Una nuova crisi rifiuti in Campania è alle porte.

Un nuova crisi è inevitabile. Così vogliono...

di Angelo Genovese*

3 / 9 / 2010

Una nuova emergenza rifiuti in Campania? Non diciamo sciocchezze! L’emergenza è sempre la stessa, non è mai finita, anzi non è mai stata realmente sensu stricto “emergenza”.
In Campania si consuma, infatti, l’ordinaria contraddizione del sistema capitalistico sostenuta dalla logica perversa di uno stato di regime.


Una premessa indispensabile.Tutti gli studi globali definiti “catastrofisti”, dalle storiche teorizzazioni di Malthus e Ricardo, fino al celebre rapporto sui limiti dello sviluppo del M.I.T. e alla parossistica produzione saggistica degli ultimi anni concordano sui principali step che condurranno alla “crisi antropica globale”.
1. Aumento demografico
2. Diminuzione delle risorse disponibili e della recettività ambientale
3. Crisi antropica globale
Una normale popolazione di organismi biologici che si sviluppa senza controllo in un qualsiasi ambiente spazialmente limitato e con limitate risorse è destinata a giungere fino ad un limite di saturazione determinato, per forza di cose, da un esaurimento della capacità di sostentamento da parte del sistema. A quel punto si determina la cosiddetta “crisi”, una sorta di meccanismo di feed-back negativo che agisce in senso contrario all’incremento della popolazione. Tale meccanismo non è unico, ma può avere molteplici cause e differenti effetti sulla popolazione (ovviamente tutti, in senso antropologico, negativi) che possono anche condurre all’estinzione della specie.
Se consideriamo, nello specifico, la popolazione umana, questa ha la peculiarità adattativa di attingere ad una enormemente differenziata tipologia di risorse (tutte limitate) con varie modalità. Nel caso dell’uomo vi è anche l’aggravante culturale di modelli di sviluppo capitalistico-consumistici che esaltano gli effetti di depauperamento delle risorse e di riduzione degli spazi utili alla sopravvivenza ed alla ricettività di scorie in assenza di un qualsiasi meccanismo efficiente di “riciclo”. Tali modelli portano in se anche un altissimo livello di competitività tra gruppi che conducono alla esaltazione delle caratteristiche negative cui facevo cenno e alla cosiddetta “conflittualità” sia geografica che sociale.

Il laboratorio napoletano.In questo contesto generale che vede molti elementi già giunti allo stadio estremo e terminale, il territorio campano, ma più specificamente quello della Provincia di Napoli - in maniera di poco minore dell’hinterland casertano- rappresenta l’elemento di maggiore criticità su scala globale. Infatti, quest’area collocata in un contesto di elevato sviluppo capitalistico è quella che nel contempo ha la maggiore densità abitativa. Questi due fattori si moltiplicano dando come risultato finale una produzione di rifiuti per unità di superficie enormemente superiore che in qualsiasi altro posto del mondo. In un simile contesto aggregativo la superficie disponibile per lo stoccaggio dei rifiuti è, ovviamente, ridottissima. In tali condizioni, un qualsiasi intoppo nel meccanismo già precario di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti ha come effetto immediato il generarsi di cumuli di rifiuti nei centri abitati: l’evidenza della crisi.
In oltre 16 anni di provvedimenti amministrativi “straordinari” culminati con leggi speciali ed antidemocratiche nulla è stato fatto per risolvere alle radici il problema. Anzi, in una logica perfettamente capitalista, non solo non si è limitata la produzione di rifiuti o generato meccanismi tendenti ad un ciclo virtuoso della materia, ma, al contrario, sono stati fatti unicamente provvedimenti utili al grande capitale - vedi inceneritori - o alla camorra. Le discariche come soluzione definitiva in un territorio così angusto hanno prodotto, per forza di cose, proteste da parte delle popolazioni che le subiscono.
Singolare (e sospetto) è anche il fatto che la Regione Campania si sia dotata di uno strumento legislativo “dogmatico”: la provincializzazione dello smaltimento dei rifiuti urbani. Ma se l’assetto urbanistico ed ambientale è fondato su uno stato di fatto, le Province sono solo invenzioni politico-amministrative. Eppure questa norma è l’unica norma, che le leggi straordinarie non hanno derogato mentre si sono allegramente spazzate via tutte le prescrizioni in materia di pubblica salute, tutela dell’ambiente, diritti civili ecc. La Provincia di Napoli è, così, una sorta di “camera con valvola” nella quale entra la materia sotto forma di merci - ma anche di rifiuti importati illegalmente - e nulla esce.
Nasce il sospetto che questa punta avanzata delle contraddizioni del mondo capitalistico sia diventato una sorta di laboratorio sperimentale per testare i limiti di tolleranza di una popolazione umana.

