Quei giovani così puliti ed ordinati... troppo ordinati

Sia di destra che di sinistra: per l'onda viola non esistono contraddizioni sociali...

7 / 12 / 2009

Il “no Berlusconi Day” nasce a cavallo tra settembre ed ottobre per iniziativa del mitico e giovane “popolo della rete” perché, recita il “cuore” dell'appello di quei giorni ,“non possiamo più rimanere inerti di fronte alle iniziative di un uomo che tiene il Paese in ostaggio da oltre 15 anni e la cui concezione proprietaria dello Stato lo rende ostile verso ogni forma di libera espressione come testimoniano gli attacchi selvaggi alla stampa libera

Liberare “lo Stato” dall'anomalia proprietaria Berlusconi e difendere la “stampa libera” (Repubblica e Corriere della Sera o, perché no, Avvenire o quella stampa così libera da rimandare una manifestazione sull'indipendenza dell'informazione perché in Afghanistan è morto qualcuno dei “nostri”): è tutto qui il segno di una mobilitazione giocata dentro una dialettica funzionale, reattiva, per certi versi restauratrice e sicuramente prepoliticamente moralista.

Una dialettica nella quale gli elementi di frustrazione, smarrimento, la voglia di opposizione e di alternativa vengono da subito riassunti in simboli “spoliticizzati”, ossia privati di istanze di potere costituente e costruzione del comune, in slogan che chiedono pulizia, legalità, ritorno all'ordine ed al pre-ordine costituito senza lambire minimamente i nodi della crisi, né quelli della rappresentanza (semmai si chiede più rappresentanza) né la questione del reddito e dei rapporti sociali e di produzione.

Al contrario sotto quest’aspetto gran parte di quel popolo del quale Padellaro, su “il Fatto”, apprezza le facce “pulite” e l'ordine (son bravi ragazzi che non han scalfito nemmeno una vetrina e che, soprattutto, ordinatamente non mettono in discussione la questione del potere) riterrebbe probabilmente un rientro dall'”anomalia” un governo “sano ed onesto”, magari presieduto da Draghi, Montezemolo o dal nuovo leader degli onesti democratici, Fini: un governo dalle ineccepibili peculiarità dal punto di vista del “bon ton” istituzionale e costituzionale che farebbe svanire d'incanto l'opposizione viola anche con i suoi elementi di positività che, pur presenti in nuce, sono totalmente depotenziati dall'ordine del discorso entro il quale l'onda viola produce le sue retoriche.

Era inevitabile nelle scorse settimane sentirsi quasi a disagio a voler  eccepire su ciò che si stava profilando per il 5 dicembre, in quest'Italia dove l'alternativa che conta è quella tra berlusconiani ed antiberlusconiani eliminando dall'agenda la questione sociale.

Il “no b day” è stato senz'altro testimonianza della crisi della rappresentanza e della dialettica “destra/sinistra” ma la “trasversalità” rivendicata dal popolo viola non è tesa a quel ”farla finita con l'idea di sinistra” che riconosce l'esigenza del superamento di questa categoria sulla base della sua inadeguatezza e di ciò cui rimanda ma guarda all'unione contingente di brava gente “di destra e di sinistra” che in nome dell'onestà vuol farla finita con l'anomalia Berlusconi per ripristinare la normalità della supposta corretta dialettica “destra/sinistra”...come “nei normali paesi occidentali” dove ognuno auspicabilmente possa occupare, ordinatamente, il posto suo.

Così come la critica perbenista ai partiti non è alla forma in quanto tale, ma a questi partiti: emerge anzi, dalle dichiarazioni di promotori e promotrici, quasi una riaffermazione del ruolo degli stessi, e delle appartenenze di partito come dato indiscutibile di identità di partenza: “Non siamo tutti di centrosinistra”,vogliamo riavvicinare la politica ai movimenti” e, ancora, “non c'è bisogno di esser tutti dalla stessa parte per voler cacciare Berlusconi”,parliamo a chi ha votato Berlusconi  e si è sentito imbrogliato”. Non c'è bisogno di stare dalla stessa parte...

Ben altra cosa dell'orizzontalità orientata al “comune” che abbiamo vissuto a Vicenza, a Chiaiano, in Val di Susa o che prepara a Copenaghen.

