La tracotanza del potere. Per un foglio di via da Parma, ingresso negato al carcere di Volterra

30 / 7 / 2017

Vicenza, 28 luglio 2017

«Cosa è reale? È reale quella finestra? Sono reali quelle punte di ferro?

 Sono reali quelle mura che ci proteggono?

E l’aria che si muove dolcemente oggi, e il cielo che guardiamo sempre poco, e…»

Armando Punzo, Compagnia della Fortezza

Scrivo dal tavolo della cucina, ma in queste ore avrei dovuto essere a Volterra. Dentro al carcere della Fortezza Medicea. Per il debutto de “Le parole lievi”, il nuovo spettacolo con cui la Compagnia della Fortezza  proverà per due anni a “rovesciare la prospettiva comune che assegna al potenziale della superbia un significato negativo”.

L’ingresso in carcere mi è stato negato (solo verbalmente; pur avendone fatta richiesta non ho ricevuto alcuna motivazione scritta) perché ho divieto di ritorno nel Comune di Parma per tre anni dal febbraio 2016, per aver partecipato a una manifestazione contro gli Ogm.

Il tema del nuovo progetto della Compagnia della Fortezza, curato da Carte Blanche, è la hybris (superbia, tracotanza), che il direttore artistico Armando Punzo propone di reinterpretare «non più come arroganza, come colpa -da punire- del violare i limiti, ma come sfida, coraggio, sogno, amore: come libera, rischiosa, spregiudicata ricerca della felicità, contro ogni apparentemente immodificabile dato di realtà». Qualcosa di simile alla nostra azione pacifica del 2014 nella sede dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) a Parma, con la quale volevamo richiamare l’attenzione sui rischi ambientali e sulla salute della coltivazione di Ogm.

Oltre al bando degli organismi geneticamente modificati utili agli interessi delle grandi industrie dell’agrochimica, chiedevamo trasparenza e coerenza rispetto alla scelta del nostro governo di non coltivare Ogm. E la trasparenza è lo stesso tema che muove l’associazione Antigone nel suo lavoro “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”. Il suo primo rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione (2000) s’intitolava proprio “Il carcere trasparente”.

«Il carcere è sempre stato uno spazio delicato, per certi versi pericoloso, dove la tua vita è completamente nelle mani di qualcun altro. Per questo è importante che tutto avvenga nella trasparenza e nel rispetto delle regole», osserva Alessio Scandurra di Antigone. Così come è fondamentale che vi possano entrare persone diverse della società civile «e questa apertura, nella mia esperienza, fa la differenza nella qualità della vita dell’istituto penitenziario. Per quello che ho visto in altri paesi europei, dove ci sono maggiori limitazioni alla mobilità dentro e fuori dalle carceri, l’Italia è un paese abbastanza aperto: da tanto tempo ormai il carcere si è abituato a essere osservato».

Ma è vero che «non esistono regole chiare in questa mobilità ed è lasciato ai singoli direttori un enorme potere discrezionale -dice Alessio-. Pensiamo anche al caso di un volontario (il cui accesso al carcere, come ‘azione rieducativa’, è regolato dall’art. 17 dell’ordinamento penitenziario, ndr) che stia svolgendo un’attività all’interno dell’istituto e litighi per qualche motivo con gli agenti o altri operatori. Basta questo per dare al direttore il potere insindacabile di interrompere quella collaborazione».

Le ragioni per cui il permesso di entrare possa essere concesso o revocato «non sono indicate in maniera tassativa», perciò «chiunque è a rischio che la sua concessione sia interrotta, o negata. Non si considera, insomma, l’accesso al carcere come un diritto, ma è sempre una richiesta la cui risposta è a discrezione della direzione. Da questo punto di vista, un’indicazione precisa che tolga spazio a decisioni arbitrarie sarebbe utile ed eviterebbe numerosi conflitti».

Si tratta di un tema importante, vista anche la continua crescita dei detenuti nelle carceri italiane, come descritto da Antigone nel “Pre-rapporto 2017 sulle carceri” presentato la scorsa settimana. Sono oltre 3mila i detenuti in più negli ultimi 12 mesi. «Con questa crescita, sarà sempre più importante la relazione del carcere con la comunità che ci sta attorno -conclude Alessio-, che deve poter portare facilmente il proprio aiuto, riconoscendo quelle mura come valicabili».