La riforma Carrozza: l'attacco finale all'Università

Riflessioni politiche sul ddl ed appello da una discussione comune da parte del Collettivo Refresh_Lab di Trento

13 / 12 / 2013

Da ormai quasi tre anni, ossia dall’approvazione della “riforma-Gelmini,  camminiamo sulle ceneri dell’Università pubblica, di un sapere pienamente dequalificato, di una ricerca deturpata.

Sappiamo tutti che al peggio non c'è mai fine: l'8 novembre è stato discusso e approvato, all'interno del pacchetto della Legge di Stabilità 2014, il disegno di legge proposto dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, già nota per essere una paladina del modello universitario anglo-americano.

Il testo, negli articoli 1 e 2, conferisce al Governo una delega legislativa per il riordino e la semplificazione della disciplina in materia d’istruzione, università e ricerca. L’iter che ha portato all’approvazione di questa riforma già ci fa capire quale sia oggi, per il governo Letta, la prospettiva di gestione della formazione in Italia: l’inserimento del ddl nel “pacchetto stabilità” ha da un lato impedito una vera e adeguata discussione parlamentare sul ruolo e sull’importanza reale della formazione e dell’accesso al sapere in questa fase storica, e dall’altro ha derubricato la questione ad un ambito meramente economico, sull’onda dei dispositivi di spending review e in linea con i diktat della governance finanziaria europea

E' bene chiarire che questo documento non vuole essere esaustivo sul piano tecnico, ma mira a mettere in rilievo, da un punto di vista politico, alcune questioni critiche legate all'università.

Partendo dal presupposto che tutto il ddl per ora è molto vago e impreciso, in particolare sull’effettivo ammontare dei tagli, bisogna tener conto, per una corretta lettura dei suoi contenuti, in particolare del quinto e ultimo punto dello schema riassuntivo. Questo recita testualmente: “dall'attuazione delle disposizioni di ciascun decreto legislativo di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanzia pubblica”. Questo passaggio è fondamentale perchè dimostra, in modo palese e definitivo, come la nuova riforma non preveda nessun tipo d’investimento pubblico alla formazione.

La novità più importante, per quanto riguarda l'università, è l’inserimento dei cosiddetti punti organico. Si tratta veri e propri “premi” che vanno agli Atenei in base al loro piazzamento in una classifica meritocratica: più un Ateneo ha una collocazione alta in questa classifica più punti organico riceve. Ogni p.o. è equivalente, in valore monetario, all’ammontare di uno stipendio annuo di un docente universitario.

Il criterio di assegnazione di questi punti è alquanto preoccupante, perché si riferisce esclusivamente alla capacità di un Ateneo di essere virtuoso sul piano finanziario e di bilancio. Per questo verrà introdotto L’ISEF (Indicatore Sostenibilità Economico Finanziaria) che andrà a determinare il piazzamento degli Atenei in questa classifica nazionale. In base a questo indicatore la meritocrazia degli Atenei si basa sulla loro capacità di auto-sostenersi.

Uno dei punti chiave dell’Isef riguarda le tasse universitarie, per le quali il ddl prevede una revisione del tetto massimo. Questo, intrecciato con i criteri di virtuosità finanziaria e di auto-sostentamento, lascia prevedere che le tasse siano destinate ad aumentare, soprattutto per le fasce più basse più basse di reddito.

Altra questione toccata dal ddl è relativa alla quantità di spese del personale a carico dell’Ateneo, prevedendo una revisione dei compensi per i lavoratori nel mondo della formazione. All’interno della sostenibilità economico-finanziaria anche in questo caso è probabile che possiamo trovarci di fronte a tagli di organico, anche piuttosto importanti, negli Atenei meno virtuosi. Ovviamente questo si inserisce in un contesto nel quale già molti servizi universitari sono stati smantellati o esternalizzati.

Il meccanismo più perverso introdotto dal sistema di classifiche e punti organico è l’inserimento di “premi” e “sanzioni”. Le sanzioni colpiranno gli Atenei meno economicamente sostenibili ed automaticamente serviranno a pagare i premi per gli quelli più “virtuosi”.

Questo meccanismo si basa su una dicotomia tesa ad accentuare la forbice tra Atenei di serie A e di serie B, creando una disomogeneità nel territorio nazionale rispetto al diritto allo studio e alla qualità dei servizi che dovrebbe essere garantita a tutti e ovunque in Italia.

Il punto che meglio spiega le intenzioni e l’intera struttura della riforma Carrozza è quello riguardante l’incentivazione di finanziamenti privati. Questo garantirà ai privati maggiore libertà di spesa all’interno dell’Università, arrivando addirittura a garantire la possibilità di finanziare direttamente docenze e cattedre. Tutto ciò crea un legame diretto e pericoloso tra la ricerca e la didattica e gli interessi dei potenziali investitori.

Per sintetizzare: un Ateneo, per essere economicamente più sostenibile, o come viene definito “virtuoso”, deve avere maggiori introiti possibili (tasse o finanziamenti privati) e/o minori spese possibili di gestione (tagli a stipendi del personale e tagli ai servizi dell’ateneo).

In sostanza pare abbastanza evidente il progetto di questa riforma: uniformare ancora di più l'Università italiana al modello anglo-statunitense, attraverso la privatizzazione dei finanziamenti e attraverso il meccanismo aziendalistico basato sulla dicotomia tra Atenei di seria A e Atenei di serie B.

Le pesanti penalizzazioni per territori e studenti residenti in zone prive di Atenei “top”, la spinta verso livelli di produttività ed eccellenza attraverso la competizione ed infine la disomogeneità dell'istruzione, con la conseguente frantumazione dell'unitarietà del sistema formativo, saranno alcuni degli effetti che si prospettano per il futuro.

Questo ci pone davanti e un vero e proprio cambio radicale del sistema dell’istruzione da pubblica a privata: non solo una politica di tagli (come accaduto nelle precedenti riforme degli ultimi venti anni), ma una metamorfosi irreversibile del mondo della formazione.

Come studenti non vogliamo solamente criticare, ma intendiamo contrastare attivamente la riforma Carrozza e il suo modello di istruzione e ricerca. Vogliamo farlo nelle Università e nelle piazze, attraverso un dibattito che coinvolga tutto il mondo della formazione, ma praticando da subito forme vere di conflitto.

Per questo ci piacerebbe aprire una discussione vera sul ddl e più in generale sulle questioni che riguardano i nostri saperi e le nostre vite, sempre più soggette a precarietà e sottrazioni di Welfare, diritti e democrazia.

Se la Carrozza non ritira il decreto troverà ovunque gli #sfasciacarrozza.

Collettivo Refresh_lab - Trento