La nave Iuventa e l'Europa dell'accoglienza dal basso

8 / 8 / 2016

Due giovani di Berlino, Jakob Schoen, 20 anni, e Lena Waldhoff, 23 anni, nell’aprile del 2015, dopo aver appreso dell’ennesima drammatica morte nel mare nostrum da parte di migranti partiti dalle coste africane per raggiungere l’Europa, decidono di mettere in piedi l’associazione Jugend Rettet. Obiettivo: dotarsi di una barca per pattugliare il mare e salvare migranti. Nove giovani facenti parte della Jugend Rettet, un’imbarcazione chiamata “Iuventa” ed un equipaggio presente in nave composto da professionisti: questi i componenti di una missione di solidarietà dal basso, che da poco più di due settimane sta pattugliando le acque del Mediterraneo ed è già andata in soccorso di diversi migranti. Di seguito un’intervista a Johanna Bauernschmitt, giovane dei 9 componenti di Jugen Rettet, che si occupa della comunicazione

Come è nata l’idea di acquistare una barca come mezzo per salvare I migranti nelle acque del Mediterraneo? 

Nell’ aprile del 2015 in tutta Europa si diffuse la notizia che 800 persone avevano perso la vita nel Mediterraneo, durante il tentativo di giungere in Europa ed iniziare una nuova vita.. Fu quello il momento in cui Jakob, fondatore di Jugend Rettet, decise che doveva fare qualcosa. Allora aveva 18 anni e stava per fare i suoi A-levels (gli esami di fine corso scolastico). Dopo aver finito la scuola, nell’estate del 2015, è venuto a Berlino, dove ha vissuto un paio di settimane con Lena spiegandogli le sue intenzioni. Lei si è unita immediatamente al progetto.

Non siamo disposti a lasciare che questo accada nel nostro nome: questa è una delle motivazioni che ci ha guidato. I confini sono stati definiti secondo convenzioni ed interessi, e noi non volevamo stare a guardare la morte di migliaia di persone. Queste persone non stanno morendo perché non c'è abbastanza cibo o spazio per tutti. Stanno morendo perché qualcuno ha deciso che alcune persone sono più libere di viaggiare per il mondo ed altre non lo sono. I paesi "meno privilegiati" soffrono a beneficio dei paesi ricchi. Così abbiamo deciso di fare ciò che si fa di solito, non appena una barca è in emergenza marittima: si invia una nave.

La vostra è un’organizzazione ed una missione nate dal basso ed in autonomia. Quali sono stati gli step che vi hanno portato fino al momento della partenza della Iuventa?

Nell’ estate del 2015 Lena e Jakob hanno lavorato sulla struttura dell'organizzazione. Mi sono unita a loro a settembre, per occuparmi di Social Media e PR. Alla fine di settembre il sito e la pagine Facebook sono stati messi online. Ad ottobre 2015 abbiamo avuto il nostro primo incontro aperto a Berlino, dove Sahra, Sonja, Alex e Matthias si sono uniti al team. Sempre nel mese di ottobre Lena e Jakob hanno visitato le prime navi. A novembre 2015 abbiamo iniziato a raccogliere le prime donazioni e Pauline è entrata nel team per prendersi cura di stampa e PR.

Nel mese di dicembre e gennaio la rete di “ambasciatori” in tutta Europa è cresciuta e più navi sono state visitate. A febbraio 2016, quando abbiamo avuto 20.000 € sul nostro conto, due privati ​​hanno deciso di darci i soldi per la nave, a patto che fossimo riusciti a raccogliere i soldi per la ricostruzione e il trasferimento in mare entro il 31 marzo. Abbiamo iniziato una grande campagna di crowdfunding e per la fine di marzo abbiamo raccolto 120.000 €. Abbiamo comprato la nave nel maggio 2016, effettuato la sua riparazione nel mese di giugno e poi l’abbiamo trasportata ed ancorata nel porto di Amburgo. La prima missione va avanti dal 24 luglio del 2016. Oltre 1200 persone sono state salvate in meno di una settimana.

La pattuglia della “Iuventa” si muove al largo della costa libica e tiene contatti con il MRCC (il Comando Generale della Capitaneria di Porto)a Roma. Nel caso in cui il nostro equipaggio vede una barca in difficoltà ci mettiamo in contatto il MRCC. Ma funziona anche il contrario: così se il MRCC riceve una chiamata di emergenza ci avvisano, nel caso noi potessimo andare. Noi di solito prendiamo le persone a bordo, forniamo loro cibo e, se necessario, medicine. Abbiamo sempre un medico a bordo per prendersi cura dei malati o feriti. Di solito le navi più grandi, come quelle di guardia, che partono dalle coste italiane danno un passaggio alle persone e le portano a terra in modo sicuro. Il nostro equipaggio è composto esclusivamente da professionisti, skipper, medici, macchinisti e così via. Ognuno sta lavorando gratuitamente. Un equipaggio sta in mare due settimane e circa una settimana a terra e poi, dando vita ad una staffetta, sale in barca uno nuovo.

Quali sono gli strumenti con cui siete connessi con l’esterno? Ritenete sia importante mettervi in contatto con altre realtà che operano nel campo della solidarietà concreta per i migranti?

Con il nostro Jugend Rettet network stiamo costruendo una rete di giovani europei che sono attivi allo stesso modo in cui lo siamo noi, che diventano “ambasciatori” di Jugend Rettet nella loro città. Essere:

un ambasciatore vuol dire:

- informare l’ambiente circostante e la stampa locale riguardo le nostre attività (per questioni relative alla stampa contattare [email protected])

- informarci riguardo la situazione nel proprio Paese a proposito del soccorso in mare nel mediterraneo

- raccogliere donazioni

- chiedere al proprio governo che venga portata avanti una politica d'asilo più umana 

Noi siamo del parere che tutti dovrebbero essere in grado di inseguire il loro destino in ogni dove. Nessuno dovrebbe imbarcarsi in una barca senza alcuna condizione di sicurezza. La nostra organizzazione si basa sul concetto di solidarietà nei confronti delle persone in fuga, che non solo sono costrette a lasciare le loro case, ma vengono anche lasciate da sole e messe in pericolo di vita dalle istituzioni. 

Per donazioni all'associazione clicca qui

*** Mattia Gallo è un giornalista pubblicista e media attivista. Ha scritto su web journal, fanzine e siti di contro informazione come: Tamtamesegnalidifumo, Ciroma.org, Fatti al Cubo, Esodoweb, Ya Basta!, Dinamo Press, Lefteast. Tra gli animatori del sito Sportallarovescia.it, collabora con Global Project con attenzione alla politica internazionale.