"Amore che viene, amore che va"

Passa in Senato il Cirinnà 2.0 tra stralci, compromessi a ribasso e dichiarazioni d'amore tra PD e centrodestra

26 / 2 / 2016

“il matrimonio è un privilegio e tu non ne hai diritto.
E per usare parole a te care, vai pure a farti fottere”
Orange is the new black
seconda serata rai4
25.02.2016

Il primo sì c'è stato, sulla fiducia. Ieri in Senato con 173 voti a favore e 71 contrari – con numerose fuoriuscite dall'aula per protesta – è passato il maxiemendamento sulle Unioni Civili, il Cirinnà 2.0, concertato tra PD e NCD e passato con l'ausilio di Verdini e dei suoi. Svelando, se servisse ancora una riprova, quali siano le alleanze che compongono la maggioranza di Governo del nostro paese.

La gestazione del Ddl è stata alquanto travagliata, per rimanere in tema di gravidanze/uteri che tanto hanno contribuito a creare confusione (ad hoc?) intorno alla proposta di legge straparlando di affitti/subaffitti/compravendite etc. Una cosa, però, dobbiamo ammettere a noi stessi, il 23 gennaio nelle piazze del #Svegliatitalia nessuno avrebbe pensato che sarebbe finita così. Anche dopo aver visto il popolo del Family Day cercare di riempire – erano comunque troppi per un paese che si definisce democratico – il Circo Massimo.

In fondo per scrivere questo Ddl ci sono voluti mesi di lavoro, di compromessi e valutazioni tra le diverse fazioni politiche che lo sostenevano, e – diciamocelo pure – non è che il risultato di tutto questo fosse una legge radicale e rivoluzionaria. In molti definivano “un contentino” già la versione precedente della Cirinnà. Forse proprio per questo si era dato per scontato che sarebbe stata approvata.

E invece no. Si sono sparigliate le carte sul tavolo, a gioco iniziato. Ed ecco apparire in campo la libertà di coscienza, i canguri (super?), voti palesi o segreti, maxiemendamenti e fiducia. Insomma, in pochi giorni si è buttato a mare un lavoro di mesi per portare ad approvazione un disegno di legge monco e – ebbene sì – discriminatorio. Stralciata la stepchild adoption, mantenendo fuori dalla maglia dei diritti bambini che già vivono in famiglie omogenitoriali, stralciato ogni riferimento agli articoli costituzionali in merito al matrimonio. Non che la cancellazione dell'obbligo di fedeltà faccia particolarmente specie: è un principio che nessuno reputa normativo nei matrimoni eterosessuali e che ha tutto il sapore del patriarcato di vecchia data, quando veniva applicato alle donne adultere. Certo è che sul piano simbolico, almeno a detta di Alfano, questo discrimine serve per concepire un istituto giuridico inferiore a quello riservato solo ad una parte dei cittadini. Sono stati barattati diritti in cambio di qualche manciata di voti e dell'unità nazionale tanto cara ai governi trasformisti.

Quanto di tutto questo fosse un piano già previsto non è dato sapere. Non entriamo neppure nella polemica di chi cerca di puntare il dito su una fazione politica o l'altra. C'era una possibilità, ed evidentemente la poca determinazione messa in campo per attuarla dimostra che non c'era tra le forze politiche coinvolte – e con capacità di essere incisive – la volontà di far passare questa legge. Nessuno escluso.

Le unioni civili hanno visto un iter di approvazione e una discussione in merito che farebbe vergognare qualsiasi paese democratico e “civile”. Sembra che in Italia si stia spingendo per tornare al passato piuttosto che vivere il proprio presente. E non basta accontentarsi del fatto che un poco si è ottenuto ed il resto verrà sistemato dai giudici che – di volta in volta – valuteranno i casi.

Quindi cosa rimane? Rimangono le piazze piene che chiedevano, e chiederanno, diritti. Individuali e di coppia. Le migliaia di persone che, riempiendo le strade e le città, dichiaravano determinate di voler vivere il proprio presente e il proprio futuro in una società accogliente e non discriminatoria. Ora più che mai è necessario che questo primo passo di estensione dei diritti (seppur minimo e insufficiente) non sia strumento per neutralizzare la spinta verso la conquista di nuovi, ma piuttosto il trampolino di lancio di una lotta che deve allargarsi e ampliare i propri confini.

Migliaia di persone che non possono – speriamo – accettare che un passo importante come il riconoscimento sociale delle coppie, e dei legami, omosessuali sia un gagliardetto arcobaleno sul bavero di chi ha dichiarato di “aver impedito una rivoluzione contronatura” o di un partito della Nazione che sostiene che “ha vinto l'amore” – salvo poi quotidianamente mettere in campo politiche atte ad stringere sempre più la maglia dei diritti, che siano in ambito lavorativo, del welfare o delle decisioni in merito ai territori che viviamo – certo dimenticandosi che “solo d'amore nun se vive”.