in 206 istituti di pena sono presenti 65.891 detenuti, 18.821 in più rispetto al numero dei posti realmente disponibili

Amnistia subito

Appello di Napolitano a futura memoria

29 / 9 / 2013

L'Italia era già stata condannata una volta dalla Corte europea dei diritti umani e altre censure - prevedibilmente - ci aspettavano. Da allora si sviluppa una pressante attenzione del Capo dello Stato alla condizione delle carceri. Sia il Governo Monti che il Governo Letta sono stati sollecitati a cominciare la propria attività con appositi decreti-legge per ridurre il sovraffollamento. Ma Napolitano lo ha sempre detto: una simile situazione, con ventimila detenuti oltre le capacità del nostro sistema penitenziario, non può risolversi attraverso gli ordinari strumenti di legge, seppure adottati in via d'urgenza (purtroppo ridimensionati in sede parlamentare). Serve un generale provvedimento di clemenza, che riduca nell'immediato la popolazione detenuta, e questo provvedimento ha nome, cognome e procedura: si chiama amnistia e indulto ed è previsto dall'articolo 79 della Costituzione. Spetta al Parlamento, con qualificatissima maggioranza, approvarlo. E Napolitano si rimette alle Camere, preannunciando un messaggio che verrà loro inviato non appena vi sarà «un momento di maggiore serenità e attenzione politica». Non sappiamo se vi sarà, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi o per tutta la durata di questa incertissima legislatura, quel miracoloso momento di «serenità». Il messaggio, però, è stato recapitato. Un nuovo provvedimento di amnistia e di indulto corrisponde a un obbligo giuridico (nei confronti della Corte europea dei diritti dell'uomo), ma anche a un «imperativo morale e umano». Quale che sia il destino di questa legislatura, una risposta positiva all'appello di Napolitano potrebbe riempirla di senso. Non è la prima volta che il capo dello Stato interviene per sottolineare le drammatiche condizioni di vita all'interno delle carceri. «Nessuno può negare che siamo in una situazione di emergenza», disse a febbraio di quest'anno dopo che la Corte europea aveva condannato l'Italia per il degrado delle prigioni. E ad aprile, pochi giorni prima della scadenza di quello che avrebbe dovuto essere il suo ultimo mandato, Giorgio Napolitano è tornato ancora una vota a sollecitare la classe politica a intervenire per mettere fine al sovraffollamento degli istitui. Parole vane. Eppure sono anni che sovraffollamento, scarse condizioni igieniche e atti di autolesionismo sono all'ordine del giorno. Per quanto rigurada la popolazione carceraria i numeri più recenti li ha dati a maggio scorso il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri parlando al Senato: in 206 istituti di pena sono presenti 65.891 detenuti, 18.821 in più rispetto al numero dei posti realmente disponibili. Di questi, 24.691 sono in attesa di giudizio (indagati o imputati in custodia cautelare), 40.118 condannati e 1.176 internati. Circa un terzo, 23mila, sono stranieri. Secondo il Consiglio d'Europa, che sempre a maggio ha diffuso un rapporto sul sovraffollamento nelle carceri dei paesi membri, l'Italia figura al terzo posto dopo Serbia e Grecia. Ma la situazione potrebbe essere ben peggiore. L'associazione Antigone ha infatti contestato le cifre fornite dal ministro della Giustizia, specie per quanto riguarda la disponibilità di posti negli istituti. Per Cancellieri sarebbero 47.040, molti di meno secondo l'associazione che afferma di aver avuto conferma dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria «che nelle carceri italiane ci sono circa ottomila posti letto regolamentari in meno rispetto ai 45.000 calcolati dal Dap». Il che porterebbe a soli 37mila i posti realmente disponibili e cioè alla presenza di 180 detenuti ogni 100 posti letto. Il doppio rispetto alla Germania, dove la media è di 92. Tra le regioni più in difficoltà figura la Lombardia, con 9.307 detenuti a fronte di 6.051 posti disponibili. Un inferno, delle cui conseguenze sono vittime, come i detenuti, anche gli agenti di polizia penitenziaria che lavorano negli istituti.