In nome della Paura

Stefano Cucchi ucciso dalla volontà politica di distruggere il diverso nella metropoli delle aggressioni e degli scandali

27 / 10 / 2009

Stefano viene arrestato per 20 grammi di sostanze stupefacenti.

Un altro "tossico solo ed emarginato", un'altra figura abituale della tabella (a breve ufficiale) dei "diversi che fanno paura". Questo avranno pensato forse gli agenti del carcere di Regina Coeli quando lo hanno visto entrare nella prima stanza in cima alla scaletta, quella del primo impatto col carcere; generalità, impronte e l'incubo inizia.

Stefano viene arrestato e processato; nell'aula del tribunale i familiari si accorgono che ha già qualche livido. Il processo per direttissima inspiegabilmente va male; perchè un ragazzo incensurato (con qualche carico pendente) con una modesta quantità di sostanze non viene rilasciato e neanche gli vengono concesse le misure alternative al carcere? Perchè pochi mesi prima chi aveva quasi ammazzato un ragazzo al GayVillage il giorno dopo era a piede libero?

Stefano muore pochi giorni dopo nel Reparto Penitenziario dell'Ospedale Sandro Pertini, un pezzo di ospedale pubblico sotto regime carcerario dove non si entra se un magistrato non ti autorizza. I familiari di Stefano, che per due giorni hanno atteso la possibilità di visitarlo durante il ricovero, strappano alle autorità un ultimo sguardo al volto prima dell'autopsia e del funerale.

Il volto è tumefatto, un occhio non è dove naturalmente dovrebbe essere, lividi ed escoriazioni.

Stefano non si è fatto male da solo e questa è una verità. Stefano è passato per il centro di identificazione di Tor Sapienza. Un non-luogo della repressione dove chiunque c'è finito racconta di ore in stanze orrende con muri sudici di sangue e vomito, senza la possibilità di bere o andare al bagno. Da anni i movimenti cittadini chiedono la chiusura di quel posto. Questa è un'altra verità.

L'altra verità è che la morte di Stefano purtroppo si inserisce nel tessuto modificato della metropoli e del paese. Forse nella testa qualcuno/a arriverà a capire che questa ennessima tragedia si lega a tanto altro.

Si lega alla morte di Nabruka, una giovane donna somala, che quest'estate è "stata suicidata" nel Cie di Ponte Galeria dopo che la dignità e la libertà le erano state tolte.

Si lega alle aggressioni istituzionali e non, dalla guardia di finanza che rastrella la comunità nigeriana del Pigneto alla nuova moda popolare di aggredire gli omosessuali.

Si lega alle legge Fini sulle droghe, grazie alla quale da consumatori siamo diventati tutti pericolosi spacciatori; fanno sorridere,oggi, i propositi di una intera classe politica che proclama una crociata "contro la droga e per la famiglia" tra vescovi, escort e cocaina.

Si lega ad Aldo Bianzino, ad Aldro, fino a Nikki arrestato da incesurato a 26 anni per sospetti crimini informatici e sbattuto in un carcere di massima sicurezza. In isolamento. E da solo morto. E ancora non si sa niente.

Le metropoli, diffuse o concentrate, vedono in aumento la costante della Paura. Paura tangibile, che la rassegnazione o l'ignoranza possono facilmente trasformare in catastrofi naturali contro cui non si può niente. Non è così. E' pensata, organizzata e agita questa Paura.

E' passata nelle aule dei tribunali quando si sentenziava sul G8 di Genova. Perchè se brucio una macchina o spacco una vetrina vengo condannato a 15 anni di carcere e l'agente Luigi Spaccarotella che ammazza Gabriele Sandri con una arma da fuoco se ne becca 6. E non la vedrà mai una cella.

In nome della Paura non si processano le ististuzioni, servono tutte anche quelle che "esagerano".

La crisi incombe. Comportamenti minoritari possono diventire contagiosi, di massa, replicabili.

La paura è un buon antidoto.

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