Fonte: Il Manifesto 15.05.09

Italiani probabili

altra italia - Dal Nordest in giù: Analisi di Ilvo Diamanti

15 / 5 / 2009

Padova

Aumenta sideralmente la distanza tra il capo e la punta dello Stivale. Ma «il Nordest non esiste più» e il Paese si unirà attorno ad un'identità statuaria flebile
Il Nord Est? «Morto e sepolto». L'Italia? «Paese Pulcinella». La crisi? «Un problema da affrontare con l'arte di arrangiarsi».
Ilvo Diamanti, sociologo raffinato, disegna «mappe» geopolitiche non solo in base alle ricerche aggiornate da lustri. L'ultima è stata pubblicata da Limes sotto il titolo provocatorio «Esiste l'Italia? Dipende da noi», anche se forse il contributo più calzante è di natura letteraria grazie allo scrittore napoletano Antonio Pascale. Ma a furia di studiare flussi elettorali e comportamenti sociali ne è uscita una sintomatica radiografia tendenziale. In buona sostanza, il «radicamento» della Lega Nord attuale coincide con quello del Partito Popolare nel 1919. Il nascente Popolo della libertà riproduce, fondamentalmente, la base dei consensi del «pentapartito» della Prima Repubblica. Al Partito democratico, con Veltroni o Franceschini, non resta che arroccarsi nelle ex regioni "rosse".
In un recente dialogo con il pubblico, per la rassegna «Scaffale degli scrittori» organizzata dall'assessore alla cultura Monica Balbinot al nuovo centro culturale in via Altinate, Diamanti si è cimentato anche ironicamente con il Veneto degli ultimi 15 anni.
«Il Nord Est è un'invenzione di quel grande giornalista che era Giorgio Lago. Un termine diverso da Triveneto, come da Venezia e dintorni. Un quadrante che si identifica facilmente, soprattutto in opposizione al Nord Ovest della grande industria e della finanza. Lago ha pensato in termini di marketing: doveva vendere Il Gazzettino e farne un quotidiano al di là del semplice localismo. Allora, nei primi anni Novanta, fu un autentico colpo di genio perché rappresentava un po' tutto: le piccole e medie imprese, la voglia di indipendenza da Roma e Milano, la "fame" di un "partito" che non c'era» spiega, prima di inchiodare il termine Nord Est allo stereotipo senza più vita.
L'identikit dell'Italia 2009, invece, combacia (quasi) come un calco con Silvio Berlusconi. «Forza Italia in origine era il partito territoriale alleato con gli altri, Lega al nord e Alleanza nazionale al sud. Adesso c'è il Popolo della libertà che sancisce il legame diretto fra il leader e il suo popolo, prefigurando un presidenzialismo oltre la Costituzione e perfino tratti di populismo» ragiona a voce alta Diamanti.
Del resto, siamo il Belpaese dei campanili. Prima legati a filo doppio con la comunità locale, poi italiani e sempre meno europei. Orgogliosi dell'Italia, che si riduce però alla Ferrari, alla Nazionale di Lippi, al made in Italy enogastronomico e alle bellezze che tutti ci invidiano. Quanto lontani dall'appartenenza ad uno Stato, visto come "strizza reddito" e comunque sempre "nemico" dell'interesse privatistico. «La prima qualità che gli italiani si attribuiscono è l'arte, ma di arrangiarsi. Poi viene il tradizionale attaccamento alla famiglia, ultimo immutabile rifugio. E infine la creatività che anche in economia viene vista come la soluzione. Civismo e fiducia nelle istituzioni, tutte, dal Comune fino all'Unione europea, galleggiano in fondo alla classifica».
Ma Diamanti è il primo a dubitare delle risposte ai sondaggi: «Ci sentiamo giovani ben oltre i 40 anni e vecchi dopo gli 83. In pratica diventiamo vecchi solo dopo morti, dato che le statistiche attestano la speranza di vita media a 81 anni».
Il tutto mentre aumenta sideralmente la distanza tra il capo e la punta dello Stivale. «Specialmente a Nord Est, dove un cittadino ogni tre considera il Mezzogiorno come una pesante palla al piede». Italiani lontani tra di loro, anche simbolicamente: «A nord la Lega pianta la bandiera di Malpensa, a sud stanno cucendo quella del ponte sullo Stretto» riassume Diamanti. Pronto a rivedere il confine "naturale" del Po: una volta, il fiume oltre il quale l'Italia non avrebbe più dovuto essere. Nel 2009 l'argine è praticamente scomparso: «La Lega ha sfondato anche a sud di Bologna», ricorda il sociologo vicentino. Una penetrazione non più "esplorativa", visto che Il Carroccio raccoglie consensi a doppia cifra predicando sicurezza e ordine pubblico, proprio come succede nel resto del nord.
Poi Diamanti apre la mappa dell'immigrazione con la geografia a macchia di leopardo del melting pot all'italiana. «La maggiore integrazione degli stranieri avviene in Veneto dove il problema si riduce a una questione di sicurezza e ordine pubblico. Non c'è troppa paura per una concorrenza commerciale sleale né a un'eventuale invasione culturale».
La ricetta? A portata di mano, almeno in teoria. Basterebbe sfruttare le formidabili potenzialità della debole architettura sociale di casa nostra. Secondo Diamanti, proprio nel paese dei "secondi" cittadini potrebbe prendere vita un modello unico di integrazione fondato sull'identità statuaria flebile. L'altra faccia della medaglia di una cittadinanza lontana, percepita come un atto di ostilità non solo dal disciolto (dalla crisi) "popolo delle partite Iva".
Naturalmente, in primo piano nella fotografia scattata da Diamanti c'è Silvio Berlusconi. La storia raccontata di sé più della persona: il costruttore accurato e metodico di un'efficacissima agiografia oltre che di un impero non solo mediatico. «Al contrario lo storyteller che ha cercato di raccontare Walter Veltroni non era affatto credibile. E infatti gli italiani alla fine non gli hanno creduto» sintetizza Diamanti.
Sullo sfondo dell'istantanea del sociologo vicentino trovano posto sanità e università: «Si possono considerare le vere grandi aziende del Nord Est». Fanno girare i soldi più e meglio di un polo industriale e funzionano anche con la crisi economica.
E poi c'è la mitologica piccola e media impresa, in grado di "mangiare" ettari di territorio con la stessa voracità delle industrie di Stato. Non sono solo il "Petrolkimico" di Marghera, i cementifici dei Colli Euganei, le discariche e i cogeneratori a mezzo chilometro dalle case ad avvelenare salute, ambiente e paesaggio del Veneto. A sentire Diamanti c'è soprattutto la sconfinata e confusa melassa di capannoni che si stende in una regione che ormai coincide con una "città diffusa" senza limite e confine. Un "ecomostro" dilatato ad arcipelago collegato da passanti, bretelle e raccordi anulari in miniatura. Lo scheletro del vecchio modello che ha alzato bandiera bianca ma continua a segnare il territorio.
Con buona pace degli irriducibili analisti del "modello" Diamanti suona la campana a morto per un termine stravolto e abusato. «C'è chi ancora mi chiede del Nord Est. Mi sono stancato di rispondere. Il Nord Est era davvero un'altra cosa. Adesso non esiste più»