IL dibattitto intorno al lavoro di Alessandro Dal Lago

La fortuna dell'eroe

di Lucio Iaccarino

12 / 7 / 2010

Rientro a Napoli da Messina dalla presentazione del libro di Alessandro Dal Lago, a cui ho ricordato di aver letto Gomorra poco dopo la sua uscita e di non aver avuto, al termine del libro, alcun sintomo di autoassoluzione. Non mi sono cioè convinto di «aver contribuito alla lotta contro il crimine organizzato» né ho dormito «sogni tranquilli». Tutt’altro! Mi sono chiesto, piuttosto, che fine avesse fatto lo Stato (con la S maiuscola), come fosse avvenuta una presa del potere economico, tanto pervasiva da parte della camorra. Dalla mia, ho il vantaggio di aver letto Gomorra nel 2006, per la possibilità di considerare come fenomeni diversi il libro dal suo autore, Gomorra dall’esposizione pubblica di Roberto Saviano.

In termini di conoscenza del fenomeno “camorra”, il libro di Saviano rappresenta una tappa fondamentale per quanti intendano comprendere le dinamiche del crimine organizzato. Gomorra ha colmato un gap scientifico sull’argomento. Non sono tante le ricerche e le narrazioni che consentono di avvicinarsi, così tanto, alle transazioni economiche della camorra. Il criminologo, l’intellettuale e il cittadino potranno intrattenere un rapporto di “intimità culturale” con il mondo raccontato da Saviano. Lo ha ricordato l’antropologa Irene Falconieri, citando Herzefeld nella discussione che ha seguito la presentazione messinese del libro di Dal Lago.

L’analisi di Dal Lago si muove su un piano stilistico, sebbene qui il gusto non è esattamente l’elemento che ha fatto di Saviano lo scrittore simbolo dell’Italia nel mondo. Ciò non lo rende immune dalle osservazioni, e chi di mestiere analizza i prodotti culturali ha il sacrosanto diritto di critica. La ricetta del successo per il critico risiede nelle scelte metanarrative. Per Dal Lago, Saviano è uno e trino, poiché in Gomorra l’io narrante dello scrittore si confonde con l’io narrato del giornalista investigativo e il lettore tende a rispecchiarsi in questa tensione a ricostruire il senso complessivo delle vicende narrate. È una con-fusione resa possibile dalla profondità del racconto di Saviano, dalle innumerevoli possibilità offerte a lettore di svelare i presupposti culturali dei riti camorristici, grazie alla sfrenata simbologia deliberatamente utilizzata. Una tale vicinanza ai clan, rende il libro una straordinaria etnografia della camorra, fino al punto di imparare a conoscerla nei suoi tratti organizzativi più efficienti, esponendo il suo autore (quindi il lettore) all’empatia con la mafia. E ciò, più di ogni altra congettura, contribuisce a spiegare le posizioni assunte dall’autore appena dopo l’uscita del libro. Il Saviano post-Gomorra è un percorso obbligato, Saviano diventa eroe in carne e ossa, martire prima di morire, per colpa di Gomorra, per colpa di una rappresentazione, costruita da lui stesso.

Se di ricetta proviamo a parlare, sarà bene storicizzare e considerare la congiuntura “favorevole” che ha accompagnato l’uscita di Gomorra. Favorevole al successo è stato lo spiazzamento generato dal racconto di una Campania decisamente lontana dai successi che, nella stessa epoca, il Governatore Bassolino andava rivendicando. Gomorra, più che uno schiaffo, è stato un vero e proprio “calcio nelle palle” alla classe dirigente locale, finendo per assecondare l’inevitabile declino del centrosinistra campano. Più decisiva è stata la crisi dei rifiuti del 2007, attirando l’attenzione internazionale su un disastro memorabile, almeno quanto il colera del 1973. Gli occhi del mondo intero rivolti su Napoli, le immagini televisive e la corposa rassegna stampa davano un’idea abbastanza precisa dell’entità del disastro, ma soltanto leggendo Gomorra si riusciva ad avere una comprensione profonda delle dinamiche sottostanti.

Se di genere occorre parlare, come ci ricorda Dal Lago, aggiungerei al dibattito che quello inaugurato da Saviano è un noir meridionalistico che costringe lo scrittore dentro la gabbia della contemporaneità e della denuncia. Senza riferimenti all’attualità e senza la discesa civica dell’io narrante, risulta difficile scrivere da queste parti. Una vera e propria cappa culturale aggravata dagli inviti all’eroismo del personaggio pubblico Saviano, posizioni spesso insostenibili proprio per quanti ogni giorno conducono una vita apparentemente normale, nonostante la camorra o forse meglio, nonostante Gomorra.

* Coordinatore generale Think Thanks, Napoli