Gorino e le vergognose barricades

26 / 10 / 2016

I rivoltosi parigini che verso la fine del Cinquecento usarono per la prima volta le famose barricades, le barricate, contro le truppe del re Enrico III, si staranno letteralmente rivoltando nella tomba alla vista delle più contemporanee barricate erette a Gorino, provincia di Ferrara, proprio ieri, da facinorosi cittadini del paesino (600 abitanti) per bloccare un pulmino che stava trasportando una quindicina di migranti (donne e bambini, sic!) in un ostello del paese. Pedane in legno, furgoncini pronti in caso di evenienza, una quarantina di persone a bloccare l’accesso principale e un’altra quarantina ad occupare l’ostello – bar, ex asilo nido, mandando in scena una delle peggiori pagine di razzismo degli ultimi anni. Non l’unica, purtroppo. A Quinto di Treviso, Pianura Padana, nel luglio del 2015, in concomitanza con l’arrivo di un centinaio di migranti, i residenti, capeggiati da Lega Nord e Forza Nuova, hanno cominciato a picchettare la zona con tanto di tende all’urlo di “Paroni a casa nostra”, aizzati e difesi dai maggiori esponenti leghisti tra cui, manco a dirlo, il governatore Zaia. 
Qualche settimana fa, tra la provincia di Padova e quella di Rovigo, Frank Afrifa, un libraio ghanese in Italia da decenni, viene picchiato mentre se ne torna beatamente a casa in bicicletta dopo una dura giornata di lavoro. Viene scambiato per un profugo del vicino Centro di accoglienza. 
Ieri l’episodio di Gorino Ferrarese, fino a qualche giorno fa tranquillo paesino adagiato sulle rive del Grande Fiume, il Po, spartiacque tra due regioni ma legante fluido del grande spirito padano che, proprio nelle campagne ferraresi, espande le sue propaggini. Una volta terra di un oramai sepolto Partito Comunista, oggi miscuglio del più becero indipendentismo padano condito dal populismo pentastellato e dal macho – fascismo salviniano, erede del più “nobile” celodurismo coniato dal sempreverde Umberto Bossi. Sì perché la realtà, per quanto cruda possa essere, è proprio questa: l’Emilia Romagna, non tutta, per carità, è la culla del comico a Cinque Stelle e dell’uomo con la felpa verde. Indicativi gli exploit elettorali in Regione del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord, quest’ultima, in particolare, calata pian piano verso il Sud Italia.
E sia chiaro, i leghisti hanno un ruolo di primo piano rispetto ai fatti di Gorino. In particolare Nicola Lodi, detto Naomo (per una battuta, che lascio intendere, alla più famosa Naomi Campbell), tronfio aizzatore di folle, salviniano della prima ora, a fianco degli abitanti del paese in rivolta dall’inizio alla fine e sempre pronto a ricevere scrosci di applausi con battute e discorsi che rasentano il più becero razzismo.
E guai a pensare che le barricate e l’occupazione dell’ostello abbiano coinvolto “qualche paesano”; ottanta persone, su seicento, sono un buon numero per dire che il paese è sceso in strada, esclusi vecchi e bambini. In quella strada c’erano probabilmente anche i figli, i nipoti, i pronipoti dei tantissimi emigranti ferraresi che dall’inizio del Novecento, e per molti decenni, sono scappati da una terra paludosa e infausta in cerca di fortuna e di una nuova vita. Speriamo, che anche loro, non si siano rivoltati nella tomba.
A gettare benzina sul fuoco di una situazione già incandescente, la gestione dei migranti da parte di una Prefettura, quella di Ferrara, che, un po’ sulla falsariga nazionale, applica strategie emergenziali requisendo con effetto immediato l’ostello di Gorino (la circolare della Prefettura è datata 24 ottobre) per adibirlo a struttura di accoglienza rinvigorendo, da una parte, i peggiori rigurgiti xenofobi e gestendo, dall’altra, il “problema” profughi come dei pacchi postali (notizia di oggi, 25 ottobre, la Prefettura avrebbe fatto marcia indietro e dirottato i migranti in un’altra zona).
Inutile dire che si tratta di vero e proprio razzismo di Stato.
Ai fatti di Gorino fa da contraltare, proprio nelle stesse ore, la Città Ribelle, Napoli, esempio di accoglienza e dignità per 500 rifugiati arrivati domenica. In questa città le barriques si fanno per impedire la chiusura di ospedali e difendere la propria terra dalle devastazioni ambientali perpetrate da politici corrotti e miopi.
Le politiche che regolano i flussi migratori, in Italia come in tutta Europa, sono fallite da anni lasciandoci in eredità un isolazionismo novecentesco connotato da campi profughi, chiusura di confini, muri e filo spinato scavando così una frattura sempre più profonda tra società degna e masse manovrate dalla peggiore sottocultura xenofoba. Gorino ne è un esempio!

Tratto da: Melting Pot