L'inizio di un anno già passato

All'inizio del 2016 si vedono già gli effetti negativi dei cambiamenti climatici

17 / 1 / 2016

Se con l’inizio del nuovo anno, per seguire un sovra-citato testo di Gramsci, abbiamo la sensazione di poter avviare una nuova fase della nostra esistenza senza il peso antiquario del passato, la fotografia climatica di queste prime settimane del 2016 ci tradisce subito. Soprattutto se abitiamo nelle grandi città inglesi. E’ di pochi giorni la pubblicazione dei dati che indicano il superamento della percentuale annua di anidride carbonica nell’aria di alcune strade londinesi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità da qualche tempo lancia moniti e avvertimenti sulla composizione organica dell’aria che respiriamo ogni giorno: 400.000 persone all’anno muoiono per disturbi respiratori, cardio-vascolari e di patologie tumorali a causa della concentrazione troppo elevata di anidride carbonica. Di queste, ben 29.000 nel Regno Unito. Se invece allarghiamo la scala, si parla di numeri che toccano i tre milioni e trecentomila persone di morti premature ogni anno, con un picco raggiunto dalla Cina e dalla sue enormi metropoli come Hong Kong e Shangai – nel Paese del drago i dati hanno dimostrato che 4000 persone decedono quotidianamente per patologie dovute all’inquinamento che si sono aggravate negli anni. Nel 2016 l’inquinamento dell’aria, dice una ricerca dalla rivista scientifica Nature incide di più sulla mortalità degli individui affetti da malaria o del virus HIV. Un vero e proprio bollettino di morte che fotografa l’espandersi di questo biocidio (poiché non colpisce soltanto la vita umana e, soprattutto, non soltanto quella fisiologica individuale). E sì, ci sono arrivati addirittura alcuni economisti neoliberali: il continuo taglio al welfare pubblico, primo tra tutti il sistema sanitario, non fa che escludere milioni di persone dalle prestazioni mediche necessarie per la cura e le procedure terapeutiche atte ad alleviare le patologie dell’inquinamento. Gli stessi ospedali londinesi, per esempio, faticano ad essere tempestivi nella presa in carico dei pazienti a causa della mancanza di personale e di strutture adeguate. Sotiris Vardoulakis, capo del dipartimento del cambiamento climatico della Sanità d’Inghilterra, commenta che “l’inquinamento dell’aria ha un impatto sulla spesa dell’NHS [National Health System], ma non l’abbiamo ancora quantificato” visto che “è responsabile del 5% della mortalità adulta”.

Ma, del resto, è meglio chiudere gli occhi piuttosto che dover “ripensare tutto”, per dirla con Naomi Klein. David Cameron è dovuto tornare sui suoi passi posticipando di altri sei mesi la costruzione dell’aeroporto di Heathrow. Tutto ciò dopo la tanto vergognosa quanto ignorante dichiarazione del 2014 ai suoi cittadini, nella quale ha analizzato così le difficoltà respiratorie e la sensibile percezione di aria “pesante” durante l’anno passato: “lo smog non è che un fenomeno metereologico che accade naturalmente”.  Le sue parole sarebbero state dette dopo che le chiamate per il soccorso della ambulanze a Londra sono aumentate del 14% per problemi di respirazione, cercando di rassicurare i londinesi che la situazione “potrebbe sembrare straordinaria” ma è in realtà “sabbia del Sahara, ecco cos’è”. La Commissione Europea ha iniziato ad applicare delle sanzioni alla Gran Bretagna per l’incapacità storica di provvedere all’aria irrespirabile. Una di quelle conseguenze dell’essere parte dell’Unione che di sicuro non sono andate giù – e non vanno tuttora – a Cameron, la cui proposta di referendum per fuoriuscire dall’Unione potrebbe essere fondata anche su questo motivo. La cosa che comunque era e rimane imbarazzante è la determinata miopia dei politici neoliberali, i quali preferiscono non dover mettere in questione i dogmi divini del mercato e della produzione capitalistica andando a minimizzare, mistificare e travisare la questione dell’inquinamento.

