Era nell’aria da tempo il tanto atteso recepimento della direttiva 2009/CE/52 che prevede l’attuazione di norme di contrasto al lavoro nero ed allo sfruttamento. Le prime indiscrezioni che trapelano da Palazzo Chigi sembrerebbero addirittura andare oltre le più rosee previsioni.
Il Governo, come auspicato ed annunciato da tempo, avrebbe messo sul tavolo e sdoganato definitivamente la direttiva 52 con l’applicazione di pene più severe per i datori di lavoro che impieghino lavoratori in nero e nel contempo con la previsione della possibilità, in taluni casi, di accedere ad un permesso di soggiorno temporaneo per i lavoratori che denuncino il proprio aguzzino e collaborino durante la fase processuale.
Oltre le aspettative sembrerebbe andare invece la previsione di una norma transitoria che permetta la regolarizzazione della posizione dei datori di lavoro che impieghino lavoratori senza contratto (dietro il pagamento dei contributi per almeno 3 mesi e di una cifra forfetaria di 1.000 euro).
Non è difficile accogliere con apprezzamento le novità proposte. Se il tenore delle norme fosse quello annunciato si tratterebbe certamente di una miglioria ad una normativa sull’immigrazione tra le più pesanti d’Europa.
Di contro, i profili disegnati dallo schema di decreto fino ad oggi reso pubblico sono ben lontani da liberare dalla condizione di ricatto chi è costretto ad accettare condizioni di lavoro indegne per garantirsi non solo il diritto alla sussistenza ma anche quello all’esistenza in questo paese.
Le pene più severe adottate nei confronti dei datori di lavoro hanno
risvolti importanti soprattutto per ciò che concerne la possibilità
degli stessi, una volta macchiatisi di tali reati, di accedere ancora
alle procedure di assunzione attraverso i flussi di ingresso.
Chi infatti sia stato oggetto di una sentenza, anche non definitiva, per
i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ai fini del
reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo
sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività
illecite; di intermediazione illecita e sfrulttamento del lavoro ai
sensi dell’ articolo 603bis del codice penale; o per il il reato
previsto dal comma 12 (impiego di manodopera priva del pds) non potrà
più presentare domanda.
L’esperienza della sanatoria 2009 ed il sistema di truffe che con essa
abbiamo conosciuto ci insegnano però come sia facile aggirare anche
questo tipo di ostacoli attraverso l’utilizzo di altri prestanome come
datori di lavoro.
Il nuovo comma 12 bis dell’art 22 del TU prevede l’aumento delle pene
per chi impiega un lavoratore sprovvisto del permesso di soggiorno che
saranno quindi aumentate da un terzo alla metà se i lavoratori occupati
sono più di tre, se sono minori in età non lavorativa, se i lavoratori
sono sottoposti a condizioni di lavoro di grave sfruttamento così come
inquadrati dall’articolo 603 bis del Codice Penale:
1) sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme
dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto
alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di
lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e
igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo
per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di
sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
Per ciò che concerne la previsione del rilascio di un permesso di soggiorno agli stranieri che denuncino il proprio aguzzino non si può certo dire che le norme previste incidano particolarmente nello scenario di precarietà lavorativa (senza contratto o sottopagata) che si estende da Nord a Sud di questo Paese e i cui confini tra legalità e legalità sono spesso sfumati. Forme di schiavismo legalizzato sono inquadrate nei contratti dei lavoratori delle cooperative come nelle decine di tipologie contrattuali che permettono ai datori di lavoro di tenere in scacco i lavoratori, che poco hanno da invidiare alle forme del lavoro nero e che spesso rappresentato l’unica possibilità di sussistenza per gli stranieri irregolari.
Potranno accedere ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato dal Questore su parere dell’autorità giudiziaria, valido sei mesi e prorogabile (per noi certamente convertibile) quegli stranieri che abbiano subito forme di sfruttamento lavorativo così come previste dal già citato nuovo comma 12bis dell’articolo 22 del TU.
Per la verità il nostro ordinamento già prevedeva una garanzia (art
18) nei confronti di chi avesse denunciato situazioni particolarmente
pesanti di sfruttamento. Le stesse lacune già registrate in passato,
sembrano però permanere, nonostante un sensibile allargamento del campo
di azione.
Saranno, nel futuro, l’applicazione delle nuove norme e la casistica che
ci verrà offerta che racconteranno i margini di azione più o meno
larghi offerti da i nuovi dispositivi.
Insomma, non potrebbe che essere accolta positivamente una normativa
che andasse nel senso di allargare lo spazio di azione e di rafforzare
gli strumenti in capo ai lavoratori se questa non si limitasse sempre e
solo ad intervenire su situazioni limite (così come elencate
dall’articolo 603 bis del codice penale) che identifichino lo
sfruttamento come una condizione lavorativa caratterizzata da
un’attività organizzata di intermediazione, di reclutando manodopera o
organizzandone ai fini dello sfruttamento mediante violenza, minaccia, o
intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei
lavoratori.
Così come sarà necessario attendere la lettura del testo dell’eventuale
paventata norma di regolarizzazione per cantar vittoria visto che spesso
troppi margini sono lasciati all’azione ed alla facoltà del datore di
lavoro.
Ciò che preoccupa è però il pesante e progressivo sgretolamento delle
garanzie dei lavoratori, stranieri e non, che in generale sono al
centro dell’azione di governo e che neppure una norma volta a coprire il
grave sfruttamento del caporalato può contribuire ad alleggerire.
D’altronde, non possiamo certo accontentarci di un piccolo passo
positivo in favore di alcuni lavoroatori stranieri (basti pensare che
moltissimi braccianti sfruttati nelle campagne sono già titolari di un
permesso di soggiorno) quando lo scenario delle garanzie e dei diritti
rischia di portare ad un espulsione dallo spazio dei diritti di
cittadinanza milioni di persone.
Del resto al contrario accontentarsi significherebbe guardare al mondo
che ci circonda con gli occhi di una piccola lobby felice per i suoi
benefici a scapito delle disgrazie altrui.
Non è questo il mondo che ci appartiene.
Vedi anche:
Schema di decreto per l’attuazione della direttiva 2009/CE/52
La manodopera straniera irregolare in Italia e la tutela dei diritti: “schiavitù di ritorno?”
"Interventi
volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati. Dal disegno
di legge Fornero allo schema di decreto per il recepimento della
direttiva UE 2009/52"