Dentro ed oltre il #16O

Dopo le mobilitazioni studentesche del #10O e verso il divenire sociale dello sciopero del #14N

14 / 10 / 2014

Il 16 ottobre i facchini di tutta Italia sciopereranno per portare avanti una piattaforma generale di rivendicazioni. Da Milano a Napoli, da Bologna ad Ancona, da Parma a Torino, per un'intera giornata i lavoratori di questo settore, tanto strategico per l'economia contemporanea quanto oggetto di forte sfruttamento, incroceranno le braccia per chiedere maggiori diritti e salari: possibilità di scegliere se essere socio o lavoratore, malattia e infortuni pagati al 100%, pieno accesso agli ammortizzatori sociali. Sono ormai almeno tre anni che nella logistica si è sviluppato un movimento di lotta generalizzato e diffuso che, opponendosi al sistema marcio delle cooperative, è riuscito a strappare migliori condizioni di vita e lavoro tramite vertenze dure e manifestazioni di solidarietà. Protagonisti di queste lotte sono stati perlopiù facchini e facchine migranti e nuove sigle sindacali che hanno avuto il merito di anteporre alla logica della contrattazione quella della rivendicazione.

Un movimento quello dei lavoratori della logistica che sembra andare in controtendenza rispetto al resto del paese dove il governo Renzi ha appena ricevuto un mandato in bianco dal Parlamento per smantellare le ultime tutele rimaste all'interno del mondo del lavoro. La retorica del nuovismo (“bisogna cambiare”) e quella dei garantiti (“c'è chi ha tanto e chi ha poco”) sono servite al premier per giustificare l'elaborazione della seconda parte del JobsAct, che insieme al decreto Poletti riscrive a fondo le regole del rapporto capitale/lavoro in Italia. Riforma degli ammortizzatori sociali, delle forme contrattuali e dei centri per l'impiego: la logica di fondo è quella di legare sempre di più il welfare alla prestazione lavorativa e sottomettere quest'ultima all'arbitrio costante del datore di lavoro. Il risultato non sarà di certo quello di aumentare i livelli occupazionali, né di rimettere in moto la crescita o di migliorare le retribuzioni (a riguardo la proposta di versare direttamente il tfr ogni mese in busta paga piuttosto che alla fine suona come una pessima mossa di ragioneria politica). L'obiettivo vero del JobsAct è quello di distruggere qualsiasi residua forma di autonomia da parte dei lavoratori rispetto alla controparte padronale. Il tentativo di introdurre un contratto a tutele crescenti e farla finita con l'articolo 18 è esemplificativo di tutto ciò: proviamo ad immaginarci se le lotte della logistica avessero potuto esprimere la stessa radicalità qualora le cooperative avessero potuto licenziare senza giustificazioni i facchini più “problematici”. La risposta è scontata. Ancora più preoccupante però è la mancanza di un'opposizione sindacale forte a queste politiche da parte dei confederali, ormai più cinghia di trasmissione del potere che associazione di parte.

Di fronte ad una delle più grosse rapine politiche degli ultimi anni, furto di diritti e salari, le lotte della logistica parlano a tutti noi, all'intera società e ci dicono che, pur con mille difficoltà, è ancora possibile e giusto rivendicare una vita e un lavoro migliore. Ci dicono che è uniti è possibile vincere. Ci dicono che non è necessario avere alle spalle grossi sindacati o partiti per organizzarsi. Ci dicono che la lotta sul salario assume sempre di più i contorni di una lotta per i tempi e le forme di vita. Ci dicono che la solidarietà è un'arma potente perché se toccano uno toccano tutti. Ci dicono che la tristezza della rassegnazione non ha spazio quando si ha il coraggio di costruire nuovi diritti.

Per questo giovedì 16 ottobre saremo in tanti e tante davanti ai cancelli dei magazzini della logistica, davanti alle prefetture in corteo nelle città dove siamo presenti, perché non sarà qualcun altro a dirci come e quando cambieranno le cose, perché saremo noi a cambiare il nostro presente, perché di fronte alla rassegnazione e alla complicità possiamo reagire solo con la gioia della lotta, come hanno fatto studenti e insegnanti il 10 ottobreriprendendosi il diritto all'istruzione contro il patto educativo Renzi/Giannini (altroché “buona scuola”), come faremo il 14 novembre dando vita insieme a tanti e tante ad uno sciopero sociale diffuso e generalizzato.