Le stesse rilevazioni statistiche degli orientamenti elettorali diventano, come le agenzie di rating,capaci di spostare i seguenti flussi di voto e quindi le quote di mercato acquisite fino al momento della loro comunicazione ...

Il mercato della politica

di Bz
7 / 2 / 2013

Nel tempo del mercato della politica - ce lo siamo detto, lo abbiamo scritto, ci siamo opposti, niente da fare -  ha vinto il mercato, come si conviene in una parossistica società neoliberista. Lo vediamo continuativamente ribadito dal Grande Venditore che ogni settimana lancia un'offerta nuova nello scambio mercantile del voto politico, con un seguito di lamentazioni da parte degli altri concorrenti Venditori, che va dalla concorrenza sleale al aggiotaggio, senza riuscire a bloccare l'invasività dell'altrui prodotto, che continua ad erodere punti percentuali di mercato.

Lo sappiamo perché le politiche, anche di questo oligopolistico mercato, sono governate dagli spin doctor, che ne cadenzano le campagne di vendita secondo i dettami del moderno marketing, dove la comunicazione detiene lo scettro del potere: il telecomando è lo share, che si reifica in quota di mercato del voto. E la rete quanto vale, quanti mouse, quanti tweet, quanti follower per un telecomando? Come qualsiasi merce, la politica trova il suo gradimento per fasce sociali, determinabili per reddito, età, scolarizzazione, lavoro: ognuno, in relazione ad esse, può scegliere lo strumento che maggiormente gli corrisponde per diventare acquirente votante o amico in attesa di convincimento politico. Le stesse rilevazioni statistiche degli orientamenti elettorali, diventano, come le agenzie di rating, capaci di spostare i seguenti flussi di voto e quindi le quote di mercato acquisite fino al momento della loro comunicazione. Un mercato dei partiti, dunque, quanto mai liquido, fluido, in costante movimento: indefinito fino all'ultimo exit pol.


A questo siamo ridotti, nessun Venditore si sottrae, anzi tutti sgomitano per apparire e/o essere oggetto di discussione in televisione, in rete, in piazza, al bar. Solo noi possiamo sottrarci e staccare loro la spina. Ribadito questo, ci restano un sacco di problemi e di domande irrisolte, su cui è opportuno interrogarci, non tanto per l'oggi quanto per il prossimo domani. Mi limito ad un nodo cruciale e, a mio avviso, il più evidenziato dall'odierno mercato della politica partitica ed istituzionale: la possibile/impossibile rappresentanza politica dei movimenti sociali.


Focalizziamo l'attenzione sulle 3 novità di questa stagione elettorale: l'area dell'astensione, Rivoluzione civile e Movimento 5 stelle; Monti allo scopo non ci interessa.

 

Il non voto si  sta assestando attorno al 25%, è calato nel giro di un mese di 10 punti percentuali, possiamo azzardarne un'ulteriore erosione, tanto da far rimanere l'astensionismo poco sopra al 20%, dunque dentro i consolidati parametri europei sull'affluenza al voto; l'astensione si trasforma, così, da fenomeno da allarme sociale per tutti - rammentiamoci il recente dato elettorale siciliano - ad indicatore standard della disaffezione dei cittadini al voto: l'astensionismo è, dunque, potenzialmente disinnescato.


Rivoluzione civile, viene data, dai bagarini del voto, tra il 4 e il 5%, si piazzerebbe  in Parlamento con un drappello di deputati a testimoniare la residualità di un agglomerato di percorsi politici eterogenei, capaci, al più di perpetuare se stessi, anche a costo, come abbiamo visto, di immolare sull'altare dei banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama, un esperimento politico e sociale di innovazione del rapporto movimenti, democrazia, rappresentanza politica, istituzioni che avrebbe necessitato altri tempi, ed altra lungimiranza. Le urgenze della bottega - il mercato appunto - politica di riferimento e/o di aspirazione hanno macinato, anzitempo, delle potenzialità interessanti.

Il M5S ha, ora, una quotazione nel mercato elettorale che oscilla da un minimo del 13% ad un massimo del 18%, quantificando sono circa 6 milioni di voti, sicuramente sarà il 3° partito che uscirà dal Totoelezioni, un insieme politico, ora rappresentato da un solo Gran Trombone che suona la carica per tutta la sua banda, senza essere in competizione per uno scranno. Grillo è senza dubbio un demagogo, un populista, un comico ma anche un raffinato politico che annusa gli umori che gli giungono dalle folate dei cittadini in piazza e in rete; tra 2 settimane, potremo contare e verificare, quanto ampia sia la fascia sociale che ha saputo intercettare, offrendo una sponda, una rappresentanza politica, al malessere sociale, alla rabbia dei traditi di tutte le età, a chi aspira, come possibile, una società ecocompatibile e con percorsi decisionali partecipati. Un bel mix sociale, fatto in larga parte, di giovani [fino al 35% è stimata la predisposizione al voto grillino sotto i 30 anni], critico degli assetti politici, economici, sociali ed istituzionali del nostro paese ed anche di quelli europei, ma fortemente laico ed europeista.

Quanto durerà questa eterogenea ed inesperta compagine in un Parlamento ancora esclusiva dimora per le vecchie volpi dei partiti? Probabilmente poco, ma che importanza ha? saranno problemi loro, non è questo il punto per noi, per i movimenti; lo è, invece,  la moltitudine che li eleggerà.

Quello che ci importa, che non può non interrogarci, è come sia possibile costruire uno spazio politico pubblico dove trovino spazio, composizione, relazione, mutuo soccorso i movimenti, le soggettività biopolitiche che li vivono, aprendo percorsi costituenti di nuova democrazia. Questo nodo non è eludibile, va affrontato, non ora per carità, anzi, lasciamo pure che si sciolgano le trame elettorali, ma presto dovrà essere assunto e dipanato con calma e attenzione.

L'avventura elettorale, da guascone, di Grillo, in fondo, ci sfida alla sperimentazione del rapporto democrazia, rappresentanza, movimenti su terreni e territori più prossimi al nostro vissuto, fuori dalle aule parlamentari ma dentro i nessi amministrativi biopolitici, quali potrebbero essere i mondi dei lavori, le relazionalità sociali. il formarsi delle decisionalità locali. E di fronte ad una sfida praticata e concretizzata non ci possiamo sottrarre.

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