Da Euronomade

Grecia - La conquista del tempo e dello spazio per battere l'austerity

Europa. Guardare al conflitto tra il governo Tsipras e la Ue oltre la contrapposizione «ritirata e vittoria»

24 / 2 / 2015

 E' dun­que vero che alla fine, come tito­lano molti gior­nali in Ita­lia e in Europa, Atene ha ceduto all’Eurogruppo (la Repub­blica), compiendo il primo passo verso il ritorno all’austerity (The Guar­dian)? È comin­ciata la «riti­rata» di Syriza, come sosten­gono molti lea­der della stessa sini­stra interna del par­tito greco?

È pre­sto per for­mu­lare un giu­di­zio com­ples­sivo e fon­dato sugli accordi defi­niti all’interno della riu­nione dell’Eurogruppo di venerdì: molti aspetti tec­nici, ma di grande impor­tanza poli­tica, saranno resi noti sol­tanto nei pros­simi giorni. Vor­remmo tut­ta­via pro­vare a sugge­rire un diverso metodo di ana­lisi dello scon­tro che non ha soltanto con­trap­po­sto il governo greco alle isti­tu­zioni euro­pee, ma ha anche mostrato più di una crepa all’interno di que­ste ultime. Sulla base di quali cri­teri dob­biamo giu­di­care l’azione di Tsi­pras e Varoufa­kis, misu­ran­done l’efficacia? È que­sta la domanda che ci inte­ressa porre.

Vale la pena di ripe­tere che lo scon­tro aperto dalla vit­to­ria di Syriza alle ele­zioni gre­che si svolge in un momento di crisi acuta e dram­matica in Europa. Le guerre che mar­cano a fuoco i con­fini dell’Unione Euro­pea (a est, a sud, a sudest), le stragi di migranti nel Medi­ter­ra­neo non sono che l’altra fac­cia dei pro­cessi in atto di scompo­si­zione dello spa­zio euro­peo, che la crisi eco­no­mica ha accele­rato in que­sti anni e che destre più o meno nuove, più o meno raz­zi­ste e fasci­ste caval­cano in molte parti del con­ti­nente. In que­ste con­di­zioni, le ele­zioni gre­che e la cre­scita di Pode­mos in Spa­gna hanno aperto una straor­di­na­ria occa­sione, quella di rein­ven­tare e riqua­li­fi­care a livello euro­peo una poli­tica radi­cale della libertà e dell’uguaglianza.

FORZARE I LIMITI DEL CAPITALISMO

Die­tro l’apertura di que­sta occa­sione ci sono, tanto in Gre­cia quanto in Spa­gna, le for­mi­da­bili lotte di massa con­tro l’austerity. Ma lo sviluppo di que­ste lotte, nella loro dif­fu­sione «oriz­zon­tale», si è trovato di fronte limiti altret­tanto for­mi­da­bili: la posi­zione di dominio del capi­tale finan­zia­rio all’interno del capi­ta­li­smo contempo­ra­neo e l’assetto dei poteri euro­pei, modi­fi­cato da quella che abbiamo defi­nito una vera e pro­pria «rivo­lu­zione dall’alto» nella gestione della crisi.

Il punto è che, non appena Syriza è riu­scita a inne­stare sull’orizzontalità delle lotte un asse «ver­ti­cale», por­tan­done le rivendi­ca­zioni e il lin­guag­gio fin den­tro i palazzi euro­pei, si è immedia­ta­mente tro­vata di fronte que­gli stessi limiti. Si è scon­trata con l’assetto attuale dei poteri euro­pei e con la vio­lenza del capi­tale finan­zia­rio. Sarebbe dav­vero inge­nuo pen­sare che il governo greco, che un sin­golo Paese euro­peo (anche di mag­gior peso demo­gra­fico ed eco­no­mico della Gre­cia) possa spez­zare que­sti limiti. Se ce ne fosse stato ancora biso­gno, quanto è acca­duto in que­sti giorni dimostra chia­ra­mente che non è sulla base di una sem­plice rivendicazione di sovra­nità nazio­nale che una nuova poli­tica della libertà e dell’uguaglianza può essere costruita.

I «limiti» di cui si è detto, tut­ta­via, ci appa­iono oggi in una luce diversa rispetto a qual­che mese fa. Se le lotte ne ave­vano mostrato l’insostenibilità, la vit­to­ria di Syriza, la cre­scita di Pode­mos e la stessa azione del governo greco comin­ciano ad allu­dere alla rea­li­stica pos­si­bi­lità di supe­rarli. Era evi­dente, e lo aveva chia­rito tra gli altri lo stesso Ale­xis Tsi­pras, che non sarebbe stata suf­fi­ciente una semplice affer­ma­zione elet­to­rale per fare que­sto. Si tratta di aprire un pro­cesso poli­tico nuovo, per costruire e affer­mare mate­rial­mente una nuova com­bi­na­zione, una nuova cor­re­la­zione di forze in Europa.

