Editoriale di Stefano Bleggi, pubblicato su Melting Pot, sui rastrellamenti ordinati dal governo italiano nei confronti dei migranti di origine nigeriana.
Mentre gli occhi del mondo guardano con attenzione a quello
che accade negli Stati Uniti, in Italia - pochi giorni prima del "Muslim
ban" di Trump - è iniziata la caccia agli immigrati
"irregolari". Dopo la circolare del
Capo della Polizia del 30 dicembre 2016, è un altro documento, questa volta del
Viminale, ad impartire
le disposizioni per mettere in atto il pugno di ferro voluto dal
ministro Minniti e dal governo Gentiloni.
E venerdì 3 febbraio, al vertice maltese del Consiglio
Europeo straordinario, è probabile che l’UE deciderà di innalzare un muro
navale sulla rotta del Mediterraneo centrale usando la Guardia Costiera libica.
I primi della lista: i nigeriani
A leggere i dati degli approdi di questi ultimi mesi, la
Nigeria si conferma il principale paese d’origine dal quale partono i migranti
che giungono in Italia. Nel 2016 dei 181.146 richiedenti asilo arrivati il 21%
è di nazionalità nigeriana. Spesso si sente dire che si tratta essenzialmente
di "migranti economici", senza considerare le cause molteplici della
loro migrazione, i loro desideri ed il fatto che non esiste altro modo di
rimanere in Italia se non quello della richiesta d’asilo. Ma dentro al generico
calderone di "migrante economico", che nel tritacarne burocratico
delle commissioni territoriali equivale a migrante da respingere costi quel che
costi, rischiano di essere inserite le vittime di tratta, le minoranze
religiose, coloro che scappano da Boko Haram e dall’impossibilità di esercitare
i diritti fondamentali[1].
Anche se il Ministero non fornisce i dati[2],
non è un mistero che lo scorso anno una grossa fetta dei diniegati dalle
Commissioni sono stati richiedenti asilo nigeriani, anche se per il solo fatto
di essere passati dall’inferno libico o aver rischiato la
vita su un gommone dovrebbero avere una protezione umanitaria. Inoltre c’è da
considerare che molti dei richiedenti asilo arrivano inconsapevoli al colloquio
con la Commissione perché in molti centri d’accoglienza è assente il servizio
di orientamento legale, che invece dovrebbe esser loro garantito. Molti
riusciranno comunque a vedersi riconosciuta una protezione dal tribunale, ma
anche qui spesso dipende dal giudice e dalla bravura dell’avvocato.
Non crediamo sia casuale che la caccia al migrante "irregolare" parta
dai cittadini nigeriani.
Nel telegramma
firmato dal Prefetto Giovanni Pinto, direttore della Direzione Centrale
dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere ed inviato il 26 gennaio alle
Questure di tutta Italia, si possono leggere i dettagli dell’operazione.
“Attività di contrasto dell’immigrazione clandestina” è il titolo, scritto
assieme al testo tutto in maiuscolo, forse per indicarne l’estrema urgenza ed
importanza.
Il prefetto spiega inizialmente che "al fine di procedere d’intesa con
l’ambasciata della Nigeria alle audizioni a fini identificativi di sedicenti
cittadini nigeriani rintracciati in posizione irregolare sul territorio
nazionale per il loro successivo rimpatrio", dal 26 gennaio al 18
febbraio, nei 4 CIE attivi (Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta) dovranno
essere riservati 95 posti.
L’urgenza per il Prefetto è tale che i posti dovranno rendersi disponibili
"anche mediante eventuali dimissioni anticipate" e richiama le
questure a darsi da fare in fretta nei rastrellamenti - definiti "servizi
finalizzati al rintraccio" - per riempirli.
La priorità sbandierata ai quattro venti da Minniti e Gentiloni è quella di
rispondere alle paure dell’opinione pubblica ed infatti, il giorno successivo
al telegramma, sul sito del Ministero dell’Interno appare la notizia che un
volo charter con a bordo 36 cittadini nigeriani e organizzato da Polizia di
Stato e Agenzia Frontex è
decollato da Roma Fiumicino diretto a Lagos. Le persone rimpatriate erano state
rinchiuse presso i CIE di
Caltanissetta e Torino e assieme a loro sono stati rimpatriati anche 2 cittadini
nigeriani espulsi dalla Germania e dalla Polonia.
