Firenze - Nove mesi a Checco, arrestato al corteo #cechidiceno a novembre

16 / 5 / 2017

Si è concluso ieri il processo a carico di Checco, compagno del Centro Sociale Rivolta di Marghera, arrestato a Firenze il 5 novembre durante le cariche che impedirono al corteo #cechidiceno di dirigersi verso la Leopolda dove era in corso la grande kermesse per il SI al referendum costituzionale, indetta dall'allora premier Matteo Renzi.

Nove mesi di reclusione per resistenza aggravata, questa la sentenza, mentre le richieste della Procura andavano ben oltre i tre anni. Checco, unico fermato in piazza, è divenuto il capro espiatorio sulla testa del quale emettere una sentenza esemplare: questo il clima che si è respirato nelle aule del dibattimento.

Tra novanta giorni saranno pubbliche le motivazioni della sentenza, quando toccherà ai legali lavorare al ricorso in appello, ma prima e al di là di ogni elemento tecnico-giuridico ora dobbiamo stringerci attorno ad un compagno generoso e tenace e gridare a tutta forza, di nuovo, Checco libero! Libertà di dissentire!

A Checco è toccato lo spiacevole ruolo dell'uno da colpire "per educarne altri cento". Questo è stato chiaro fin da subito, dai fatti di piazza che possono essere compresi se e solo se li si legge calati nel clima politico della campagna di consenso che Renzi stava imponendo prima del referendum sulla riforma costituzionale.

Manifestare a Firenze è stata una conquista: ricordiamo settimane di tira-e-molla con la Questura, l'aggressione della DIGOS alla conferenza stampa davanti la Leopolda, il "divieto completo a manifestare" comunicato dalla Questura due giorni prima di una manifestazione indetta da mesi, la piazza conquistata dalla determinazione delle migliaia di persone che non vollero accettare alcun bavaglio, infine l'aggressione allo striscione portata avanti da parte di un imponente schieramento di celere al primo accenno di movimento.

Il regime autocratico di Renzi aveva già deciso come doveva finire e come bisognava narrare la contestazione fiorentina, ricordiamo le parole di Diego Nardella, sindaco e alter-ego in città di Renzi: "In piazza c'erano solo persone incappucciate desiderose di usare violenza contro la città e che volevano solo sfasciare Firenze". Ebbene, proprio la radicalità espressa quel giorno è stata volano per la grande manifestazione di Roma svoltasi il 27 novembre, con cinquantamila persone in piazza a dare corpo a quel NO! sociale così ben radicato nei territori e nelle lotte sostenute dai più variegati segmenti della società.

Renzi ha poi subito la dèbacle nelle urne del 4 dicembre, proprio laddove cercava la propria legittimazione politica come leader ed unico detentore del potere. Contestato da ogni piazza attraversata, sconfitto nel voto da lui stesso voluto, non gli rimasero che le dimissioni: entrambe le manifestazione sono state decisive, in termini di indicazione politica e di consenso sociale.

Reclamare l'immediata assoluzione di Checco non è solo un atto di giustizia chiesto dai suoi compagni e compagne o dalle realtà di movimento. Questa assoluzione andrebbe concessa innanzitutto per "meriti politici": ci sembra il minimo da sostenere per chiunque si sia riconosciuto nelle battaglie per il NO sociale.