Lo stato dell’arteNel momento in cui scrivo, la Provincia di Napoli smaltisce i propri rifiuti in due discariche, Terzigno e Chiaiano, e in parte li brucia nell’inceneritore di Acerra. Nessuna norma straordinaria è stata emanata per limitare la produzione di rifiuti (es. sugli imballaggi, sull’usa e getta, ...) nella Provincia a più alta produzione di rifiuti per kmq di tutto il mondo. Di raccolta differenziata manco a parlarne: i pochi dati di cui qualche Sindaco mena vanto, spesso sono falsi o, comunque, in molti casi, il differenziato torna a mischiarsi e finisce in discarica. Nessun sito di compostaggio. Insomma, nulla che serva a compensare la criticità della situazione. Eppure le discariche si riempiranno, sono già piene. Occorrerà aprirne di altre. Costi quel che costi in termini di pubblica salute e di ambiente. La Comunità Europea che già ha sanzionato il Governo italiano per la crisi dei rifiuti del 2007, si è fermamente opposta all’apertura della ennesima discarica vesuviana, l’ex cava-Vitiello, sempre a Terzigno. Un enorme cratere che farebbe la felicità dell’irresponsabilità amministrativa per i prossimi 20 anni. Ma quel cratere si trova nel cuore del più piccolo Parco Nazionale italiano e se dovesse trasformarsi in immondezzaio sarebbe la più grande discarica d’Europa. Questo piccolo territorio che la comunità internazionale ha voluto proteggere al punto da conferirgli il maggior numero di vincoli rispetto a qualsiasi altra area del pianeta Terra è anche Riserva Mondiale della Biodiversità, ovvero un lembo di terra in cui insiste un ecosistema unico, irripetibile, da tutelare ad ogni costo, persino con l’esercito. Invece l’esercito è calato in nome delle leggi straordinarie ad occupare Chiaiano, Terzigno, Acerra a dire ai cittadini che lì c’è lo Stato nazionale e che loro non contano nulla, devono soffrire, morire e se si oppongo andare a marcire nelle patrie galere. Tale è lo Stato federalista decantato dalla feccia leghista.
Al momento la Provincia e la Regione restano semplicemente in attesa della prossima evidenza della crisi. Allargano le pessime discariche esistenti per prolungare lo stato attuale, cercano di tirare avanti almeno fino alle elezioni amministrative a Napoli dove né il centrodestra (autore del miracolo) né il centrosinistra (co-autore del medesimo) vogliono una nuova crisi dei rifiuti. A meno che qualche novità nella palude politica italiana non detti prima la necessità di una nuova crisi.
Sul fronte degli inceneritori: Acerra brucia di tutto. Dicono che è un gioiello tecnologico mentre invece già è parzialmente in disuso. Questo megainceneritore brucia di tutto in base ad un decreto emanato dal governo Prodi quando era già dimissionato. Lo paragonano al piccolo inceneritore di Brescia ove giunge solo il CDR (e nonostante questo, la letteratura medica sembra dimostrare che innocuo non è affatto) ma i parametri relativi alle emissioni hanno già superato abbondantemente i limiti massimi previsti dalla legge. Già più di una volta gli agricoltori ed i cittadini hanno vivacemente protestato per immense nuvole di fumi neri che hanno invaso le campagne e gli abitati. In quelle campagne si producono ottimi ortaggi che vanno sulle tavole di tutti gli italiani, padani compresi.
Altri inceneritori sono previsti. Altro business per Impregilo & Co. Con i soldi truffati agli italiani con i CIP 6. A Ponticelli, a Giugliano, questo specifico per demolire le piramidi di ecoballe.
In tutti i siti scelti dal Plurindagato Bertolaso esistono studi dimostranti pregressi inquinamenti, guarda caso coerenti con le tipologie di impatto che inceneritori e discariche produrranno. Acerra è il sito più inquinato da diossine, forse secondo solo a Seveso, lì viene impiantata la fabbrica di diossine, l’inceneritore del miracolo. L’area circostante la discarica di Terzigno è invece quella che ha una elevatissima incidenza di gravissime patologie (in uno studio commissionato dallo stesso Plurindagato). Lì sono destinate le megadiscariche che potranno anche contenere categorie di rifiuti tossici e nocivi.
Se un inceneritore che brucia buon CDR produce un 25-27% di ceneri ed incombusti (rifiuti divenuti ormai tossici) della massa immessa, un inceneritore che brucia il talquale, oltre ad inquinare molto di più, produrrà almeno un 50% di ceneri ed incombusti (vetri, metalli, ..:). Le discariche servono anche a questo. Infatti lo stesso governo Berlusconi, in tutta segretezza emanò l’ordinanza 48/2009 che permetteva l’aspersione quotidiana delle ceneri tossiche sui rifiuti accumulati in discarica. Ma le ceneri, ci dicono, in effetti vanno a Brescia. Questo è vero ed è stato confermato dai NAS di Brescia che hanno denunciato 21 autotrasportatori che portavano le ceneri tossiche provenienti da Acerra nella città lombarda e al ritorno riempivano le stesse cisterne contaminate con mais destinato ai mangimifici del sud.

