Gli sbarchi si susseguono e gli allarmi sulle condizioni di
accoglienza arrivano da più parti. Dove finiranno tutti questi
richiedenti asilo approdati "raccolti" nel Canale di Sicilia da Mare Nostrum?
Intorno a questa domanda regna la confusione più assoluta. Gli
interlocutori più accorti non smettono di ricordare l’allargamento del
Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), quasi a
mettere le amani avanti.
Eppure i conti non tornano. I posti previsti dall’allargamento del
sistema, approvati ma ancora non del tutto attivati, erano occupati
ancor prima di partire vista la lunga lista di attesa che riguarda lo
SPRAR, i CARA sono ormai stracolmi, gli hub, i centri di
smistamento, non sono ancora partiti se non in alcune regioni ed in ogni
caso, proprio per la loro natura,richiamano la necessità di nuovi
luoghi di accoglienza.
Il fantasma dell’emergenza nordafrica si fa così avanti. Sarà anche questa l’ennesima occasione per gonfiare le tasche di qualche speculatore?
Se
qualcuno ancora aveva dubbi è lo stesso Viminale a fugarli. L’ultima
circolare del Ministero dell’Interno sulle modalità di accoglienza (19
marzo) chiede infatti alle Prefetture di individuare enti in grado di
ospitare i "profughi" in arrivo, offrendo già la lista dei trasferimenti
previsti suddivisi su base territoriale.
Gli ordini impartiti richiamano quelli già diffusi con la circolare
dello scorso 8 gennaio quando il Ministero chiedeva ai Prefetti di
individuare nuove strutture di accoglienza "straordinaria" (cioè fuori
dai circuiti ufficiali) da affidare ad enti del territorio dietro un
corrispettivo di 30 euro al giorno per ogni richiedente asilo accolto.
Insomma, un nuovo circuito di accoglienza emergenziale che salta ancora una volta il Sistema Centrale, mentre ancora si attende l’ulteriore allargamento promesso e annunciato che porti immediatamente a 20.000 posti lo SPRAR.
Ancora una volta accoglienza "fai da te". Ancora una volta centinaia di migliaia di euro ponti a gonfiare le tasche di chi lucra sulla pelle dei migranti mentre chi fugge dalla guerra non troverà la dovuta asssitenza. Niente percorsi di tutela legale, niente percorsi di insegnamento della lingua, niente asssitenza psicologica ai vulnerabili, niente inserimento abitativo e lavorativo.
Intanto
Eurostat ha diffuso i dati sulle domande d’asilo presentate nei 28 paesi
membri dell’Unione Europea nel corso del 2013. Rispetto all’anno
precedente, che aveva registrato 335mila richieste, il 2013 ha visto
435mila delle domande di protezione internazionale presentate.
Circa 50mila richiedenti asilo sono arrivati dalla Siria mentre dalla
Federazione Russa ne sono arrivate 41mila domande, dall’Afghanistan
26mila, dalla Serbia 22mila, dal Pakistan 21mila, dal Kosovo 20mila.
Ma a far impallidire le retoriche sull’invasione e l’approccio
disorganizzato del Governo nell’affrontare gli arrivi di queste
settimane in Sicilia, è il dato che riguarda la distribuzione delle
domande. Il maggior numero infatti sono state ricevute dalla Germania (127mila, pari al 29% del totale), seguita da Francia (65mila, 15%), Svezia (54mila, 13%), Regno Unito (30mila, 7%), Italia (28mila, 6%).
In generale il dato medio di accogliemnto delle domande nell’Unione Europa è piuuttosto basso. Il 65% viene rigettato, mentre al 15% dei richiedenti viene riconosciuto lo status di rifugiato, al 14% quello di protezione sussidiaria al 4% la protezione per motivi umanitari. In Italia le decisioni positive sono state il 64%, ben sopra alla media europea, con un 30% di persone che hanno ottenuto la protezione umanitaria.
Insomma, la vera emergenza è la disorganizzazione cronica e strutturale del Governo Italiano di fronte a chi chiede protezione in fuga dalla guerra. Ma questa non è certo una novità