Diceva Lenin che ci sono situa­zioni in cui biso­gna cedere spa­zio per gua­da­gnare tempo. Se appli­chiamo que­sto prin­ci­pio, oppor­tu­na­mente modi­fi­cato, alla valu­ta­zione degli «accordi» di venerdì scorso possiamo forse scom­met­tere (con l’azzardo che è costi­tu­tivo di ogni poli­tica radi­cale) sul fatto che il governo greco abbia ceduto «qualcosa» per gua­da­gnare tempo e per gua­da­gnare spa­zio. Ovvero, per disten­dere nel tempo l’occasione che si è aperta in Europa nella pro­spet­tiva, resa pos­si­bile anche dalle pros­sime sca­denze elet­to­rali in Europa (a par­tire dalla Spa­gna, ma non solo), che altri «spazi» vengano inve­stiti e «con­qui­stati» dal pro­cesso poli­tico nuovo di cui si diceva.

Que­sto pro­cesso poli­tico, per avere suc­cesso nei pros­simi mesi, non potrà che arti­co­larsi su una mol­te­pli­cità di livelli, com­bi­nando lotte sociali e forze poli­ti­che, com­por­ta­menti e pra­ti­che dif­fuse, azione di governo e costru­zione di nuovi con­tro­po­teri in cui si esprima l’azione dei cit­ta­dini euro­pei. In par­ti­co­lare, nel momento in cui ricono­sciamo l’importanza deci­siva di un’iniziativa sul ter­reno istituzio­nale quale quella che Syriza ha comin­ciato a pra­ti­care e Pode­mos con­cre­ta­mente pre­fi­gura, dob­biamo anche essere con­sa­pe­voli dei suoi limiti.

In un lungo arti­colo (a suo modo straor­di­na­rio), pub­bli­cato nei giorni scorsi dal Guar­dian («How I became an erra­tic Mar­xist»), Yanis Varou­fa­kis ha mostrato di avere una con­sa­pe­vo­lezza molto pre­cisa di que­sti limiti. Fon­da­men­tal­mente, ha affer­mato, quel che un governo può fare oggi è cer­care di «sal­vare il capi­ta­li­smo euro­peo da se stesso», dalle ten­denze auto-distruttive che lo attra­ver­sano e minacciano di aprire le porte al fasci­smo. Ciò che in que­sto modo è pos­si­bile è con­qui­stare spazi per una ripro­du­zione del lavoro, della coo­pe­ra­zione sociale meno segnata dalla vio­lenza dell’austerity e della crisi – per una vita meno «misera, sgra­de­vole, bru­tale e breve». Non è un governo, insomma, a potersi far carico della mate­riale aper­tura di alter­na­tive oltre il capitalismo.

Leg­gendo a modo nostro l’articolo di Varou­fa­kis, pos­siamo concludere che quell’oltre (oltre il sal­va­tag­gio del capi­ta­li­smo euro­peo da se stesso, in primo luogo) indica il «con­ti­nente» poten­zial­mente scon­fi­nato di una lotta sociale e poli­tica che non può che eccedere la stessa azione di governi come quello greco e ogni perime­tra­zione isti­tu­zio­nale. È all’interno di quel con­ti­nente che va costruita la forza col­let­tiva da cui dipende quello che sarà realisticamente pos­si­bile con­qui­stare nei pros­simi mesi e nei prossimi anni. E il ter­reno su cui que­sta forza deve essere orga­nizzata ed eser­ci­tata non può che essere l’Europa stessa, nella prospet­tiva di con­tri­buire a deter­mi­nare una rot­tura costi­tuente all’interno della sua storia.

IL BLOCCO DI FRANCOFORTE

La mobi­li­ta­zione con­vo­cata dalla coa­li­zione Bloc­kupy a Fran­co­forte per il 18 marzo, il giorno dell’inaugurazione della nuova sede della Bce, acqui­sta da que­sto punto di vista una par­ti­co­lare impor­tanza. È un’occasione per inter­ve­nire diret­ta­mente nello scon­tro in atto a livello euro­peo (e dun­que per soste­nere l’azione del governo greco), andando oltre una gene­rica con­te­sta­zione dei sim­boli del capi­tale finan­zia­rio, della Bce e delle tec­no­strut­ture «post-democratiche» di cui ha par­lato Jür­gen Haber­mas. Ma è anche un momento di veri­fica delle forze che si muo­vono in quell’«oltre» senza con­so­li­dare il quale (è uno dei para­dossi del nostro tempo) la stessa azione di governi e par­titi che si bat­tono con­tro l’austerity è desti­nata all’impotenza.

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