Sicilia: sempre meno spazi per l'informazione indipendente

Utente: Heval
24 / 8 / 2011


L’Università di Catania ha ospitato per diversi anni due importantissime realtà dell’informazione indipendente locale: Radio Zammù e il giornale telematico Step1, entrambe ospitate nell’aula 24 della Facoltà di Lettere. In una città dove domina il “monopolio informativo” di Mario Ciancio Sanfilippo, le due testate sono state due preziosissime voci. Purtroppo “sono state” perché entrambe nei mesi scorsi sono state costrette alla chiusura.

Radio Zammù ha terminato le proprie trasmissioni alle 21.05 del 1° giugno scorso, al termine di una lunghissima maratona, per decisione del Rettore prof. Antonino Recca. Radio Zammù negli ultimi sei anni aveva rappresentato la voce degli studenti universitari catanesi, seguendo tutti i maggiori avvenimenti della vita dell’Ateneo e della città di Catania, “dalle elezioni del Rettore, agli stati generali di Catania, ai saloni dello studente, ai vari concerti tenutisi al Monastero dei Benedettini”. Tantissimi gli attestati di solidarietà ai promotori della radio arrivati da tutta Italia, dalla radio dell’Università di Padova Radio Bue, che ha trasmesso l’ultimo giorno di attività sul proprio sito, all’associazione operatori radiofonici universitari RadUni e al portale Ustation.

Analoga sorte è toccata a Step1: il 7 luglio scorso una nota scritta del direttore amministrativo Lucio Maggio ha deciso la chiusura dell’aula 24, e quindi lo sfratto della redazione, per “condizioni di esercizio non pienamente rispondenti alla norma (barriere architettoniche, minima areazione, unica via di esodo)”. In una lettera aperta Agata Pasqualino, presidente di Upress CTA Onlus (associazione nata nel 2009 per supportare Radio Zammù e Step1), accusa il Rettore di aver voluto imporre il silenzio a voci considerate scomode adducendo motivi di sicurezza che varrebbero solo per l’aula 24 e non per le altre aule (che si trovano nelle stesse identiche condizioni). Pur nelle difficoltà del momento, gli studenti hanno scritto che “qualsiasi cosa ci riservi il futuro, che questa città si ricordi quel monito. Non basterà mandarci via dal luogo nel quale siamo nati”.

Step1, fondata nel 2004 dal giornalista etneo Enrico Escher (morto due anni fa), “ha formato una decina di giornalisti pubblicisti e due praticanti, ha partecipato al Festival del giornalismo di Perugia, ha ottenuto il secondo posto al premio Ischia (il primo premio è andato a Marco Travaglio), ha vinto il primo premio Eretici digitali e ha avuto una menzione speciale al premio Impastato”.

Duro il commento di Riccardo Orioles, storico giornalista antimafia e “padre” di moltissime testate d’informazione indipendente: in un editoriale su Ucuntu definisce gli atti del Rettore Recca “deplorevoli” e ricorda la coincidenza che Recca era anche il cognome dell’editore che licenziò Giuseppe Fava dal Giornale del Sud per le sue inchieste scomode, paragonando le scelte dei due omonimi.

Ma le due testate catanesi non sono l’unica voce indipendente a rischio. Prosegue  l’odissea giudiziaria di Carlo Ruta, “colpevole” di aver voluto indagare sui potentati del ragusano e sull’omicidio del giornalista de L’Ora Giovanni Spampinato nel 1972. Il 2 maggio scorso Carlo Ruta si è visto confermare in appello la condanna. Articolo21 ha definito la sentenza “incomprensibile, e per di più fondata su motivazioni pretestuose” aggiungendo di aver “già comunicato al suo avvocato, Giuseppe Arnone, valoroso combattente di mille battaglie per la legalità, la nostra adesione all’appello da loro lanciato e l’impegno a sostenere tutte le inziative che riterranno di promuovere prima della sentenza della Cassazione”. La denuncia dell’Associazione è che “al professor Ruta sia rimproverata non tanto la stampa clandestina, quanto l’aver messo in piazza documenti scottanti ed urticanti per le oligarchie”.

Carlo Ruta è giornalista e storico da anni voce dell’impegno civile e della denuncia antimafia. Collabora con diverse testate online e ha recentemente pubblicato i libri Narcoeconomy. Business e mafie che non conoscono crisi e Guerre solo ingiuste. La legittimazione dei conflitti e l’America dal Vietnam all’Afghanistan. Nel libro-inchiesta “Narcoeconomy”, Ruta denuncia che “le uniche economie che non risentono della forte recessione sono proprio quelle fondate sul narcotraffico. Secondo le stime riportate nel libro, equivalgono a quasi i due terzi delle intere economie criminali. Un volume di denaro enorme, stimato in circa 500 miliardi di dollari, pari al giro d'affari complessivo delle prime sette case automobilistiche del mondo e quasi a un terzo del Pil dell'intero continente africano”. Anche da questo capiamo perchè le sue inchieste diano fastidio