Ancora fogli di via: il caso di C. e di Bari

12 / 4 / 2017

Continua in tutta Italia l’ondata di fogli di via ad attiviste ed attivisti che, in varie forme, stanno mettendo a disposizione il proprio tempo, le proprie forze e le proprie intelligenze per costruire lotte e percorsi di movimentazione sociale. Dopo le decine di fogli di via dati dalla Questura di Roma in occasione della manifestazione contro il vertice UE del 25 marzo, quattro persone sono state colpite dallo stesso provvedimento a Bari, in vista delle mobilitazioni che si terranno nel capoluogo pugliese in occasione del G7 della Finanza (11-13 maggio). Si tratta di fogli di via preventivi, che rendono il dispositivo ancora più invasivo della libertà individuale, nonché più pericoloso, in termini giuridici e politici, per qualsiasi ambito di dissenso.  Una delle persone allontanate da Bari per 3 anni è C., attivista del collettivo di mutuo soccorso Non Solo Marange e di Non Una Di Meno (leggi qui il comunicato di solidarietà del nodo barese), che nel 2011 ha dato vita, insieme ad altri compagni e compagne, all’esperienza di Villa Roth, Villa Roth, spazio sociale e abitativo in cui hanno trovato rifugio diversi migranti esclusi dai piani d’accoglienza cittadini e regionali. Un’esperienza che si è conclusa con lo sgombero e con 15 persone rinviate a giudizio. Le motivazioni addotte dalla Questura di Bari relative ai fogli di via si riferiscono proprio a questi procedimenti giudiziari. Alcuni giorni fa C. ha scritto una lettera, che pubblichiamo di seguito tratta da Abbattoimuri, con la quale decide di rendere pubblica la propria storia. Giovedì 13 aprile alle 18 ci sarà a Bari, in piazza Libertà, una manifestazione contro repressione e criminalizzazione delle lotte sociali, inserita all'interno della campagna #SeMiCacciNonVale.

«Ciao, dopo aver passato dei giorni difficili, ho scritto questa lettera per raccontare la mia storia, perchè non ho più voglia di rimanere in silenzio.

Quella che sto per raccontarvi è un’ordinaria storia di repressione. Comincia sei anni fa, quando a Bari fu occupato uno spazio abbandonato dalla Provincia. L’occupazione si chiamava Villa Roth ed era un posto meraviglioso, uno spazio sia abitativo che sociale in cui vivevano famiglie migranti, senzatetto italiani, student* e precar*, fra quelle mura eravamo una grande famiglia e abbiamo costruito iniziative musicali, politiche, sociali. Siamo stati bene e abbiamo fatto del bene, e non mi pentirò mai di questa scelta.

Poi nel 2013 l’occupazione è stata sgomberata. Il Comune, acquisendola dalla Provincia, le ha dato la stessa destinazione d’uso, concedendola a dei rifugiati che da mesi vivevano in una tendopoli. Cionostante 15 persone (migranti e senza fissa dimora compresi) sono state rinviate a giudizio per occupazione e furto di corrente e acqua. Una storia come tante quando si parla di occupazioni.

Sono passati 3 anni e sembrava tutto ormai passato. Dopo quell’esperienza mi ero un po’ allontanata dall’attivismo politico, soprattutto dalle iniziative nazionali. Ma a settembre con delle amiche decidiamo di dare inizio a un laboratorio di genere, basato sul modello dei gruppi di autocoscienza. Tutto va a gonfie vele, e con interesse assistiamo alla nascita del movimento Non una di meno in Italia, partecipiamo alla manifestazione a Roma, ai tavoli a Bologna, contribuiamo alla nascita di un nodo del movimento barese.
Poi, l’inaspettato. Agli imputati per il processo di Villa Roth non residenti a Bari a fine Marzo arriva una notifica a casa. Avviso di foglio di via, la motivazione sono appunto i reati per cui siamo imputati. Dieci giorni per presentare una memoria, 30, al massimo, per andarsene. Io sono una dei destinatari di questo provvedimento. Seppur ormai dottoressa magistrale, la mia residenza era ancora a casa dei miei genitori, come capita a tante altre studentesse fuorisede.

Ora che mi vogliono sbattere fuori da questa città in cui vivo da 9 anni, che mi vogliono far perdere le mie relazioni, i miei contatti di lavoro ( seppur precari) e di ricerca, penso che questa sia la violenza più grande che io abbia mai subito in vita mia. Fa ancora più male sapere che quello che sto pagando a caro prezzo è un capriccio del Viminale, che evidentemente vuole mettere le cose in chiaro in vista del G7. Già, poiché io sono una semplice attivista, e a Bari si terrà il G7 finanziario dall’11 al 13 Maggio. E cosa conta la mia piccola vita davanti ai grandi dell’economia? Nulla, è evidente, così come nulla contano le nostre vite precarie e sfruttate.

Per questo car* compagn* vi scrivo. Perché la nostra lotta è una lotta contro chi dà più valore agli interessi economici che alla vita umana. Perché la violenza di chi ha il potere di decidere si scaglia con rabbia sempre più cieca nei confronti di chi pensa ancora che il suo posto non sia solo quello di lavoro. Allora continuiamo a dare voce a chi ancora alza la testa e si ribella: agli stereotipi, alle leggi ingiuste, alle catene.
Vi regalo la mia storia, la mia rabbia e il mio amore.
C.»