Un'occasione unica. Il 15 ottobre sarà ricordato come la data
in cui per la prima volta in tutto il mondo l'egemonia culturale della
governance globale è stata incrinata. Le politiche messe in campo per
risolvere la crisi sono ritenute inadeguate in ambienti molto più ampi
del perimetro sul quale siamo abituati a ragionare.
Si è consumato il divorzio tra modello di sviluppo capitalista e
democrazia liberale, rendendo ancor più evidente l'incapacità culturale
del modello dominante di riassorbire la crisi come in passato. Per
continuare a creare plus valore il sistema capitalista è costretto a
liquidare quei diritti che sono parte anche del patrimonio di valori di
una democrazia liberale. In questo campo non c'è una proposta
credibile che possa consentire il salvataggio della democrazia. Si apre
uno spazio immenso. L'enorme simpatia che l'opinione pubblica affida
ai movimenti indignati contro l'austerità imposta per salvare le banche
ed il sistema finanziario responsabile della crisi del 2007 misura il
consenso sulla necessità di cambiare sistema. Questo è un fatto di una
rilevanza storica sul quale dobbiamo ragionare e segnala una
potenzialità enorme dei movimenti che oggi rappresentano un'insorgenza
democratica decisa a modificare il paradigma di civilizzazione, a
partire dai modelli di partecipazione e produzione.
Nel nostro
paese il coinvolgimento dei movimenti e dei cittadini è stato il più
ampio. Altra buona notizia che segnala la vitalità della nostra società
sempre più in movimento e sempre più incalzante sui temi della
partecipazione e della democrazia. La cattiva notizia è che quel corteo è
stato impedito da chi ha utilizzato pratiche che non possono trovare
cittadinanza tra chi vuole costruire un movimento di massa, partecipato e
plurale che fa della democrazia e della partecipazione il suo tema
costituente. Su questo dobbiamo essere chiari ed allo stesso tempo
evitare semplificazione o ambiguità. Chi utilizza come scudo il corteo
per sfasciare vetrine e incendiare macchine è ingiustificabile da
qualsiasi punto di vista. Interessante l'analisi su questo
dell'economista Brancaccio: «I demolitori hanno colpito veloci come gli
speculatori finanziari». Come gli speculatori finanziari i demolitori
non creano ricchezza ma finiscono sempre per depredare il popolo. Chi fa
dell'azione un rito apologetico senza una piattaforma politica esprime
solo inconsistenza. La rivolta così concepita oltre ad essere
inefficace ed innocua finisce per favorire le parti autoritarie del
sistema dominante e crea l'alibi per dispositivi repressivi, come
stiamo vedendo. Altra cosa rispetto all'analisi politica è la lettura
sociale. La mescolanza di apatia, nichilismo e rabbia vista in piazza
sono prodotti di questi tempi. Non ci si deve sottrarre alla questione
ma non certo può essere il centro del dibattito del movimento. Ai
ragazzi che sfogano la loro rabbia in forme sbagliate bisogna che a
dare risposte sia un'intera società e non una parzialità.
Dal canto
nostro possiamo solo cercare di far capire a quei giovani che ci hanno
privato del diritto a manifestare che esiste un modo positivo di fare
politica e di costruire relazioni nella società. Per questo dobbiamo
essere chiari e mai ambigui. Nel paese c'è un'enorme richiesta di
cambiamento che la vittoria referendaria ha ben espresso. Nuovi valori e
nuova istituzionalità sociale sono il terreno sui cui costruire
pratiche e proposte. Apriamo su questo un dibattito. Abbiamo sbagliato a
non averlo fatto prima, dobbiamo prenderne atto ed ammetterlo con
umiltà. Il coordinamento 15 ottobre non avendo voluto fare sintesi
politica ha compiuto l'errore di trasformarsi in un bus sul quale hanno
viaggiato posizioni evidentemente discordanti ed incompatibili tra
loro. Così come è stata sottovalutata la portata della manifestazione e
la necessità di presentare una piattaforma politica all'altezza per
contribuire a fare chiarezza, rendendo condivisi percorso e pratiche.
Forse sono questi i limiti da superare e sui quali ragionare. Alcune
analisi appaiono ancora fragili o troppo primitive. Come sui temi del
debito e dei beni comuni, due questioni al centro delle nostre
riflessioni, con proposte non ben supportate e spesso confuse. Questi
elementi di debolezza vanno rimossi per arrivare a dialogare attraverso
proposte e pratiche credibili con l'insieme della società nel suo
complesso che mai come prima d'ora ci guarda con interesse. Magari sarà
molto faticoso, come tutti i processi reali. Ma la chiarezza nelle
proposte e nelle pratiche non potrà che produrre un cambiamento reale
nelle forme e nella sostanza. Quello di cui tutti e tutte abbiamo
bisogno. Le ragioni del 15 sono immutate.
* Portavoce A Sud
Abbiamo sbagliato, discutiamone
21 / 10 / 2011