7 aprile 1979 - ritorno al futuro

di Marco Rigamo, Liberitutti

8 / 4 / 2009

Abbiamo finito, voltiamo pagina.
Le più di cinquecento persone che la sera di martedì 7 aprile hanno affollato la Sala degli Anziani, la scalinata e il cortile esterno del Palazzo Comunale di Padova, hanno perfettamente compreso che non di una celebrazione del ricordo si trattava, ma di un’importante occasione per guardare avanti. Allo sforzo collettivo, compiuto da soggetti di identità e appartenenze politiche diverse, dal sindaco Cacciari al giudice Palombarini, per la realizzazione di un libro che desse voce ai protagonisti di quella stagione repressiva incardinatasi trent’anni fa si sono aggiunti altri eventi. Altri libri, mostre fotografiche, una lettura scenica, un’intera giornata radiofonica a riproporre la rivisitazione di quei giorni e di quegli anni per rimuovere le troppe falsificazioni che ultimamente hanno tentato di riproporre la riesumazione di teoremi che la Storia – prima di tutto quella giudiziaria – ha dimostrato infondati. Così si sono caratterizzate le ultime giornate: in luoghi della memoria come il Teatro universitario Ruzante, in altri dove la memoria si associa al presente come Radio Sherwood.

La grossa assemblea di martedì, nel cuore della città, è andata oltre: ha dimostrato che esiste non solo una città degna, ma che i confini della dignità si collocano ben più lontano. Volti noti e altri sconosciuti, volti di chi ha attraversato quella stagione e di chi in quella stagione non era ancora nato, molti di persone che hanno percorso centinaia di chilometri per esserci.
Tutti assieme a utilizzare il ricordo come strumento di comprensione di ciò che ci aspetta nell’immediato futuro, in una congiuntura che disegna le coordinate di una nuova crisi epocale e l’eutanasia di una sinistra istituzionale così come l’abbiamo sino a ieri conosciuta. Una sinistra che nella sua veste “comunista” alla fine degli anni ’70 fu parte attiva nella costruzione di quella infame operazione politico-giudiziaria che, pretendendo di legare le caratteristiche di un imponente movimento di massa a quelle delle organizzazioni che praticavano l’omicidio politico, costrinse al carcere per molti anni decine di innocenti.
Una sinistra che oggi nella sua veste “democratica” soffre ancora della stessa sindrome inquisitoria e staliniana, è ancora in vena di proporre liste di proscrizione, è ancora e sempre pronta a trascinare sul terreno della sanzione penale qualsiasi dinamica di conflitto sociale metta in evidenza la sua inerzia, la sua incapacità di dare risposte concrete ai bisogni collettivi, la sua propensione a rispondere in termini repressivi alle istanze di rinnovamento.

Nessuna celebrazione quindi, anche se un pensiero affettuoso è andato a tutti quelli che in questi anni ci hanno lasciato. Alcuni prematuramente, anche in ragione della carcerazione ingiustamente sofferta. Qualcuno per mano di polizia e servizi segreti, come Pedro assassinato inerme prima che il tribunale potesse riconoscerne l’innocenza. Nessuna celebrazione, ma la messa in chiaro della determinazione collettiva a guardare avanti.
Per farlo, per riuscire a farlo in libertà, l’obbiettivo prossimo è liberarsi una volta per tutte di questa gente: questo il segnale forte lanciato dall’assemblea di martedì. Gente che ha progressivamente svuotato di significato il concetto stesso di sinistra sino a renderlo indistinguibile dalla destra. Gente che ai piani centrali dei luoghi dell’esercizio del potere ha consegnato il paese a un fenomeno come Berlusconi e che ai piani periferici continua a fare politica innalzando muri, cementificando i territori, sanzionando il dissenso, indicando i nemici da colpire. Dove i nemici sono sempre gli stessi. Siamo noi. Quelli contro la guerra, contro la criminalizzazione dei flussi migratori, contro il razzismo, contro le violenze poliziesche verso i movimenti. In lotta costante per la condivisione di politiche di inclusione e solidarietà, di tutela delle fasce sociali più deboli, di conseguimento di una migliore qualità della vita per tutti a cominciare dall’aria che respiriamo.
Questa gente va spazzata via una volta per tutte. Questa è stata la conclusione della serata di martedì. Questo è l’orizzonte guardando il quale da oggi torniamo tutti a lavorare.

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