La prossima crisi.Dunque la crisi non è mai stata risolta. La sua evidenza appare a comando. Quando qualcuno decide di far sorgere le montagne di rifiuti nel centro di Napoli e dei Comuni con popolazioni ammassate, stipate in grattacieli, in città senza verde. Basta una giornata per creare queste piramidi nauseabonde. Tra un po’ si dovrà convincere di nuovo l’opinione pubblica nazionale che i napoletani, geneticamente incivili, hanno prodotto una nuova crisi e che per risolverla occorrerà un altro colpo di bacchetta da parte del mago (o santo, fate voi) di turno. Un colpo di bacchetta che farà aprire nuove discariche e realizzare nuovi inceneritori. Un colpo di bacchetta che nel migliore dei casi corrisponde a centinaia di manganellate sulla testa dei cittadini che osano lamentarsi.
Inutilmente da anni si portano soluzioni alternative. Nel 2009 a Napoli ci fu il Convegno dell’Alleanza Internazionale per Rifiuti Zero (ZWIA) dove studiosi di tutto il mondo produssero proposte e documenti per attuare a Napoli una nuova politica in materia di rifiuti. Il Convegno, manco a dirlo, fu boicottato dalle pubbliche amministrazioni, ignorato dalla stampa irreggimentata, snobbato dalla borghesia intellettuale e cialtrona del capoluogo campano.
Ancora una volta, dopo l’evidenza della crisi del 2007, nulla di strutturale è stato fatto per ridurre il rischio di crisi. Solo opere di tamponamento, miserabile tamponamento. La crisi è inevitabile, così vogliono.

* Attivista, Docente di zoologia Università Federico II di Napoli