All night long: cambiare musica per ballare meglio

Tra sessismo, governabilità postdemocratica, moralismo, diritti precari, inversioni di tendenza, spazio europeo.

6 / 2 / 2014

Il contributo a cura di “Q-Generation” pubblicato su globalproject.info ci offre un’interessante occasione di ragionamento collettivo a partire dalle ultime vicende parlamentari e le tante e diverse reazioni che queste hanno provocato. Quindi accolgo volentieri questa opportunità per provare ad andare oltre i fatti legati alla bagarre istituzionale (e non) e gettare degli stimoli alla discussione.

Negli ultimi giorni stiamo assistendo a un'esplosione di opinioni disparate su quello che è avvenuto pochi giorni fa in Parlamento e gli effetti che ha scatenato sul web. Tanto potrei dire e tanto già è stato detto. In alcuni casi troppo. E mi domando:

Ci meravigliamo davvero di vivere in un paese sessista? Ci meravigliamo di avere una presidente della Camera, Laura Boldrini, che esercita le sue funzioni istituzionali, complice con tutto il governo Letta, annullando qualsiasi possibilità di confronto parlamentare? Ci meravigliamo di avere un Parlamento esautorato da ogni funzione reale? Ci meravigliamo di avere dei partiti politici all’opposizione che fanno il gioco dei partiti della maggioranza? Ci meravigliamo di avere a che fare con un Movimento (presunto) 5 Stelle che utilizza un linguaggio ignobile e porta avanti azioni sessiste e populiste? Io non mi meraviglio.

Intanto rimangono sullo sfondo i problemi reali, l’annullamento di diritti, il restringimento di spazi di libertà e di agibilità, la questione della partecipazione alle scelte sulle nostre vite, sul nostro futuro e su quello dei nostri territori. E ci si allontana dall’effettiva questione degli avvenimenti degli ultimi giorni: il decreto approvato alla Camera e la modalità con cui è stato fatto passare.

Anche se non mi meraviglio di un M5S sempre più vergognoso, non posso tralasciare il teatrino costruito nell’aula della Camera in seguito alla votazione del decreto: sono pantomime grottesche alle quali siamo ormai abituati. Gli insulti e i toni grillini sono triviali e violenti e frutto di una cultura sessista e pericolosamente arretrata, su questo non c’è alcun dubbio. Come è chiaro che il Movimento5Stelle è l’ennesima forza politica populista che spettacolarizza ogni presa di posizione solo per racimolare qualche voto in più e simboleggiare un’opposizione in un luogo, il Parlamento, che non è rappresentanza del paese reale. I 5Stelle si sono arrogati il ruolo di difensori della democrazia a tutti i costi, ma non si rendono contro di vivere già in un paese postdemocratico dove istituzioni e rappresentanza (compresi loro) sono in crisi irreversibile. Hanno capito questi deputati che il Parlamento non è un luogo decisionale e che i problemi reali rimangono fuori da quelle aule? Si riempiono la bocca di belle parole: reddito, beni comuni, ma poi provano realmente a costruire alternativa dentro agli spazi della rappresentanza dove hanno scelto di stare? Non ci provano nemmeno perché sono impegnati a ridurre tutto ad un teatro mediatico da gettare in pasto al pubblico della rete, che si scatena con “mi piace” e commenti indegni.

Infatti non si è fatta attendere la reazione sul web dopo l’approvazione del decreto: le tastiere del popolo dei "mi piace", i followers e i following che cinguettano nell'infosfera, un esercito di twittatori e facebookiani incalliti, scatenati (come dopo una puntata del proprio programma preferito o dell’ultima serie di tendenza) per commentare la “ghigliottina boldriniana”. E’ partito il gioco a chi la spara più grossa, dove ha preso il sopravvento il più becero sessismo che permea il nostro bel paese.

Ma nonostante questo, io non me la sento di stringermi attorno a Laura Boldrini per difendere le istituzioni dello Stato. E sono davvero allibita dalla mancanza di verità storica di una donna che continua a definire le offese subite fasciste e da punire legalmente in nome di un ordine costituito da far rispettare a tutti costi, ne vale la democrazia di questo Paese (ma siamo sicuri che la democrazia gode di buona salute? Siamo sicuri che non è proprio Laura Boldrini con i suoi richiami a “fatti eversivi” a mistificare la realtà e ad annullare il dibattito democratico?).

