Nel Lazio il Pdl non presenta la lista, in Campania invece si va nel segno della continuità.

Liste pulite ed affari sporchi. Il caso Diodato.

di Emiliano Di Marco

12 / 3 / 2010

Chissà cosa si saranno detti nelle ultime riunioni per la composizione della lista del Pdl alle regionali in Campania.
Dopo gli ultimi scandali, primo tra tutti il “caso Cosentino-Landolfi”, ma clamoroso anche quello che coinvolge il senatore Di Girolamo, nei quali ancora una volta emerge il rischio concreto di infiltrazione mafiosa nel parlamento, Berlusconi aveva detto ai suoi “Mi raccomando, le liste devono essere pulite e trasparenti. Va evitato ogni problema” annunciando, dopo una ennesima chiacchierata con il sottosegretario Nicola Cosentino, che sarebbero stati esclusi tutti i candidati condannati o rinviati a giudizio.
Grande fu la sorpresa tra le "cordate", la nuova regola avrebbe portato a ben altri destini politici se si fosse saputa qualche annetto prima. Così, nell'ultima giornata utile, venerdì 26 febbraio, tra stracci che volavano, porte sbattute e corse sull'autostrada tra Napoli e Roma, il gran giurì del “concorso Pdl”, composto dai coordinatori Mario Landolfi e Nicola Cosentino (lupi in fabula), e da Italo Bocchino, Pasquale Giuliano e Nunzia De Girolamo ha dovuto decidere oltre alla esclusione delle liste civiche (ben 16 pervenute al tavolo), anche dei reintegri dei non-candidabili dell'ultima ora.
Della concitata discussione, e sopratutto dei toni, non sappiamo nulla, qualcosa però si può capire dalle dichiarazioni di qualcuno degli esclusi.

Tommaso Barbato, ex Udeur, autore del celebre sputo in faccia ad un collega del suo stesso partito, Nuccio Cusumano, avvenuto nell'aula del Senato, tagliato fuori all'ultimo momento ha dichiarato alla stampa: “La mia candidatura nella lista del Pdl è 'sfumata' per la volontà di alcune famiglie locali che insistono sul territorio assecondando soltanto il principio della prevaricazione e dell'arroganza ostacolando lo sviluppo di quest'area”. Chissà cosa avrà voluto dire...
Qualsiasi cosa avesse voluto dire non avremo mai modo di saperlo, nella notte tra venerdì e sabato è stato candidato il figlio di Barbato, e tornò il sorriso.
Nella giornata di venerdì però circolavano anche i nomi di altri possibili esclusi eccellenti, veri e propri candidati "borderline" sui quali, negli ultimi giorni, si erano moltiplicati come pani e pesci dossier anonimi che ripescavano casellari giudiziali, vecchie condanne ammuffite e peccati di gioventù.
Tra questi, Pasquale Giacobbe, subentrato a Roberto Conte  in consiglio regionale della Campania con la Margherita e diventato poi sindaco di Pozzuoli nel 2008 con il centrodestra. I due ruoli si sa sono incompatibili per legge, ed infatti Giacobbe è stato espulso dal Consiglio Regionale. Il problema però  è che per procedere all'espulsione bisognerebbe notificargli un atto, e lui da anni riesce sempre a risultare irreperibile, continuando ad intascarsi tranquillamente il compenso di consigliere regionale, carica che ricopre tutt'ora.

Altri papabili all'esclusione, fino alla chiusura delle liste, erano l'ischitano Domenico De Siano, ex sindaco di Lacco Ameno, che risulta indagato dalla procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta per la costruzione di un approdo turistico; mentre Alberico Gambino, ex sindaco di Pagani, è stato condannato per peculato in appello, proprio il giorno in cui si  chiudevano le liste elettorali, a causa dell’uso improprio della carta di credito intestatagli in quanto Sindaco; chiudono l'elenco due rinviati a giudizio, Luciano Passariello, capogruppo del Pdl in regione, ed il consigliere regionale Pietro Diodato, entrambi raggiunti da un avviso di garanzia nell’inchiesta sui rimborsi chilometrici, dopo che la procura della Repubblica ha analizzato le bollette di acqua, luce e gas, e le fatture presentate dai consiglieri per “dimostrare” l'effettiva residenza fuori Napoli, mai esistita dicono i giudici.

