di Elena Fabiani e Luca Piana
A Mules, una ventina di chilometri dal passo del Brennero, la bocca del cantiere è aperta ormai da mesi. Il tunnel si infila sottoterra per 1.800 metri e finisce in una caverna che gli operai chiamano il camerone. È lì che aspettano l'enorme talpa meccanica che, nella primavera del 2008, ha iniziato a scavare più a nord, ad Aica. Fra crolli e stop temporanei, nel granito è stato realizzato un cunicolo profondo più di sei chilometri.
Altri quattro e la talpa
raggiungerà il camerone di Mules. Lo scorso 9 agosto, però, si è
temuto il peggio. Il macchinario ha incontrato una faglia che
nessuno si aspettava, un ammasso franoso intrappolato nella roccia
più dura. La struttura ha iniziato a scricchiolare e gli operai
sono stati costretti a fuggire. Dopo quattro mesi spesi a
puntellare la galleria, i lavori dovrebbero riprendere il 4
dicembre, giorno di Santa Barbara, protettrice dei minatori.
INTERATTIVO Numeri
e percorso del traforo del Brennero
In Alto Adige, in quello che si preannuncia come uno dei cantieri
infiniti nell'Italia delle grandi opere, da più di un anno si scava
senza sapere se lo sforzo sarà mai portato a termine. Le difficoltà
tecniche sono scontate: l'Italia e l'Austria vogliono realizzare un
nuovo traforo ferroviario di 55,6 chilometri sotto il Brennero per
abbassare di quota la vecchia linea dei binari, che oggi si
inerpica fino ai 1.372 metri del valico. Al di là della complessità
che i cunicoli esplorativi di Mules e Aica stanno testando, il
problema è però la mancanza di fondi. Fra il tunnel e il
rifacimento dell'intera ferrovia fino a Verona, necessario perché
la galleria ad alta capacità non resti inutilizzata, le stime dei
costi superano già oggi i 16 miliardi di euro, 11 dei quali a
carico dell'Italia. E in gran parte ancora da reperire.
In maggio il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, non
aveva frenato l'entusiasmo. L'accordo appena firmato con l'Austria
e l'Unione europea era per lui "un punto di svolta verso
l'esecuzione del tunnel", che nei progetti collegherà direttamente
Fortezza a Innsbruck. Passata l'estate, il clima è cambiato. Mauro
Fabris, il commissario straordinario incaricato da Silvio
Berlusconi di coordinare le opere, ha lanciato l'allarme: "C'è il
rischio che l'Ue possa ridurre i finanziamenti per la progettazione
della linea da Fortezza a Verona. E c'è il rischio ancor più grave
che, se non sblocchiamo l'iter di questi lavori, necessari perché i
treni utilizzino la futura galleria, Europa e Austria comincino a
chiedersi che senso abbia impegnarsi nell'opera", dice a
'L'espresso'.
Che cosa è cambiato rispetto all'euforia di pochi mesi fa? E
perché, nelle ultime settimane, tra il governo di Roma e i
presidenti delle Province di Trento e di Bolzano, Lorenzo Dellai e
Luis Durnwalder, da sempre grandi fan del tunnel, è scoppiata
un'inattesa guerra fredda?
Per comprendere le difficoltà del progetto, occorre scendere la
linea ferroviaria fino al tratto più impervio, tra Fortezza e Ponte
Gardena. Lì la pendenza dei binari è troppo elevata e, oggi, i
treni più lunghi e pesanti non ce la fanno. La linea va rifatta,
sostiene il commissario, come vanno rifatti gli attraversamenti di
Bolzano, Trento e Verona. Nasce qui il buco nelle risorse, un buco
la cui entità sta facendo crescere la fila degli scettici, che va
dai movimenti ambientalisti italo-austriaci alla Cgil di Bolzano.
