Al No Dal Molin Festival l'incontro "America! America!" con Toni Negri e Michael Hardt

L’impero è cambiato?

Gli audio del dibattito con Toni Negri e Michael Hardt

9 / 9 / 2009

L’elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti ha sollevato speranze in ogni angolo del globo. 

Dopo 9 mesi dal suo insediamento, è tempo di trarre un primo bilancio. E’ cambiata la politica statunitense nel mondo? E come si riconfigura la strategia militare dell’esercito a stelle e strisce?

Queste le domande a cui si è cercato di dare risposta nel dibattito che si è svolto lunedì 7 settembre al No Dal Molin Festival con gli interventi di Toni Negri e Michael Hardt coordinati da Vilma Mazza dell'Ass.ne Ya Basta! e introdotti da Francesco Pavin del Presidio No Dal Molin.

Quasi sul finire dell’incontro più “politico” del festival, quello con gli autori di “Impero” - insomma gli studiosi del nuovo assetto di comando e di potere sul mondo dopo la fine della guerra fredda - arriva la domanda importante, quella per cui ci siamo tanto dannati in questi mesi: “andare alla Casa Bianca”. “Come e cosa fare per farci ascoltare da Obama” il presidente che ha acceso speranze ed aspettative in tutto il mondo?

Negri non ha ricette pronte all’uso da dare, ma in una tornata precedente di domande sul concetto di bene comune aveva lanciato al numeroso e attento pubblico questo messaggio: “non basta contrastare una base, opporsi alla guerra…bisogna anche saper costruire la pace” e aggiungeva come questo movimento con le sue iniziative fosse riuscito a rappresentarla questa idea di pace, facendola diventare un modo di vita, un bene comune prezioso e concreto.

Bene, secondo Michel Hardt è proprio questo bene comune che bisogna saper rappresentare a Washington. Non una protesta confinata in pochi metri quadri di pochi pacifisti, ma una rappresentanza della moltitudine che questo movimento ha saputo evocare e formare, che ha cambiato la vita e la città, che ha dato speranza e anche gioia e felicità.

Di questo, di come andare a Washington, se ne era parlato anche con David Vine in un workshop specifico che bisognerebbe riprendere e dipanare perché anche quello ricco di spunti, ma sull’America e Obama altre idee e altri contributi sono usciti dall’incontro: da quello che piace molto ai critici radicali degli Usa, “fra Obama e Bush in definitiva non è cambiato nulla”, all’opposta lettura di come sia fallito il tentativo incarnato da Bush di riportare a sè il comando assoluto del mondo, al tipo di potere rappresentato da Obama che fa della relazione con altri soggetti, siano Stati, siano cittadini, il fondamento della propria presidenza. Da questo punto di vista è paradigmatica la riforma sanitaria che Obama intende fare come prima e principale azione del suo mandato e sulla quale si gioca la faccia e il suo futuro. Su questo, su come la destra repubblicana che ne ha colto l’importanza abbia scatenato un’offensiva micidiale contro il presidente, assieme alla guerra in Afghanistan che crea ai movimenti pacifisti americani un gran mal di pancia, Hardt ha sottolineato il punto di criticità dei movimenti negli States, ancora incapaci di ritrovare l’iniziativa dopo le elezioni di novembre.

Infine, quasi a preludio di successivi dibattiti su violenza e non violenza, pacifismo buono e cattivo Toni Negri, da bravo “cattivo maestro” ha chiaramente sostenuto la bontà dell’autodifesa qualora si venga aggrediti e la sua lontananza dal pacifismo ma non certo dalla pace, se come si diceva all’inizio capace di costituirsi in bene comune.

Foto de "L'Angelo Viaggiatore"

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