Pietro Diodato, pianurese doc, risulta residente dal 2006 nel comune di Minturno, in provincia di Latina, motivo per cui ha chiesto un rimborso di 19.791 euro per “indennità di spese di viaggio”, dovendo farsi ogni mattina ben 70 km per raggiungere la sede del Consiglio Regionale.
Il compito di seguire quotidianamente il suo territorio è gravoso per un politico come Diodato, tant'è che nonostante le distanze, di questo il sottoscritto ne è testimone, il 20 settembre 2007 riusciva stoicamente ad essere presente alle 5 del mattino ad una operazione dei carabinieri finalizzata alla repressione dello spaccio di sostanze stupefacenti (risultata poi un buco nell'acqua), in un immobile occupato dagli immigrati, il T1 di via Trencia, nonostante il fatto che il blitz delle forze dell'ordine risultava “non programmato” né dalla questura né dal comando provinciale dei Carabinieri.
Un caso.
Un caso anche la sua presenza alle 6 del mattino, il 9 ottobre del 2007, per un altro blitz delle forze dell'ordine avente oggetto la perquisizione di immobili occupati da circa 200 immigrati in via dell'Avvenire, ai fini della individuazione di spacciatori di stupefacenti, sulla supposta esistenza dei quali Diodato ha organizzato per mesi raccolte di firme ed ha affisso manifesti razzisti per tutto il quartiere di Pianura (altro buco nell'acqua).
Ma ad essere sinceri, in una regione come la Campania, anche il sottoscritto sarebbe stato contrario ad escludere un consigliere uscente solo per le false indennità di spese di viaggio, questa è roba da straccioni.
Per evitare brutte sorprese Pietro Diodato, che già aveva tappezzato da due mesi la città di Napoli con manifesti del suo ghigno, nella giornata di venerdì ha occupato la sede del Pdl di piazza Bovio con una cinquantina di scherani rimasti lì minacciosamente fino a tarda sera in attesa di notizie da Roma. La situazione però si è risolta senza spargimento di sangue, dopo la notizia della sua candidatura.

Diodato e parenti L'onorevole Diodato è indagato in almeno altri due procedimenti, uno dei quali dalla Direzione Distrettuale Antimafia, per una vicenda sulla quale non c'è tanto da ridere.
L'inchiesta che lo coinvolge riguarda la vicenda dell'ipotesi di apertura della discarica di Pianura di contrada de' Pisani per 12 mesi, con l'ordinanza n. 002 del 02.01.2008 del Commissario di Governo delegato alla emergenza rifiuti della Regione Campania, che vedeva il consigliere inizialmente favorevole, assumendo un ruolo di protagonista della vicenda, salvo poi tirarsi indietro all'ultimo momento.
Il prefetto Pansa, che all'inizio del mese di luglio 2007 aveva sostituito Guido Bertolaso al Commissariato di Governo per i rifiuti della Campania, aveva l'obbligo di individuare le quattro discariche previste dal decreto “Salvacampania”, convertito in legge n. 87 del 5 luglio 2007, in attesa del completamento del Termovalorizzatore di Acerra. Dopo sette mesi, agli inizi di gennaio 2008, pochi giorni prima di essere sostituito da De Gennaro, le quattro discariche per gli sversamenti temporanei furono individuate dal commissario Pansa in siti palesemente non idonei, scatenando le proteste delle popolazioni (e dei "gruppi di interesse").
La discarica di località Pisani di Pianura è di proprietà della Elektrika srl, amministrata da Gennaro Bruno, società messa in liquidazione nel 2004 e colpita da interdittiva antimafia in quanto:

·         il 18/12/2002 vendeva alla Centro Italia Costruzioni s.r.l. (C.I.C.), con sede a Napoli, vico Dattero a Mergellina, n. 13/15, rappresentata dall'amministratore unico Salvatore Reder, un complesso industriale di 18.000 mq, ubicato in via Montagna Spaccata n. 521, nei pressi della discarica, benchè l'area fosse destinataria da un provvedimento per la messa in sicurezza.

·         Le quote societarie della Centro Italia Costruzioni s.r.l., con capitale sociale 93.600 euro, sono ripartite tra Giorgio Di Francia (già socio della Elektrika s.r.l.) per quote pari a 50.544 euro e Silvana Granito (moglie di Giorgio Di Francia), per quote pari a 43.056 euro.

