requisitoria delle PM al processo Marlane a Paola

Verso la sentenza Marlane

Chiesti 62 anni per gli undici imputati. 6 anni al conte Marzotto

23 / 9 / 2014

Ci siamo. La sentenza è vicina. La richiesta delle PM , Camodeca e Gambassi , del processo Marlane sono state durissime, da sei a dieci anni per gli undici imputati responsabili di omicidio volontario, lesioni colpose e disastro ambientale . Sono garantista e so bene che anche in caso di condanna in primo grado, fino alla cassazione , gli imputati sono da considerarsi innocenti dai reati a loro prescritti. Ma il processo in ogni caso diventerà un processo storico per la Calabria. Storico perché per la prima volta si è giunti ad un dibattimento su un disastro ambientale ed umano, parliamo di oltre cento operai ed operaie deceduti o ammalati, di proporzioni enormi. Non abbiamo avuto un processo per la Jolly Rosso spiaggiata ad Amantea nel 1990, vicenda finita senza responsabili ( un processo è in corso a Cosenza contro una ditta che avrebbe sepolto rifiuti nel fiume Olivo , ma non ha niente a che vedere con la società Messina proprietaria della Jolly Rosso). Non lo abbiamo avuto per i traffici di ferrite di zinco dalla Pertusola di Crotone finiti nei terreni del cassanese ( 18 arresti e vari funzionari della Regione Calabria ed un assessore all’ambiente finì tutto prescritto). Non lo abbiamo avuto, finito in prescrizione, per la Pertusola di Crotone ed i veleni al cubilot usati per le costruzioni di strade, scuole e piazzali. Non lo abbiamo avuto per le altri morti sospette avvenute attorno a discariche tossiche nel vibonese, in Aspromonte, ad Africo. Perche a Paola è stato possibile ? Prima di tutto grazie a due operai della Marlane, Luigi Pacchiano e Alberto Cunto che ostinatamente hanno portato denunce scritte alla Procura di Paola, di Cosenza, all’antimafia di Catanzaro. Poi al legame con il movimento ambientalista , piuttosto che a partiti e sindacati che avrebbero affossato di sicuro tutto. Solo a processo iniziato si è costituito il sindacato della CGIL provinciale, dopo che per anni la sezione dei sindacati all’interno della Marlane hanno fatto finta di non vedere niente minacciando addirittura con comunicati stampa quei pochi operai che parlavano di veleni e morti nella fabbrica. Solo adesso parla il sindaco del PD, Praticò alleato del segretario provinciale del PD e del consigliere regionale Guccione, mentre per trent’ anni sono rimasti in silenzio. Solo adesso la stampa regionale si occupa del processo mentre stava zitta quando gli operai morivano, in nome della difesa del lavoro a tutti i costi. Marzotto non si doveva toccare e guai ancora a chi parlava del Conte Rivetti che si è auto dedicato una statua a Maratea facendola passare per un Cristo. Le sue ceneri sono all’interno di una grotta basiliana posta proprio sotto la statua ed inaccessibile a chi volesse visitarla. Il sindaco di Maratea non ne sapeva nulla. I cancelli di chiusura sono ancora lì. Restano le strutture archeologiche industriali , ridotte ad un ammasso di rifiuti tossici, fatti di amianto, ferraglie varie, invase da topi e randagi. Così è la PAMAFI a Tortora, così è la Lini e Lane a Praia a mare, così è la Marlane circondata da terreni pieni di Cromo VI e veleni di ogni genere. Dopo le perizie fatte negli anni scorsi ed il ritrovamento dei rifiuti, il sindaco Praticò e il consigliere regionale Guccione ancora chiedono  di sapere cosa c’è lì sotto, rinviando la bonifica che il Comitato chiede da anni. Non ammettono l’esistenza dei rifiuti tossici sull’intera area, perché Marzotto vorrebbe vendere l’intera zona ad albergatori e imprenditori pronti a nuovi alberghi e villaggi turistici. Un’area da bonificare non è vendibile e giustamente la Procura di Paola la tiene ancora sotto sequestro. Marzotto attende oggi, chiuso in una delle sue splendide ville venete la sentenza. E’ cavaliere del lavoro, membro della Confindustria, ha ancora 2000 operai che lavorano per le sue aziende tessili ancora aperte nel veneto, a Schio, in Cecoslovacchia, in Tunisia.  Lui non è olandese come Tyssenkrupp, lui è italiano. Nella Calabria malata, si è trovato un Procuratore, Bruno Giordano, che con coraggio ha aperto un’inchiesta, nel veneto progredito ancora non si mosso niente. Eppure anche lì ci sono morti ed ammalati di tumore. Ecco perché una sentenza di condanna sarebbe per la Calabria e anche per l’Italia tutta una dimostrazione di coraggio, di forza, di messaggio verso chi lavora e porta a casa un povero pezzo di pane. Gli operai morti oggi asfissiati, a Rovigo, dai veleni ci riportano drammaticamente in una terribile realtà e ci ricordano uno per uno tutti quelli che per il lavoro hanno perso la loro vita.