direttamente da Atene

L'opportunità catastrofica del no

Guerra di classe, incertezza e movimenti alla vigilia del referendum greco storico per l’intera Europa

4 / 7 / 2015

“E’ un momento storico”, “non riesco ad immaginarmi cosa succederà”, “comunque vada, l’importante non è tanto domenica quanto la risposta che riusciremo a dare il lunedì”. Gli ateniesi, o almeno quelli più impegnati sul fronte dell’attivismo sociale e politico, pronunciano in parole diverse uno stesso pensiero. Il referendum di domani è un evento non scontato che non può non far prendere posizione, non schierarsi. Eppure, ogni volta che si entra in argomento, l’incertezza e la cautela riempiono i tono del discorso. Sia chiaro: non è che le persone non sappiano cosa votare. Così come soltanto una minoranza minoritaria – scusate il gioco di parole – pensa davvero di boicottare il voto di domenica, di non avvicinarsi alle urne per motivi ideologici o di tattica politica. E’ il caso del KKE, i comunisti, e di una parte del movimento anarchico sicuramente non marginale in Grecia. Non ci interessa riferirci qui a chi vuole difendere la propria identità o a chi per attitudine non vuole stare all’interno di processi veri perché contraddittori.

Il problema piuttosto è che il precipitare del tavolo del negoziato tra Grecia e istituzioni europee, l’ultima proposta di Tsipras, la consapevolezza che in gioco ci sia l’intero progetto comunitario europeo, ha inevitabilmente polarizzato la società civile. 

Partiamo dalla campagna per l’OXI. Barrare la casella del NO sulla scheda referendaria vuol dire rifiutare il nuovo memorandum che Lagarde, Juncker e Merkel/Schäuble vorrebbero consegnare alla penisola ellenica – un’altra volta. Non solo i governi ma anche interi collettivi e reti del mutualismo stanno portando avanti una campagna di promozione e di pubblicizzazione dal basso per promuovere questa negazione, il “NO al passato per affermare con forza un altro futuro”. OXI è nelle corde delle esperienze di autogestione dei servizi alla base del soddisfacimento dei bisogni primari, perché parla della possibilità di controllo e di impiego diverso delle risorse monetarie che sarebbero necessarie a finanziare lo stato sociale. OXI rivendica democrazia e diritti laddove i piani di salvataggio delle istituzioni europee assomigliano ad un patto col diavolo, richiedendo in cambio di soldi tassazione sui beni primari, abbassamento delle pensioni e dei salari pubblici. E ancora OXI porterebbe, dal basso di una rottura tutta popolare e di un consenso di maggioranza, a mettere in discussione le basi di questa Europa. La consapevolezza della portata internazionale del referendum non è cosa che riguarda solo la classe politica: dal primo all’ultimo sostenitore del NO sanno benissimo che il voto di domenica non solo è indirizzato ad un sistema di potere gerarchico e autoritario, ma è anche un desiderio di respiro potenzialmente europeo. Un risultato referendario che liquida una volta per tutte a partire dalla volontà della cittadinanza l’austerità neoliberale, fa tremare le sale della Commissione, dell’Eurogruppo, persino del Bundestag. Del resto, cosa succederebbe se in altre parti del Vecchio Continente si dovessero attivare – non solo tramite referendum, ma di movimento – potenti espressioni di un’alternativa in Europa?

In qualche modo è proprio la risposta a tale domanda che crea incertezza. Gli eventuali scenari successivi ad una vittoria dell’OXI sono molteplici e insicuri nella mente delle persone. Ci sarà una grossa ripercussione vendicativa sulla Grecia? Una Grexit? Un embargo dei mercati? Tsipras e Varoufakis parlano di un accordo migliore, di un’intensificazione del rapporto di forza a loro favore. E’ probabilmente vero. Ciononostante, in molti si chiedono quale tipo di intesa possa essere firmata e se possa essere accettabile per la cittadinanza. L’ultima mossa del governo di Syriza, infatti, aveva accettato il programma delle istituzioni aggiungendovi, però, le cinque “clausole rosse”. Il fronte del SÍ sfrutta questa indeterminatezza sul lungo termine, dando delle risposte precise in merito: se il popolo greco si schiera per la sottomissione alla governance europea, almeno sa che rimarrà nell’eurozona e avrà la promessa della ripresa senza catastrofi. Il terrorismo mediatico, il fantasma della chiusura delle banche e del tracollo finanziario alimentano questa sensazione, soprattutto ora che anche la BCE gioca sulla promessa della liquidità nel caso della vittoria del SÍ. 