·         L'assetto societario della Elektrika s.r.l. (ex Di.Fra.Bi. s.p.a.) vede figurare Salvatore Di Francia (fratello di Giorgio Di Francia), Domenico La Marca e Francesco La Marca (figlio di Domenico), tutti tratti in arresto nel 1993 per “associazione a delinquere di stampo mafioso” con altri membri del clan dei casalesi, in relazione all'indagine “discariche d'oro”. I soggetti in questione è stato provato che traevano vantaggio dal monopolio del traffico dei rifiuti creato dall'associazione mafiosa, con la copertura giuridica resa possibile dal false certificazioni degli organismi di controllo provinciali, grazie ai rapporti corruttivi garantiti dai clan della camorra, smaltendo rifiuti tossici industriali illeciti.

·         Il 20/04/2004, il Centro Italia Costruzioni s.r.l. concedeva in locazione all'A.S.I.A. Napoli s.p.a. (Azienda per i Servizi di Igiene Ambientale) il complesso industriale di via Montagna Spaccata 552, impegnandosi ad eseguire i lavori di movimentazione interna, pressatura ed imballaggio dei rifiuti, provenienti dal comune di Napoli (o da altri siti). Tuttavia, il 31/06/2004, alla scadenza del contratto, l'A.S.I.A. non ne consentiva il rinnovo in quanto a carico della Centro Italia Costruzioni s.r.l. veniva emessa dalla prefettura di Napoli una informativa interdittiva antimafia, nei confronti della quale la società avanzava un ricorso al TAR, respinto con sentenza 1788/2005 (n.d.r. Stranamente la sentenza relativa a questo ricorso non è disponibile sul sito del TAR della Campania).

Esaminando le composizioni societarie dei sodalizi collegati alla società Elektrika s.r.l. emerge la figura centrale di Giorgio Amabile, indicato dalla DDA come “socio occulto della Elekrika s.r.l.”, nei fatti direttore della T.D.M. Tasporti Demolizioni Movimento terra di Volpe Gaetana & C. sas., società intestata a Gaetana Volpe, nata il 22/10/1948, moglie di Giorgio Amabile.
Pietro Diodato è cugino di primo grado di Giorgio Amabile, in quanto la madre di quest'ultimo Michelina Diodato, nata a Napoli il 06/06/1915 è sorella di Gennaro Diodato, nato a Napoli il 04/05/1933, padre del consigliere regionale.
Il rapporto tra Diodato e Amabile non si limita alla parentela, in quanto Diodato è stato anche socio accomandante con respon­sabilità limitata alla quota delle obbligazioni sociali della so­cietà "Competizione Sport s.a.s." intestata a "Vincenza Esposito & c.", nella quale Gaetana Volpe, moglie di Giorgio Amabile, era socia ammini­s­tratrice.
La titolarità della T.D.M. Tasporti Demolizioni Movimento terra di Volpe Gaetana & C. sas è stata ceduta, in data 18/04/2002, alla TEKNE' srl, con sede a Napoli in via Comunale Vecchia, n. 6, amministratore unico Bruno Mangiapia, società a sua volta controllata dalla INFORTEL srl, con sede legale in via dei Mille, 16.

Alcuni soci della TEKNE' srl e della INFORTEL srl risultano soci anche della Elektrika srl:

·          Pietro Gaeta, nato a Napoli l'11/10/1955 (socio Elektrika e Infortel)

·          Marco Russo, nato a Napoli il 26/09/1966 (socio Elektrika e Infortel)

·          Angela Russo, nata a Napoli il 29/04/1968 (amministratrice Infortel e proprietaria di quote in Elektrika srl).

La T.D.M. Tasporti Demolizioni Movimento terra di Volpe Gaetana & C. sas risulta inoltre colpita da interdittiva antimafia dalla prefettura di Napoli, in data 11/05/1999, nel provvedimento si legge che “sebbene non siano emerse cause di divieto o decadenza di cui all'art. 10 della L.575/1965 (…) allo stato sussiste pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata”.

