La «buona fede» del Professor Monti***

Riflessioni a caldo sulla crisi italiana

12 / 11 / 2011

Pare essersi conclusa l'avventura di Mister B. Questa anomalia tutta italiana, che ha tenuto in scacco il Paese e reso monolitico il dibattito politico per più di un quindicennio, sembra volgere finalmente al termine. Non possiamo che gioirne. Al contempo, però, confessiamo che l'interrogativo che sembra dominare le migliori menti della sinistra italica in questi giorni, ovvero se con Berlusconi sia effettivamente declinato anche il "berlusconismo", non ci appassiona affatto. Non tanto perché non vi siano ancora tracce nella società italiana di questo sottoprodotto culturale che ha fatto della sottomissione al potere e ai suoi codici più arcaici il suo carattere distintivo, quanto perché questo sembra aver fatto posto ad un dispositivo, culturale e politico, assai più insidioso.

Crediamo anzi che il passo indietro compiuto da Berlusconi sia da salutare con entusiasmo soprattutto per un motivo: perché toglie il velo, finalmente, su quali siano, in questo momento storico, le reali condizioni della politica.

Si potrebbe dire con una battuta, che il vero tema che dovrebbe interrogare i movimenti non sia semplicemente il Governo Tecnico, ma la nuova "tecnica del governo". Da lì si parte. Dal commissariamento, hard o soft che sia, della cosiddetta democrazia da parte delle grandi istituzioni finanziarie. La "tragedia greca" dimostra con estrema chiarezza che nonostante sia oramai impossibile il raggiungimento dell'obiettivo dichiarato e imposto da Bce, Commissione europea e Fmi, cioè scongiurare il default, il processo politico attivato permane, e continua a funzionare indisturbato.

La compressione dei diritti sociali, lo schiacciamento dei salari, la privatizzazione del pubblico, la sottomissione della residua sovranità statuale, sono in realtà le componenti più visibili di una nuova accumulazione originaria che sta edificando un nuovo ordine sociale e politico.

In questo particolare contesto, chiedersi se vi sia o meno "buona fede" nell'azione di un emissario della Goldman Sachs come il Professor Mario Monti, sfiora l'ingenuità quando non rischia di tradire la "cattiva fede" di chi pronuncia una simile frase. Tuttavia, non è affatto vero che tutto sia uguale a tutto: possono darsi, in questo processo che imbriglia le funzioni di governo - che stabilisce cioè ex ante contenuto e finalità delle misure in campo economico - mille variazioni sul tema. Ma, appunto, il "tema" rimane lo stesso e non è disponibile ad esser sottoposto ad alcuna "scelta" elettorale. Quella “scelta” ricorda da vicino la “libertà” degli operai della Fiat di rifiutare, con il referendum nelle fabbriche, il diktat di Marchionne.

Il dibattito che sta animando le forze politiche in questi giorni non riesce a superare questo stato di cose. Viste da questa prospettiva, le «ferree condizioni» poste da Vendola sul tavolo delle trattative sul post-Berlusconi, non sembrano altro che delle esili “foglie di fico”.

La più evidente è quella riferita alla proposta di patrimoniale: qui, è bene ricordarlo, non si tratta di una misura di natura redistributiva, ma di una diversa fonte per riversare denaro nelle banche private. Allora occorrerebbe rimettere la discussione sui suoi piedi, affermando con coraggio che il punto, in tema di macelleria sociale, non riguarda solo la tipologia di carne da spezzettare e neanche la “rispettabilità” e il curriculum del macellaio. Senza dire esplicitamente che gli italiani non devono ripagare il debito delle banche private (ciò che economisti come Krugman definiscono default selettivo o ristrutturazione del debito), non si esce dai confini stabiliti della lettera della Bce, e senza questo, non v’è alcun programma "alternativo". Delle due l’una.

Perché il problema non è il Governo Tecnico, né quello politico: il problema è la sua “missione”.

Esistono forze in grado di sovvertire il quadro, di produrre un mutamento radicale, di sovvertire la mission dei governi europei? I movimenti stanno faticosamente costruendo una nuova composizione dei segmenti sociali stritolati dalla crisi, ma questa non sembra ancora capace di qualificare efficacemente un rapporto di forza sociale e politico. In questo scenario il salto delle opposizioni nell’arena del governo assomiglia troppo ad un salto nel vuoto. Che è innanzitutto un vuoto di democrazia. Costruire l'alternativa alla dittatura della finanza, immaginare la democrazia dei beni comuni, farlo insieme al 99%: questa è la scommessa che abbiamo davanti.

*** Andrea Alzetta, Alberto De Nicola, Simone Famularo, Eva Gilmore, Fabrizio Nizi, Francesco Raparelli, Lorenzo Sansonetti, Emiliano Viccaro