La galleria dovrebbe costare tra gli 8 e i 9 miliardi, da dividere
a metà con l'Austria. L'Ue ha promesso 786 milioni, una somma che
potrebbe essere raddoppiata se tutto andrà bene. Per il momento,
tuttavia, l'Italia deve fare i conti con la previsione di sborsare
circa 3,5 miliardi, individuati - sulla carta - grazie a voci che
vanno dall'aumento dei pedaggi per i camion a un prestito di 1,3
miliardi che il governo si è impegnato a restituire dal 2022, data
di fine lavori.
I guai riguardano il resto della linea. Per rifarla Fabris stima
che servano almeno 7,6 miliardi, metà da spendere entro
l'ultimazione del tunnel e metà in un secondo momento. A fronte di
questa cifra, ci sono solo 104 milioni limitati alla progettazione,
soldi che la Corte dei Conti ha bloccato fino a quando non sarà
trovato il resto della somma. "E se non troviamo una soluzione,
l'Ue potrebbe definanziare la sua quota di 58 milioni", dice
Fabris.
La difficoltà nel reperire il denaro pubblico necessario, tuttavia,
ha fatto esplodere alcuni problemi che covavano sotto la cenere. Il
primo riguarda il dibattito sull'utilità dell'opera. "Se lo scopo è
togliere i camion dall'autostrada del Brennero, occorre ragionare
su una serie di dati", dice Riccardo Dello Sbarba, esponente verde
nel consiglio provinciale di Bolzano. "In Italia", spiega, "mancano
incentivi che promuovano il traffico su rotaia. Con il risultato
che un camion su quattro attraversa le Alpi vuoto e uno su tre
passa dal Brennero allungando un tragitto alternativo più breve:
passano qui solo per le tariffe più basse rispetto, ad esempio, a
quelle svizzere".
I Verdi calcolano che sulla ferrovia attuale potrebbe passare il
doppio dei 120 treni di oggi, e che basterebbero investimenti
mirati per ottenere risultati anche migliori. A questi argomenti fa
eco l'austriaco Fritz Gurgiser, leader dei movimenti anti-traforo
che nelle ultime elezioni provinciali in Tirolo hanno ottenuto ampi
successi: "Non credo che il governo italiano sia in grado di
garantire le risorse per l'opera", dice, lanciando una sfida vera e
propria: "Sono disposto a ricredermi nel caso in cui Berlusconi
alzi i pedaggi per i Tir al livello tirolese e ne vieti il transito
notturno da Verona al Brennero".
La seconda partita che i fautori del tunnel si stanno giocando
riguarda invece l'enorme mole degli appalti che si metterà in moto.
La proposta che ha fatto tremare i vertici del Trentino e dell'Alto
Adige è stata lanciata qualche settimana fa, quando Fabris ha
suggerito che le risorse per fare la galleria potrebbero venire
grazie ai profitti realizzati dall'Autobrennero, che già ne
accantona una parte per questo scopo (saranno 500 milioni nel
2014). La maggioranza del capitale dell'A22, oggi, è in mano a
Trentino e Alto Adige, che si sono spesso scornati sulla gestione
del potere. La prospettiva fatta balenare dal veneto Fabris di un
ingresso nella società dell'Anas o delle FS, però, ha ricompattato
Dellai e Durnwalder, che hanno rispedito la proposta la mittente.
Negli ultimi tempi, infatti, la mano del governo è già tornata in
forze nell'Autobrennero, grazie all'ingresso nel capitale della
Infrastrutture Cis (con il 7,8 per cento), una società che unisce
imprenditori e costruttori veneti con il fondo F2i di Vito
Gamberale, finanziato a sua volta dalla Cassa Depositi e Prestiti.
La concessione dell'Autobrennero scadrà nel 2014: Dellai e
Durnwalder chiedono che il governo si attivi per ottenere una
proroga dall'Ue, promettendo che in cambio continueranno a
destinare una parte dei profitti al traforo. A Roma, però,
nicchiano: la ricca autostrada fa gola a molti.