Altri particolari a carico di Giorgio Amabile emergono inoltre dall'indagine della DDA sulla Simont spa, nella quale sono saltati fuori i rapporti tra la T.D.M. Tasporti Demolizioni Movimento terra di Volpe Gaetana & C. sas e Roberto Montagna, titolare della Simont spa, in una delicata indagine che coinvolge esponenti del clan Misso-Mazzarella-Sarno.
Giorgio Amabile fu condannato dal Tribunale di Napoli, sentenza 29/01/1982, a 7 anni di carcere per associazione a delinquere nonché per delitti unificati di incendio doloso pluriaggravato, porto esplosivi in luogo pubblico, danneggiamento aggravato, estorsione pluriaggravata. Nel provvedimento risultava coimputato, tra gli altri, con Antonio Varriale, nato a Napoli il 18/01/1956, condannato a 3 anni di reclusione.


La discarica di Pianura ed i parenti di DiodatoNelle indagini giudiziarie emerge l'evidenza di un coinvogimento effettivo di esponenti dei clan camorristici rivali (Lago e Varriale) nei disordini causati a Pianura nel gennaio 2008.
L'area destinata temporaneamente alla discarica, appartenente ad imprese collegate alla criminalità organizzata, rappresentava per motivi diversi una occasione di arricchimento, sia nella gestione diretta e indiretta dei fondi destinati allo smaltimento dei rifiuti, sia per il valore immobiliare dei suoli adiacenti l'area della discarica.
Non individuata come deposito per gli inerti dello smantellamento dell'ex ILVA di Bagnoli, qualche anno prima del 2008, l'ex Assessore Giorgio Nugnes, poi morto suicida poche settimane dopo il suo arresto nello scandalo Global Service al Comune di Napoli, ed il consigliere regionale Pietro Diodato, benchè di opposte fazioni politiche, ma entrambi di Pianura, chiesero inizialmente ai pianuresi di fare un altro sacrificio, accettando la riapertura della discarica.
L'interesse iniziale alla riapertura del sito da parte di Diodato, il quale ha sostenuto in tutte le sue attività istituzionali l'ipotesi (al punto che l'ipotesi di riapertura del sito di Pianura fu chiamata giornalisticamente “piano Pansa-Diodato”), va visto alla luce dei possibili interessi concreti tramite il proprio cugino pregiudicato.
Non è da escludersi la possibilità che l'ipotesi di riapertura della discarica non abbia presentato la condizione di un accordo tra i clan rivali, in termini di riconoscimento di una sorta di “tributo”, forse con il coinvolgimento delle ditte impegnate nel cosiddetto “movimento terra”.
Da questo punto di vista, e basandoci sulle evidenze processuali collegate all'applicazione del 416bis, il ruolo di chi gestisce la mediazione a livello istituzionale determina anche le condizioni effettive dell'accordo tra i sodalizi criminali.

Ps : Il corollario a questa inchiesta di Emiliano Di Marco viene aggiunta per opportunità dalla redazione.
Infatti in uno dei famosi “blitz” contro i migranti guidati dal consigliere Diodato nel quartiere di Pianura descritti sopra, proprio Emiliano Di Marco veniva aggredito dallo stesso Diodato e da loschi figuri al suo servizio.
Pietro Diodato si è contraddistinto in questi anni, evidentemente per coprire la natura di certe frequentazioni ed interessi, in campagna xenofobe contro gli insediamenti di cittadini migranti nel quartiere di Pianura, guidando, cosa quanto mai anomala, delle vere e proprie spedizioni di Carabinieri nel ghetto di Via dell’Avvenire e Via Trencia, stabili fatiscenti abitati da migranti che vengono privati dai minimi servizi dagli proprietari, tutti italiani ed originari del quartiere di Pianura.
Sempre Diodato si è cimentato per anni nelle campagne contro i centri sociali, in particolar modo prima per chiedere lo sgombero di Officina 99 e poi per chiedere lo sgombero di Insurgencia.
Emiliano è impegnato da anni nei movimenti antirazzisti, ed era presente a Via dell’Avvenire proprio in occasione di una delle spedizioni di Diodato, per portare sostegno ai migranti cacciati dalle loro abitazioni che vennero date alle fiamme.
Il consigliere regionale del Pdl accusò Emiliano di difendere i camorristi (sic!) ed i personaggi che attorniavano l’ex esponente di An aggredirono l’operatore sociale a calci e pugni davanti ai Carabinieri che erano sul posto.
Su quell’episodio sono ancora in corso indagini ad anni di distanza.
Ma appare evidente come gli interessi di Pietro Diodato siano quanto mai “complessi” rispetto alle campagne messe in atto dal consigliere regionale.

Prove di convivenza

Presa diretta : Incendio T1 a Pianura