Laura Boldrini è stata complice ed esecutrice di un governo che voleva approvare un decreto salva-banche con ogni mezzo necessario, e non si è posta alcuna criticità ricorrendo alla “ghigliottina parlamentare”, eseguendo degli ordini e giustificando il tutto con il concetto di governabilità senza se e senza ma.

Io sono convinta che una donna non sia per natura migliore di un uomo, e non sempre le donne sono garanzia di “buona” politica. La presidente della Camera dei Deputati assume così i tratti di una madre di famiglia (in questo caso il governo Letta) attaccata da pericolosi eversivi e odiata da tutti (M5S in primis), attorno alla quale bisogna difendere l’onore leso (e via con interviste televisive che la ritraggono come una povera donna che per difendersi deve invocare la divina provvidenza e il grande padre Napolitano).

Non possiamo accorgerci ora di un moralismo che impregna la cultura italiana sessista, per unirci attorno alla Boldrini o alle deputate del Pd offese, le stesse che non hanno proferito alcuna parola di solidarietà quando erano gli uomini del loro stesso partito (ma anche tante donne) a utilizzare lo stesso linguaggio dei parlamentari grillini in questi giorni. Piccola parentesi: le stesse parlamentari non hanno mosso alcuna critica quando i loro colleghi europarlamentari hanno fatto respingere (per la seconda volta in meno di due mesi) il rapporto su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”  avanzato dall’eurodeputata socialista portoghese Edite Estrela, nel quale si stabiliva, tra le altre cose, per tutti i paesi dell’Unione Europea e per tutti i sistemi sanitari nazionali il diritto all’aborto sicuro e legale, ed inoltre si disponeva l’introduzione dell’educazione sessuale scolastica.

Le denunce delle deputate del Pd nei confronti dei loro colleghi del M5S e le accuse di eversione della presidente Laura Boldrini non dimostrano altro che una mancanza di strumenti per contrastare il sessismo sul piano culturale e sul piano politico.

Possiamo dire con tranquillità che le donne possono essere offese parimenti agli uomini? E che si possono difendere da sole dalle accuse senza dover ricorrere a un femminismo occasionale e strumentale?

Possiamo anche dire però che la fellatio non può essere utilizzata e vissuta come un insulto? Possiamo liberarci da concetti medioevali e bigotti tipici di un Paese come il nostro e liberare i nostri corpi e le nostre passioni senza nasconderci dietro a inutili perbenismi?  E soprattutto possiamo non usare il femminismo di comodo e finto che vede le donne perbene contrapporsi a quelle permale, come se vivere la propria sessualità liberamente sia un problema?

Diciamole queste cose, una volta per tutte.

Anche perché, passando troppo tempo ad analizzare e ad interpretare i balletti parlamentari e lo scontro mediatico, si dimentica il nodo centrale: la realtà dei fatti che incide nella vita di ognuno di noi, come sempre.

In mezzo a tutto questo bailamme, è passato il decreto sulla riforma della governance e sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, che conferisce sette miliardi alle banche, per semplificare.

Un altro passi in avanti per i sostenitori di politiche recessive per-tutti-ma-non-per-loro, per chi decide di mettere al primo posto le banche da salvare piuttosto che i bisogni materiali di un paese sempre più povero, per chi vuole rilanciare la crescita economica puntando su pochi “cavalli vincenti”, per chi sceglie di creare sempre più disuguaglianza sociale dopo anni di politiche di austerity, per chi approfitta della liquidità in circolo per valorizzare il capitale e proporre una crescita che si fonda su ricattabilità e sfruttamento.

Si sceglie così da che parte stare, a colpi di "ghigliottine" in un Parlamento che annulla quei pochi superstiti meccanismi democratici dentro la crisi della rappresentanza e della democrazia parlamentare, chiudendo qualsiasi spazio di discussione, in nome della governabilità che spesso è sinonimo di stabilità a tutti i costi, che mira ad eliminare la conflittualità sociale e a ridurre ogni contraddizione facilitando il comando.

