Domenica 28 febbraio gli aquilani si sono dati appuntamento per togliere le tonnellate di macerie che invadono da un anno il centro storico della città, iniziando così dal basso la ricostruzione, in quanto il miracolo di cui parlano le istituzioni non è mai avvenuto.
Un altro appuntamento importante è la fiaccolata nazionale del 6 marzo organizzata dai parenti delle vittime del terremoto per chiedere verità e giustizia.
Le prossime iniziative raccontate da Mattia del Comitato 3 e 32.
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Riciclare le macerie pe una città sostenibile
Scrivo in tutta fretta, ma si tratta di un tema cruciale. Se la
qualità del futuro dell’Aquila dipende da molte variabili, la differenza
dei nostri destini dipenderà da come saremo in grado di comprendere
queste variabili, ossia di selezionarle in base alle priorità e di
interpretarle in base alle possibilità di azione.
La variabile al momento più problematica ha il nome di MACERIE, e
rimanda all’opposizone tra SMALTIMENTO e RICICLAGGIO, ossia al bivio tra
uno scenario di SOSTENIBILITA’ e uno di CONSUMO.
Personalmente credo che si debba con forza respingere qualsiasi
prospettiva di smaltimento, per avviarsi verso un’economia della
sostenibilità che preveda il trattamento delle macerie in forma di
riciclaggio, e in modo da insediare nell’area aquilana uno stabilimento
industriale adibito a tale produzione. Questo significa non solo
ricavare materiale dal rifiuto, ma trasformare un problema in una
risorsa, una spesa in un guadagno, una barriera in una prospettiva, una
tragedia in un lavoro. Questo significa per L’Aquila una parola: futuro.
In Italia, nazione attanagliata da un’ideologia della conservazione che
spesso risulta eccessiva e rende miopi, la cultura edilizia della
demolizione e del riciclaggio dei materiali da costruzione non è ancora
stata recepita con dovizia. Occorrerebbe che i politici iniziassero a
guardare all’estero per chiamare chi è in possesso delle migliori
tecnologie attualmente disponibili su scala planetaria, per pensare a un
insediamento industriale che si occupi di questa forma di produzione,
per un discorso all’avanguardia che possa essere anche occasione di
laboratorio di sviluppo e miglioramento della tecnologia stessa di
riciclaggio.
Questo consentirebbe alla città di uscire dal RISCHIO DEL “RATTOPPO” di
gran parte del tessuto condominiale, che si profila all’orizzonte anche
come antitodo per la carenza di luoghi da usare grettamente come
pattumiere per buttare la città crollata. Questo consentirebbe di
evitare di finire in mano alla criminalità organizzata, da sempre pronta
ad affrontare problemi gestibili solo di nascosto.
In altre nazioni la scelta tra ristrutturazione e abbattimento di un
condominio riguarda una scelta costi/benefici che tiene conto delle
spese e del valore di mercato in modo lucido e lungimirante. In nazioni
come la Germania un condominio può essere demolito anche
per lavori che superano appena la reintonacatura. Una ditta
spacializzata smonta tutti gli infissi e gli interni, poi il palazzo
viene demolito; il mucchio di ferro, cemento e mattoni che ne resta
entrano in una fabbrica, ed esce ferro e materiale inerte per
l’edilizia. Il tutto
richiede mediamente circa una settimana di tempo. Non è possibile che ci
dobbiamo ridurre alla ricerca di terreni entro cui seppellire la città.
Non è possibile che ci accingiamo a rattoppare centinaia di palazzi
infartuati esponendo i nostri posteri a un rischio assurdo.
Ovviamente, per i palazzi del centro storico andrebbe fatto un discorso
di selezione qualitativa dei materiali, per i condomini della periferia
sarebbe più adatto un approccio quantitativo; ma, tenendo conto di una
necessaria differenziazione della tipologia di intervento, in entrambe i
casi, ancora, dovrebbe valere l’imperativo ecologico del riciclaggio,
concretamente, della ricerca della massimizzazione del materiale
riciclabile.
Questo discorso a L’Aquila è stato affrontato solo marginalmente grazie
all’interessamento del consigliare Antonello Bernardi; ma ora, nel
momento decisivo, è preoccupantemente sparito dal dibattitlo pubblico e
istituzionale. Queste righe vogliono sulla vitale imprescindibilità
dell’argomento, e un monito per avvertire tutti dei rischi che corriamo.
Ci credo poco, ci credo poco dato il clima che si respira; ma, se
L’Aquila vuole ancora provare a diventare d’esempio per il mondo,
trasformando la catastrofe in catarsi, la strada della ricostruzione non
può che passare per i territori della SOSTENIBILITA’. Solo così
potremo diventare un luogo esemplare per il futuro.
Con le parole che scegliamo (ri)costruiamo il mondo intorno a noi, e per
comprendere le direzioni auspicabili per il nostro futuro occorre
scegliere in senso culturale, prima che economico. La sostenibilità è un
concetto culturale che richiede scelte e attivazioni tecniche, ma è
necessario costruire prima senso comune intorno a ciò che deve essere
percepito come un valore necessario. A mio parere le parole di questi
giorni dovrebbero essere: RICICLAGGIO DELLE MACERIE PER UNA
RICOSTRUZIONE SOSTENIBILE.
A questo i politici sono chiamati, e in base a questo la storia li
peserà riguardo a come seppero affrontare il terremoto dell’Aquila (che è
diverso dal terremoto d’Abruzzo).
L’Aquila, 22-2-2010
Antonello Ciccozzi – docente di antropologia culturale presso
l’Università degli Studi dell’Aquila.