Dibattito Polveriera Italia, "Il Dal Molin è solo l'inizio"

Site Pluto è entrato a gamba tesa nel dibattito con Ira Conti e Antonio Mazzeo che si è svolto al Festival No Dal Molin per i beni comuni nella serata del 29 agosto.

30 / 8 / 2012

E’ stata Ira Conti – del comitato friuliano “Per altre strade” - a descrivere ai tanti vicentini presenti cosa significa avere un centro d’addestramento nel cuore dei luoghi che si abitano, ma anche quali sono i nessi tra territori geograficamente distanti – come Vicenza e Forni, in Friuli – ma militarmente legatissimi. La sua terra – Valle di Sauris – è stata per decenni un poligono di tiro nel quale artiglierie e fanterie si sono cimentate alla guerra, demolendo interi crinali dei monti. Nel 1979 una mobilitazione straordinaria ha coinvolto la popolazione locale (raccontata, perché una volta accadeva anche questo, da tutti i media nazionali) con 2.000 persone che hanno invaso il poligono di tiro imponendo lo stop alle esercitazioni. Ma negli ultimi anni sono giunti nuovi segnali allarmanti: «i militari che arrivaveranno a Vicenza – ha spiegato Ira Conti – dovranno esercitarsi, e tra i siti individuati c’è anche il nostro territorio. Ufficialmente tutti dicono di non saperne niente, ma la popolazione è preoccupata e pronta a mobilitarsi».

Che di militari a Vicenza ne arriveranno tanti, lo conferma anche Antonio Mazzeo. «Era ovvio – ha sottolineato il giornalista – che, aperte le porte alla base al Dal Molin, la militarizzazione del territorio non si sarebbe fermata. I processi di milirizzazione, al contrario, sono appena all’inizio: portare militari significa trovare luoghi sul territorio dove addestrarli. E Longare risponde proprio a quest’esigenza. A Vicenza, peraltro, opera la scuola di addestramento per le forze armate africane (presso il Coespu) e, guardacaso, Vicenza è diventata il centro di comando di Africom. Nella città berica si sono addestrati anche i militari libici, poi diventati nemici, e quelli malesi, autori del colpo di Stato che preoccupa tanto l’occidente».

Sono i numeri a fare di Vicenza un centro nevralgico della nuova struttura strategica statunitense; «è sufficiente – ha ricordato Mazzeo – spulciare il bilancio militare Usa previsto per il 2012. Le sorprese non mancano: per esempio, l’investimento che l’esercito ha chiesto pr Site Pluto non è di 21 milioni di dollari, (come racconta la stampa locale, ndr), bensì di 32 milioni. Nell’ultima decade gli Stati Uniti hanno investito nell’area vicentina 500 milioni di dollari: significa che considerano Vicenza un asse fondamentale delle guerre del domani».

Cifre, quelle appena citate, che alcuni potrebbero usare come conferma che la presenza statunitense porta ricchezza ai territori che ospitano installazioni militari; la realtà è che «ad arricchirsi non sono le popolazioni, ma alcune grandi aziende, sempre le stesse, che si arricchiscono: Cmc, CCC, Pizzarotti, Maltauro, Costruzioni Andrioli e due aziende tedesche; la Siemens, in particolare, ha realizzato molte opere di cablaggio, tra le quali quella di Site Pluto, nel 2008». Poche aziende che beneficiano di enormi investimenti, mentre ai cittadini restano i danni collaterali e le spese (tra cui il famoso contributo alle spese di gestione e mantenimento dell’apparato militare pari al 41% del totale, a carico del contribuente italiano).

Ma sarebbe un errore guardare a Vicenza come a una struttura militare a se stante; la presenza statunitense in Italia, infatti, si è riarticolata in poli: quello rappresentato dall’asse Vicenza-Aviano, quello toscano, il polo campagno, quello pugliese, quello siciliano e quello calabro. La presenza militare nodamericana è cambiata negli ultimi anni in base alle nuove esigenze geopolitiche, orientandosi verso l’Africa e il Medioriente, e proponendo un riarmo nucleare nel quale «l’arma atomica diventa più flessibile, ma anche più diffusa». Tanto è vero, ha ricordato Mazzeo, che «le nuove testate nucleare studiate a Chicago hanno la possibilità di essere trasportate da una pluralità di veivoli, tra i quali gli F 35» di cui si è tanto parlato in Italia per la spesa enorme che il nostro Paese ha deciso di affrontare.