Sono i diritti che in questo contesto si stanno man mano dissolvendo nell’Europa della crisi, prestando il fianco a sentimenti pericolosi che si tramutano in vere e proprie misure reazionarie applicate dagli Stati. Come la legge Gallardon in Spagna, contro la quale, lo scorso primo Febbraio a Madrid e in altre città europee, migliaia di donne e uomini hanno riempito le strade delle proprie città, affermando con forza la necessità di rimettere al centro il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione, perché l'aborto diventi un diritto tutelato allo stesso modo in tutta Europa.

Questo è uno dei tanti esempi di quanto tutto ciò stia diventando normalità: ci stiamo abituando (che brutta parola!) a dover combattere contro la cancellazione di diritti, a dover strappare pezzi di libertà, a dover conquistare spazi di agibilità politica. Ogni giorno, ogni maledetto giorno. In tutto, anche nella quotidianità da studentessa/precaria/donna/lavoratrice in nero sottopagata/disoccupata/inoccupata/altamente qualificata quindi non idonea/amante.

Ma guai ad interrogarsi su chi decide sulle nostre vite! Ci sono altre priorità e non si può perder tempo, qualcuno sostiene. Vi domandate quali siano le altre priorità? Da una parte i soliti diktat della Troika da rispettare (i vincoli di bilancio, il pagamento dei debiti sovrani, il blocco degli investimenti e della spesa pubblica), i quali effetti sono sotto gli occhi di tutti, compresi gli attori che li hanno esercitati in prima persona e che ora decidono di cambiare rotta per rilanciare l’economia; dall’altra parte una nuova tendenza del capitale finanziario (e non) e della stessa Troika che mira a valorizzare la liquidità che comincia a circolare in Europa  in nome della competitività, approfittando della forza-lavoro che diventerà sempre più ricattabile (a causa della mancanza di tutele di welfare e delle misure approvate in anni di recessione) e che vedrà moltiplicarsi impieghi all’insegna del sacrificio e dello sfruttamento. Sempre a scapito dei cittadini e a favore dei soliti noti che si dividono la torta.

Non sarà arrivato il nostro momento di dare un morso a questa torta?

Per farlo dobbiamo essere in grado di dotarci di strumenti nuovi, essere molto chiari e diretti per trovare risposte alternative alle politiche messe in campo; andare a rompere i meccanismi restrittivi degli stati nazionali e della tecnocrazia europea, provando a tracciare le linee di uno spazio transnazionale dei movimenti e del conflitto sociale, ed in questo spazio pensare e costruire la nostra azione politica. Per conquistare un sistema di welfare complessivo che trovi il suo perno attorno a un reddito di cittadinanza slegato dalla prestazione lavorativa; per dare materialità a una proposta alternativa alla gestione dei flussi di denaro; per combattere l’attacco a quei diritti che creano contraddizioni reali nei processi della governance; per scongiurare le idee antieuropeiste che si stanno diffondendo a macchia d’olio e che creano pericolose derive populiste; per contrastare strategie di crescita che attraverso la competitività mettono in atto meccanismi di disciplinamento dei mercati e delle nostre vite.

Proviamo a cambiare rotta realmente? Proviamo a liberarci da vecchi arnesi e ci proiettiamo verso nuovi percorsi? Vogliamo smetterla di dire alla Via col Vento “domani è un altro giorno”? Domani sarà pure un altro giorno, ma domani è già arrivato e le cose rimangono uguali, anzi peggiorano. Come dice la voce narrante e il protagonista di un film di qualche tempo fa: "Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene".  Io però son convinta che ripetere il mantra mentre stai cadendo giù, non farà magicamente cambiare le cose;  meglio dire “fino a qui non va bene”, prenderne consapevolezza e imparare a volare.

Stanchi dei soliti balletti, cambiamo musica e mettiamo su un bel pezzo, di quelli che vorresti finissero mai per scatenarti in pista. All night long.