"Kämpa Malmö": la risposta dei territori alla violenza neonazista in Svezia

24 / 3 / 2014

L'attivista svedese Mathias Wåg raccontando dell'aggressione avvenuta l'8 Marzo a Malmö ai danni di quattro persone di ritorno da un'iniziativa antisessista e contro l'omofobia, analizza la tendenza assunta dagli apparati della destra nazionalista in Svezia e la risposta dei movimenti antirazzisti e antisessisti

Ogni anno in Svezia, in occasione della giornata internazionale della donna l’otto marzo, vengono organizzate manifestazioni in tutta la Svezia. Oltre le manifestazioni promosse dei partiti si organizzano anche delle manifestazioni notturne, per il diritto delle donne di muoversi liberamente negli spazi urbani. Dagli anni 80 questi cortei rumorosi e colorati, partecipate solo da donne, attraversano le città con il motto “Riprendiamoci la città!”

Quest’anno la manifestazione è finita con quattro persone gravemente ferite, di cui due sono rimaste in pericolo di vita, dopo che un gruppo di nazisti le hanno aggredite alla conclusione del corteo. L’attacco è avvenuto a Möllevången, un quartiere multiculturale e di sinistra di Malmö.

I nazisti appartengono al partito Svenskarnas parti, il partito gemello di Forza Nuova in Svezia. I sei nazisti si sono trovati in un locale nel centro per vedere il corteo passare, dopo di che hanno seguito la manifestazione fino alla sua fine. Poco dopo, in un quartiere vicino, hanno aggredito quattro persone, accoltellandole alla schiena e pestandoli per terra. Uno degli attivisti, il tifoso Showan, era noto al gruppo di nazisti: era stato esposto sul loro giornale per il suo impegno nella campagna “Tifosi contro omofobia”.

Tre nazisti sono stati arrestati sul luogo dalla polizia, mentre il loro capo Andreas Carlsson, che è stato indicato come la persona che teneva il coltello in mano, è stato rilasciato sul posto dopo un errore della polizia. Adesso è ricercato per tentato omicidio. Andreas Carlsson era tornato dall' Ucraina solo da qualche giorno, dove Svenskarnas parti aveva organizzato un viaggio di volontari che hanno sostenuto Svoboda e Pravi sektor durante la rivolta di Kiev. Si sospetta che Carlsson abbia lasciato il paese e che sia tornato per nascondersi proprio a Kiev.

Inizialmente i media svedesi hanno cercato di nraccontare l’aggressione come uno scontro tra opposti estremismi, ma questa narrazione è cambiata dopo le grosse proteste e manifestazioni antifasciste che si sono svolte in tutto il paese. La sera del 9 marzo 6000 persone hanno manifestato spontaneamente in diverse città svedesi e domenica 16 marzo si è svolto la manfestazione più grossa nella storia di Malmö con più di 10 000 partecipanti. Le manifestazioni sono state organizzate dal basso in modo autonomo, senza il coinvolgimento di partiti o dell’establishment. Questo nuovo movimento antirazzista ha preso forma negli ultimi anni, con le proteste contro le caccia alle persone senza documenti a marzo 2013 e la grossa manifestazione contro la violenza nazista nella periferia Kärrtorp a dicembre 2013; a Kärrtorp più di 20 000 persone si sono riunite una settimana dopo che i nazisti avevano aggredito una manifestazione antirazzista nel quartiere. Queste proteste antirazziste rappresentano un elemento di novità perché si basano su un organizzazione territoriale nei quartieri e nelle frazioni – cosa che si distingue dalle precedenti fasi di mobilitazione antirazzista in Svezia.

Un altro motivo per cui la manifestazione a Malmö il 16 marzo è stata così forte è il sostegno da parte di tifosi e gruppi di ultras. Questa presa di posizione antifascista da parte dei tifosi rappresenta un altro elemento di novità che ha contribuito a marginalizzare estremisti di destra nelle curve svedesi. Le manifestazioni antifasciste hanno anche avuto il sostegno di gruppi femministi, visto che l’aggressione è avvenuto contro i partecipanti del corteo dell’otto marzo. Questa combinazione tra femministi, tifosi e organizzazione territoriale sono segnali positivi per una forma di antirazzismo autonomo nei confronti dei partiti e dell’establishment. Anche se il movimento cerca una forma più solida le ripetute manifestazioni degli ultimi anni dimostrano che è qua per rimanere.