«Tutto ciò – ha continuato il giornalista – comporta ulteriore occupazione di territorio. E, infatti, l’Italia è l’unico paese in ambito Nato che, negli ultimi anni, ha avuto processi di militarizzazione enormi».

Le scelte statunitensi risponono a una logica di lungo periodo e non alla semplice congiuntura, che guarda ai decenni futuri in un’ottica di costante controllo del globo. «La strategia Usa – ha spiegato Mazzeo – prevede due tappe temporali, il 2030 e il 2050. Il loro problema è la discrezione umana: qualcuno potrebbe sempre porsi delle domande sugli obiettivi che colpisce e sugli errori che può commettere. Hanno imparato in Vietnam che le guerre si perdono sul fronte interno. Ecco perchè vogliono disumanizzare la guerra, utilizzando sempre più veivoli senza pilota e, negli anni, informatizzando l’intera catena di gestione della guerra. Il primo obiettivo se lo sono posti, appunto, per il 2030; il secondo per il 2050. La guerra, insomma, subirà una metamorfosi: se nei millenni alle nostre spalle l’essere umano si è sempre assunto la responsabilità di fare la guerra, in futuro saranno le macchine ad avere il controllo completo delle battaglie e dei bombardamenti. Un modello – questo – che vive di infratrutture devastanti come il MOUS di Niscemi (uno dei 4 terminali terrestri del nuovo sistema di comunicazione Usa) che ha un impatto elettromagnetico devastante per un raggio di 150 km».

«Di fronte a questa situazione – ha concluso Mazzeo – non possiamo limitarci a guardarci in faccia. E’ urgente evidenziare i nessi tra crisi economica e guerra, tra conflitti e profitti, tra appararato industriale e militare. Dobbiamo confrontarci, trovare spazi comuni, costruire percorsi che intreccino le questioni del lavoro e l’opposizione alla guerra, la difesa della terra e la mobilitazione contro le servitù militari».

Un invito, quello del giornalista, colto al volo dai presenti: «nei prossimi giorni – ha sottolineato Francesco Pavin – ci confronteremo, poi lanceremo la prima iniziativa di mobilitazione: non vogliamo un centro d’addestramento a Site Pluto, ma la sua completa demilitarizzazione».

Strategia usa prevede 2 tappe chiave: una entro il 2030, una entro il 2050. Usa vogliono rottura della guerra sempre conosciuta. Modello 2030 è guerra a distanza perché Usa hanno imparato che guerre si perdono su fronte interno. Guerra disumanizzata, ma problema resterà che il controllo è da terra. Problema Usa è problema di coscienza: obiettivo 2050 è automatizzare tutto il sistema di guerra per rimuovere discrezionalità umana e rendere perfettamente efficiente la guerra.

In Sicilia nella riserva naturale di Niscemi si sta realizzando uno dei 4 terminali terrestri di comunicazion utile alla guerra disumanizzata. Ad arricchirsi è la Gemmo Impianti SPA che ha speso 15 mila euro nella campagna elettorale siciliana per campagna elettorale di Raffaele Lombardo. Impatto elettromagnetico devastante per 150 km. “Gemmo Spa ha consentito di violare la normativa antimafia per la quale Pio Latorre è stato assassinato 30 anni fa”. Gemmo ha affidato lavori a società a cui Prefettura ha tolto certificato antimafia e ha consentito questo. Il filo rosso tra imprenditoria e mafia è il vero problema.

Di fronte a questi scenari non possiamo continuare a limitarci a guardarci in faccia. E’ necessario costruire i nessi tra mobilitazioni, evidenziando i tanti collegamenti tra la sempre peggiore situazione sociale e la costante militarizzazione dei territori e dei rapporti internazionali

"Polveriera Italia", intervista ad Antonio Mazzeo