 Ma sappiamo benissimo che finanziare maggiormente il sistema dei trasporti, anche in una metropoli come Londra in cui la loro organizzazione ed efficienza è stata sviluppata per la produttività stessa della città, e garantire una loro transizione ad un consumo minore di anidride carbonica, vorrebbe dire abbandonare quella regola aurea del bilancio. Sappiamo anche che vorrebbe dire ripensare la cartografia metropolitana, distribuire ricchezza nei quartieri più depressi e abbattere i muri dell’esclusione di alcune parti della città: provvedere all’inquinamento vuol dire aumentare il benessere della cittadinanza tutta, la sua possibilità di riprodurre le relazioni sociali e la vita.

Diventano offensive le pretese ecologiste dei governi quando queste si riducono ai tre giorni di “car free zone” sulle città. Abbiamo assistito al goffo tentativo renziano di seguire, a pochi giorni dalla chiusura della Cop21, i buoni propositi per ridurre l’inquinamento applicando alle nostre metropoli (Roma, Milano, Napoli) l’interdizione del traffico. Quasi a dire: arrangiatevi con i trasporti che abbiamo, è solo una situazione temporanea. Molto insufficiente nella durata e nell’intensità, oltre a condannare chi non può permettersi un abbonamento ai trasporti pubblici oppure chi non trova alcun collegamento del servizio nella zona in cui vive o lavora all’impossibilità di muoversi. Senza contare che, allo stesso tempo, si approvano grandi opere dannose e alla base di un’economia dei combustili fossili, proprio quelli che appestano l’aria che respiriamo.

Forse vale la pena soffermarsi sulle proposte ambientali del governo italiano. Verranno stanziati 405 milioni per l’efficientamento energetico delle strutture pubbliche, per la mobilità dei trasporti e per incentivare il risparmio nei condomini privati. Una spesa pari a 6,7 euro a italiano che impallidisce di fronte all’emergenza francese, la quale ha valutato un danno ambientale da riparare con 100 miliardi annuali. Il potere degli enti locali, contemplato dal piano anti-smog, di instaurare le serrate delle auto, ridurre il limite di velocità e abbassare i gradi del riscaldamento dopo una settimana di eccedenza dei limiti di pm10, è la solita concezione del contenimento dell’emergenza. Se, infatti, la parte del piano di “programmazione” sarebbe quella dei 405 milioni stanziati, possiamo pure dire che è assente una visione strategica che ripensi radicalmente il funzionamento delle città.

I cambiamenti climatici dell’antropogene ci sbattono in faccia la dura realtà. Una realtà molto vicina, perché non ammorba soltanto le popolazioni che abitano nelle zone desertificate o rese invivibili dalla temperatura, dunque costrette a emigrare; non colpisce le specie animali o i ghiacciai, al massimo le città di mare. E’ una realtà che respiriamo ogni giorno nelle metropoli e nelle città. Un altro grande rimosso è che l’inquinamento, tra grandi opere, traffico ed industrie, non colpisce soltanto le city finanziarie o metropolitane: il livello di pm10 è superato a Marghera tanto quanto a Padova, Taranto, ecc. Proprio al Nord troviamo, nella fattispecie in Veneto, l’immagine più critica del satellite di rivelamento dell’inquinamento. Per tornare al panorama europeo, su uno studio basato sul 2012 l’Italia ha segnato il record continentale per il numero dei decessi prematuri dovuti all’inquinamento, cioè 84.400 su un totale europeo di 491.000. In generale, la Pianura Padana è stata considerata area più inquinata d’Italia in cui ogni abitante perde dai due ai tre anni di vita ogni anno.

La causa principale dei disastri ambientali deriva dalle emissioni di anidride carbonica, la stessa sostanza che in questi ultimi decenni uccide decine di migliaia di persone nei nostri territori. Opporsi al modello produttivo ed economico attuale (connesso a quello politico) non è puro sentimento verso l’altro dall’uomo (fauna e flora), né riguarda il futuro apocalittico dell’aumento delle temperature o dell’innalzamento delle acque: è un tragica attualità che tocca tutti e tutte.

A livello di tolleranza della percentuale di inquinamento che sarebbe bene rispettare, il 2016 è già passato, e siamo solo al suo inizio. Per iniziare un anno nuovo fatto di quel distante, fresco inizio necessario per il cambiamento, non possiamo più attendere. La soluzione nella domanda: come riscrivere i tratti dei territori dove viviamo all’insegna dell’uguaglianza, della distribuzione e del rispetto della nostra vita?