Noi siamo i nostri quartieri - organizzazione territoriale contro la violenza nazista

«La strada è nostra». Così recitavano le scritte a bomboletta sui muri della scuola, del cinema e del teatro di quartiere, davanti al negozio e all’ingresso della stazione della metro a Kärrtorp. Una scritta fatta insieme al simbolo e al sito internet di Svenska motståndsrörelsen, un' organizzazione nazista svedese. «Le strade sono nostre». Potrebbe sembrare strano che un gruppo nazista abbia scelto questo messaggio, dopo che 20 000 persone a dicembre sono scese in piazza per protestare proprio contro di loro. Dei 30 nazisti che sono stati fermati per l’attacco ad una manifestazione antifascista nel quartiere della periferia di Stoccolma solo due abitano in quella zona. Gli altri venivano da altre zone. Perchè hanno scelto proprio Kärrtorp per lanciare il loro messaggio e a indicare la zona come il loro territorio a dicembre?

L’attacco a Malmö nella zona di Möllevången pone la stessa domanda. Perché il partito neonazista Svenskarnas parti ha scelto di inseguire una manifestazione femminista, mettere i propri volantini nelle vicinanze del locale di sinistra Glassfabriken ed aggredire quattro persone nel quartiere dove si svolgeva la festa dell’8 marzo? Nessuno dei nazisti abitava in quella zona, la zona Sud del centro, lontano dal pub dove hanno passato la serata. Perché passare nella zona Sud del centro di Malmö che è conosciuta per la sua identità multiculturale e di sinistra?

Proprio per questo. ”Si armano e vanno nella zona di Möllan per fare danni” così racconta Kim Fredriksson in un’ intervista al giornale Sydsvenskan. Kim Fredriksson è stato un militante del movimento nazionalista e ha partecipato a simili azioni notturne nella zona di Möllevången. Oggi Kim ha lasciato il movimento e racconta come ”la zona Möllevången rappresenta tutto ciò che i nazisti odiano”

La strategia si chiama ”zone nazionali liberate”. Si tratta di portare a termine una pulizia etnica in miniatura, facendo piccoli passi. L’idea è di poter creare un controllo su una zona operando sulla paura di coloro che l’abitano attraverso piccoli e semplici metodi. Il primo passo e di attacchinare volantini e fare scritte sui muri. Aggredire di sera singole persone che aspettano la metro o stanno passeggiando. Ognuna di queste singole azioni causa una sensazione di insicurezza e fa sentire che tutta una zona è insicura. Oso uscire da solo questa sera? Posso lasciare il teatro? Le finestre spaccate e i muri imbrattati diventano impegnative e comportano spese economiche. Il secondo passo è di costringere le persone a lasciare la zona, per spostarsi in quartieri che percepiscono come più sicuri. Persone con il colore della pelle sbagliato o con attitudini sessuali differenti sentono che quella è una zona da evitare e scelgono altre strade.

La strategia delle ”zone nazionali liberate” cominciò in Italia negli anni 70, quando gruppi fascisti iniziarono a fare proprie zone delle città o interi quartieri. Negli anni 90 si seguì l’esempio in Germania da parte del resuscitato movimento nazionalista che confluiva nel partito NPD. Nei giornali del partito si discuteva di quel concetto come una via possibile al potere, parallela a quella parlamentare. Prima impadronirsi delle strade e dei quartieri, poi del parlamento. Una lenta crescita da zone insicure fino a zone vietate e zone nazionaliste liberate. In concomitanza del Campionato mondiale di calcio del 2006 si è discusso della minaccia delle zone nazionaliste liberate come un problema nazionale: sia delegazioni straniere che organizzazioni degli immigrati emisero avvertimenti di trovarsi in certe quartieri.

Il metodo usato si basa su principi militari, di controllo e dominio. Ma sia Kärrtorp sia Möllevången mostrano una strada antifascista per affrontare questa strategia della paura. Non è possibile affrontarla con gli stessi metodi, con la stessa strategia della paura. Invece la resistenza prende una forma che è completamente opposta. I quartieri antifascisti si creano in quanto si rafforza la comunità e la condivisione nella zona. Aumentando i rapporti tra i vicini, le attività associative, le iniziative locali, creando sempre più luoghi d’incontro e riempendo di vita i quartieri. Più vita nei quartieri crea più sicurezza.

Questa è la strada che dobbiamo prendere. La cosa più importante non è avere 10 000 o 20 000 antirazzisti nelle manifestazioni, ma far sì che continuino ad essere impegnati quando tornano a casa. I nazisti cercano di controllare i territori, noi invece li abitiamo. Perché noi siamo i nostri quartieri. Kärrtorp e Möllan non sono soltanto luoghi dove ci troviamo – noi siamo Kärrtorp e Möllan.

Gallery