Sicilia: un'estate all'insegna dell'impegno civile contro le mafie

15 / 9 / 2010


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Arcobaleno su Messina – Foto: conseguenze.org

Le cinque giornate di Messina”. E’ il titolo, fortemente suggestivo, della manifestazione che ha animato la città siciliana dal 27 agosto al 31 agosto scorsi. La manifestazione ha radunato oltre 100 ragazzi “per rappresentare con vitalità e passione il profondo desiderio di essere protagonisti di un tempo nuovo” con l’obiettivo di far nascere “un grande progetto per il recupero degli spazi espressivi e democratici”. Infatti, durante la manifestazione, è stato chiesto “a Istituzioni ed Enti Locali la gestione autonoma di teatri dismessi o non utilizzati, in quanto spazi espressivi e aggregativi capaci di essere punti di riferimento per le comunità”.

La manifestazione dei giovani siciliani è solo l’ultima, in ordine di tempo, che ha animato l’estate siciliana dell’impegno civile contro le mafie. Il 19 luglio, per celebrare il 18° anniversario della strage di via D’Amelio, Libera e l’Associazione Antimafie Rita Atria hanno organizzato “Dalle bombe al Ponte” a Milazzo, una serata alla quale ha partecipato anche Antonio Mazzeo (autore di I padrini del Ponte – Affari di Mafia sullo Stretto), sulle stragi di mafia degli Anni Novanta e le loro connessioni con l’evoluzione politica successiva e le infiltrazioni mafiose nella costruzione delle “grandi opere”, a partire dal Ponte sullo Stretto.

Il giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio è stata pubblicata dal quotidiano La Sicilia una lettera firmata da Francesco, Alessandro e Dario Sucameli (figli di un imputato per mafia) nella quale chiedono scusa “ai cittadini mazaresi, quelli onesti, che ogni mattina sperimentano la fatica di una vita dignitosa, senza padroni né padrini” affermando che “l’esempio di uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci ha reso capaci di riconoscere ancora l’onore e la dignità vera di una vita vissuta onestamente, di superare l’equivoco della solidarietà familiare e chiamare le cose con il loro nome: mafia” perché “l’amore e la testimonianza di uomini giusti sono in grado persino di rompere le barriere dell’omertà e il muro di quel marcio e malinteso senso dell’onore e della famiglia che tanto e tutto giustifica”.

Legatissima al ricordo di Paolo Borsellino è la figura di Rita Atria, la giovanissima testimone di giustizia suicidatasi pochi giorni dopo la strage di Via D’Amelio. Il 25 luglio Libera e l’Associazione Antimafie Rita Atria hanno promosso “Dal silenzio al grido – Segni di una vita… spezzata”, una serata di ricordo e di riflessione su come oggi si realizza l’impegno contro le mafie.

E, infatti, il giorno successivo a Milazzo si è svolto il primo Forum Sociale Antimafia Rita Atria. “Un’analisi politica del nostro contesto e la prova che possiamo metterci in rete” – ha dichiarato Nadia Furnari dell’Associazione Antimafie Rita Atria in un’intervista a L’Unità, aggiungendo che l’associazione non ha “mai avuto intenzione di perpetuare un giorno di lacrime e poi tutto finisce” ma un “momento politico” nel quale comprendere che dietro tantissime vicende (portando l’esempio della privatizzazione dell’acqua, della costruzione del Ponte sullo Stretto e dell’assassinio dei migranti in fuga dalla Libia) “c’è sempre lo stesso nucleo di potere”.

Ed è questa la ragione che deve portare “a fare rete” e ad “entrare nei quartieri dal quale attinge il clientelismo”, come il quartiere Zen di Palermo (nel quale è nato un gruppo Rap, gli Zen IT Posse, che hanno animato il Forum e di cui si trovano facilmente su Youtube diversi video). Raccogliendo la sfida del Forum Sociale, alcuni giovani di Partanna hanno scritto che “18 anni dopo, poco o nulla è cambiato ma una …speranza si fa strada tra alcuni ragazzi partannesi: la mafia si può vincere e la scelta coraggiosa di Rita non deve continuare a essere ignorata, specialmente dai più giovani”.

Una bella notizia arriva da Catania. Casablanca, il periodico antimafia del quale abbiamo già riferito delle intimidazioni ricevute e dei gravissimi problemi economici che lo portarono a chiudere, è nuovamente attivo. Per ora non è prevista un’edizione cartacea ma solo online.

Nei giorni scorsi è uscito il secondo numero di questa nuova serie, con nuove analisi e inchieste sulla Sicilia e sull’Italia. Tra gli altri, nel numero del maggio scorso c’erano articoli di Giulio Cavalli sulle infiltrazioni mafiose a Milano, di Gigi Malarba sulla vicenda Innse, di Anna Puglisi sulla lotta di Felicia Impastato (la madre di Peppino, ucciso nel 1978 dalla mafia il giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro) e di Umberto Santino sulla storia del “Movimento Antimafia”.

Nel numero pubblicato pochissimi giorni fa troviamo l’analisi di Giorgio Cremaschi sulla vicenda dei tre operai della FIAT Melfi reintegrati dal giudice del lavoro ma a cui l’azienda impedisce di tornare in fabbrica, un’accurata denuncia di Antonio Mazzeo sulle alleanze finanziarie strette da alcuni gruppi industriali italiani con la Saudi Binladin Group, colosso finanziario operante nei settori delle opere pubbliche, delle telecomunicazioni e dell’editoria di proprietà della famiglia di Osama Bin Laden, una commovente testimonianza da Gigliopoli, una struttura per bambini a Milazzo, la denuncia sulla spartizione politica di Catania e un’altra sull’incidente di un aereo avvenuto il 5 maggio 1972 a Punta Raisi e che può essere considerato uno dei tanti misteri italiani.


Alessio Di Florio