La nota prosegue spiegando che il rafforzamento della cooperazione (sic!) con
alcuni Paesi terzi - Nigeria, Tunisia ed Egitto - consente da tempo alla
Polizia di Stato di organizzare voli charter per il rimpatrio. Da inizio anno
sono stati allontanati dal territorio nazionale 274 cittadini stranieri.
I pilastri dell’Europa a cui guarda l’Italia
I 140 caratteri di Gentiloni apparsi il 29 gennaio in
risposta al "Muslim ban" di Trump dicono "l’Italia è ancorata ai
propri valori. Società aperta, identità plurale, nessuna discriminazione. Sono
i pilastri dell’Europa".
Occorre capire quali sono questi pilastri, visto che l’UE, dopo aver siglato
l’accordo con la Turchia il
18 marzo 2016 per esternalizzare le proprie frontiere e bloccare il flusso di
migranti sulla rotta balcanica, si appresta a varare un piano per alzare un
muro sulla rotta del Mediterraneo centrale. La realtà, differente da come viene
descritta nei tweet di Gentiloni e dell’establishment europeo, è che la
Commissione europea sta cercando di costruire un muro navale formato dalla
Guardia Costiera libica, addestrata dalle marine militari (Italia compresa) per
fermare i barconi già in acque libiche. Se gli effetti saranno poi quelli di
lasciar marcire le persone nell’inferno libico, a quanto pare, poco importa. Il
3 febbraio il vertice del Consiglio Europeo straordinario a Malta
sull’immigrazione dovrà decidere come sottoscrivere questo accordo e capire
come allargarlo ad altri paesi di origine e transito (Tunisia, Egitto e
Algeria) dei migranti. Non avrà le caratteristiche di disprezzo dei diritti
fondamentali del "Muslin Ban" dell’inguardabile presidente americano,
ma questo piano si situa in quel solco perché pone al centro del discorso
politico quale sia la modalità più efficace per ostacolare la migrazione, senza
considerare gli effetti che potrà generare sulle vite delle persone e sui
flussi migratori.
Quegli stessi pilastri ai quali si riferiva Gentiloni, per Minniti sono
rappresentati dai CIE attivi in ogni regione e dal "contrasto
dell’immigrazione irregolare con il rafforzamento delle politiche di
rimpatrio".
Solidarietà diffusa contro CIE e rimpatri
Minniti e Pinto dimenticano che l’azione di espulsione
collettiva è vietata dalla legge e l’Italia per questo è stata già condannata
dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Altre condanne sono state inflitte
per trattenimenti illegittimi nei CIE e per l’assenza di tutela legale.
Nonostante ciò, operazioni di questo genere difficilmente si pongono la
questione di fare valutazioni sul singolo caso e le possibilità per un
cittadino nigeriano "irregolare" di non essere rimpatriato dipendono
solo dalla fortuna di intercettare attivisti per i diritti umani ed avvocati
preparati. E, alle volte, nemmeno questi incontri riescono ad inceppare la
macchina dell’espulsione.
La straordinarietà di quello che accade all’interno ed all’esterno degli
aeroporti delle principali città americane, dove il rifiuto delle politiche
anti immigrazione di Trump e la solidarietà diffusa - con le splendide ed
evocative immagini degli attivisti e avvocati intenti ad offrire assistenza
legale alle persone bloccate nei terminal - sta aprendo uno spazio di
movimentazione sociale di impatto.
Sta a tutti noi provare a dotarci di nuovi strumenti, raccogliere quella
capacità di mobilitarsi che arriva da oltreoceano e portarla nei nostri
territori, dove i rastrellamenti (in queste ore arrivano notizie di persone
rastrellate e trattenute) ed i CIE, insieme ai muri, rischiano di essere il
presente orribile della politica europea e nazionale.
[1] Cliccando qui è possibile leggere un’ampia documentazione relativa all’accettazione di richieste di protezione da parte di cittadini della Nigeria e conoscere la situazione socio politica nel Paese, tutt’altro che sicuro.
[2] E’ possibile conoscere gli esiti delle Commissioni territoriali ( le percentuali dei responsi sono accorpate ma non divise per nazionalità): clicca qui