Luna e di altri personaggi legati al caso Cassez, che dal 2005 s’oppone alla liberazione di Florence e difende le vittime di quel caso a spada tratta e in modo evidentemente interessato. Invece il PRD, partito di sinistra al governo della capitale, s’è mantenuto, anche se cautamente, dalla parte del giudice Zaldivar.

Le battaglie di Wallace, che le sono valse la candidatura, si legano alla strategia presidenziale di militarizzazione e della mano dura, alla giustizia e al castigo ottenuti e rivendicati ad ogni costo e con ogni mezzo, per cui si sostiene che il processo è stato regolare e, nel frattempo, si sfrutta la situazione attuale per intervenire, tornando prepotentemente sui media, con una buona campagna elettorale gratuita. C’è una scarsissima attenzione a cosa succede dopo un’operazione di polizia o dopo la cattura dei presunti colpevoli, quindi allo stato di diritto, ai diritti umani, alla giustizia, ai processi, al carcere, insomma a tutto quello più serve per definirsi un paese democratico minimamente civile.

Il caso Cassez è diventato emblematico per la giustizia messicana: è possibile arrestare 1000 delinquenti (presunti), ma se poi si fabbricano i colpevoli, non si sanno processare, non si sanno fare le indagini o non ci sono i mezzi e le competenze sufficienti, oppure si corrompono i PM e i giudici, si fanno pressioni politiche, si lasciano in libertà i veri criminali, c’è corruzione a tutti i livelli, beh, ma a cosa serve usare i militari e la guerra e fare show televisivi con catture e sequestri di carichi di droga? Ad ogni modo non cambia nulla e l’insicurezza, altra faccia dell’impunità che sfiora il 98% in Messico, resta lì. I veri carnefici sono fuori, i falsi colpevoli, a volte, restano dentro anni e decenni.

La decisione che ci si aspettava e che è stata rinviata dalla Corte dovrebbe costituire una svolta per uscire da questo stato di incertezza giuridica e istituzionale, da questo incubo che, a parte Florence Cassez, coinvolge anche migliaia di cittadini imprigionati che non hanno nemmeno la possibilità e le risorse per protestare e portare il proprio caso fino alla Suprema Corte o sui giornali. Un incubo in cui è possibile corrompere, burlarsi dell’opinione pubblica, scherzare sempre, rubare ma sorridendo, ingannare la legge e tutto per fare i propri interessi e passare indenni, anzi essere promossi, fare carriera e aumentare il proprio potere (e quindi la capacità di fare i propri comodi). Credo che anche in Italia ne sappiamo qualcosa. di Fabrizio Lorusso

Aggiornamenti e sintesi in spagnolo:

Decisione della Corte e reazioni
http://www.sinembargo.mx/21-03-2012/187068
http://www.sinembargo.mx/21-03-2012/186912
http://www.jornada.unam.mx/2012/03/22/politica/002n1pol

La Procura non si cura dei diritti degli imputati
http://www.jornada.unam.mx/2012/03/22/politica/005n2pol

Circo mediatico
http://www.jornada.unam.mx/2012/03/22/politica/003n1pol
Giustizia impresentabile
http://www.jornada.unam.mx/2012/03/22/opinion/002a1edi

Suprema Corte invita il presidente a non intromettersi
http://www.jornada.unam.mx/2012/03/22/politica/005n1pol