Se l'onda studentesca affermava "nè di destra né di sinistra" come rivendicazione di autonomia e critica della rappresentanza, il popolo viola sembra fare un'operazione contraria ed un passo indietro dichiarandosi "sia di destra che di sinistra".

Si ha poi un bell'elogiare le potenzialità della rete o come “ingenue ed ingenui ragazze e ragazzi” abbiano costruito “dal niente” una così grande e riuscita manifestazione.

Ma è difficile non constatare come questa manifestazione sia diventata quel che è diventata solo nel momento in cui è stata riassorbita dalla liturgia del mainstream d'opposizione, quando Repubblica  l’ha fatta propria rilanciandola in home page per settimane, quando è sorto il dibattito tra Di Pietro e Bersani, e tra Bersani e pezzi del suo partito, sulla necessità di andare in piazza: ecco l'evidenza del legame di dipendenza col teatrino di potere perché è questo teatrino che ha reso il “no b day” evento e sul suo palcoscenico.

Non c'è solo il limite della mancanza del respiro dell'autonomia e dell'esodo in questa mobilitazione senza effervescenza collettiva: c'è il rischio della loro negazione e, in prospettiva, persino un restringimento per l'agibilità dei movimenti.

Nell’assoluta funzionalità della “vera opposizione dipietrista” c'è il riassorbire smarrimento e voglia di cambiamento in un'ottica tutta interna alla logica di sistema, che non scalfisce i nodi di potere e dei rapporti sociali.

Pur dirigendo da anni il suo partito in modo assai berlusconiano (duce indiscutibile di un partito dove regnano nepotismo, trasformismo e curiosi comportamenti finanziari che stranamente non sono oggetto di contestazione da parte dei moralisti antiberlusconiani), l'agitatore di manette è idolo incontrastato riconducendo questa “protesta” senza sbocchi in una variabile funzionale a correggere l'equazione del sistema. 


La voglia di magistratura occulta come proprio Berlusconi uomo forte e caudillo sia stata la risposta, negli anni '90, alla voglia di ordine e pulizia così come serve a legittimare quelle operazioni di "legalità" che la magistratura spesso “democratica ed antiberlusconiana” conduce contro i movimenti che non si accontentano di porre in questione la contingente anomalia, ma di ridiscutere i rapporti sociali e di costruire opposizione costituente: basta esser dalla stessa parte contro Berlusconi, anche con quel Caselli che proprio contro l'elemento più avanzato dell'opposizione sociale contro il governo Berlusconi ha, non a caso, scagliato pochi mesi fa la sua azione repressiva?

Certo è buona cosa scendere in piazza contro un governo populista, reazionario, attraversato da tratti fascistoidi e clericali ma non con gli argomenti della "ragion di Stato", della sana dialettica democratica, anelando ad un potere più “ rispettabile” o facendo ricorso ad altre retoriche specularmente conservative preparando il terreno ad un altro “buon governo” con il desiderio di esser comandati meglio. Non è un caso se l'altro idolo di queste folle, Grillo, può tranquillamente eccitare il suo popolo sbraitando contro gli immigrati che invadono i sacri confini della patria.
E' così alternativo al “berlusconismo”, quest’orizzonte?

In larga parte poi quel “popolo” è lo stesso che pur scendendo in piazza per la “costituzione” si scandalizza per l'indulto: si facciano più carceri, per bacco.

E' proprio la “crisi” attuale, crisi della finanza globale, crisi della governance e delle istituzioni, a porre l'opportunità di un salto in avanti nelle forme e nelle pratiche dell'opposizione non contro questo governo ma contro “il governo”, a porre la questione di problemi sociali che prescindono strutturalmente da Berlusconi e che l'onda viola non sfiora: proprio ora va colta la condizione per una foucaultiana “parresìa” che metta a nudo le contraddizioni della crisi per risolverla, non espellendo il tema  dei rapporti sociali e del dominio sulle donne e sugli uomini ma ponendolo come centrale.

E pazienza per Padellaro se le pratiche di riappropriazione, di costruzione del comune e di conflitto sociale rendono le nostre facce poco pulite, comportino un poco rassicurante disordine o la rottura del concetto stesso di “legalità” e diano voce al meticciato della moltitudine.