E’ una guerra di classe, quella tra il NAI e l’OXI, come ricorda Yannis Almpanis dell’ufficio di Tsipras, intervistato dalla delegazione internazionale di Blockupy. Una guerra che si crea nella menzogna che in gioco ci sia l’appartenenza o meno all’Europa. I sostenitori del SÍ sono rappresentati prevalentemente da una classe medio-alta impaurita dalla perdita dei propri interessi e dei propri conti bancari, per la quale l’Unione Europea è principalmente garanzia di tutto questo. Queste persone per la maggior parte “non sanno cosa significa veramente vivere in Europa”, dice Loukìa Kotronaki di Diktio. Non tengono dell’importanza di pensare all’Europa in un altro modo: l’importante è che vedano tutelato questo status quo per continuare con le loro esistenze. Una buona fetta delle destra, eccetto i nazionalisti ed i fascisti che convergeranno sul NO, si è naturalmente data di conseguenza come forza politica rappresentativa di questa fazione.

Il “lunedì insicuro” non è però motivo di paura. In piazza Syntagma, in occasione del discorso di Tsipras, più di 200.000 persone si sono radunate sotto l’insegna e al grido del NO. A dispetto di coloro che pensano all’euroscetticismo, ma anche al rifiuto del cosiddetto “europeismo di sinistra” che si starebbe esprimendo in Grecia, l’intera piazza ha accolto gli interventi degli internazionali (tra cui delegazioni Sinn Fein e di Podemos) applaudendo a Martin Glasenapp di Blockupy. Non esiste contraddizione tra il processo che ha portato a questo referendum, nato e cresciuto in piazza Syntagma, e la contestazione alla BCE partita dal “cuore della bestia”, dalla Germania stessa. E’ il segno che un progetto comunitario si può fare su altre basi, su altre esigenze che non rispondono agli interessi delle élites finanziarie, e che investe tutte le parti del Vecchio Continente: dal Sud fino al profondo Nord. Mentre nell’altra piazza si respira pochezza e numeri molto più bassi, al contrario di quello che titolano i nostri giornali sull’equità numerica dei manifestanti, in piazza Syntagma i molti si radunano per la democrazia reale, la dignità, migliori condizioni di vita. “L’intera Europa sta guardando a noi”, dice un acclamatissimo Tsipras dal palco. Ed è sicuramente vero, questo è il motivo per cui la presenza degli internazionali è stata fondamentale. 

Non è possibile sorvolare la questione quando ci si trova di fronte ad aventi maggioritari. Piazza Syntagma ha radunato una quantità di persone che non si vedeva dal 2012, dalla punta più alta dei movimenti sociali contro l’austerità, ricordano gli attivisti del centro sociale Diktio. Stavolta, tuttavia, la manifestazione non era in opposizione al governo, ma era chiamata in un certo senso dal governo stesso. Era una piazza di sostegno che tutti i leader europei non oserebbe mai chiamare di fronte a sé per timore di una scarsissima presenza. Questa contraddizione, soprattutto da parte di coloro che fanno autorganizzazione sociale quotidianamente, è il segno del fatto che senza l’orizzontalità e la maturità dei movimenti non ci sarebbe stata alcuna Syriza. E’ dalle piazze e dalle strade che il programma di Syriza è stato in un certo senso stilato; è dalla base sociale del partito e dei movimenti che il referendum è diventato un’opzione. Ed è in questi spazi e tempi politici che i molti tornano a farsi vedere e a manifestare la loro potenza.

Se questo programma fosse disatteso con un accordo al ribasso, a seguito di una vittoria del no, è qui che dovrebbero rientrare in scena i movimenti. “Per noi la storia non finisce lunedì: dopo ci sarà martedì, poi mercoledì, e noi continueremo con le attività sociali delle reti di solidarietà”, afferma Christos Giovannopoulos  di Solidarity4all. Indubbiamente, tutti ricordano che negli ultimi mesi la mobilitazione è stata difficile, bloccata. Ma il voto di domenica, a seconda degli effetti che produrrà soprattutto se vince il rifiuto delle imposizioni dell’ex troika, ha in sé tutto il potenziale per fare riemergere i movimenti e forzare l’azione del suo stesso governo. Con un elemento nuovo, cioè l’apertura di un discorso politico che investe tutta Europa e che può creare un senso comune del possibile futuro altro rispetto all’Europa di oggi, come fanno vedere le prime iniziative di solidarietà fatte in centinaia di città in tutto il mondo. Chi ha mai deciso di costituire l’Europa sul trattato di Maastricht e con queste istituzioni? Chi ha mai voluto, tra la cittadinanza, che ci fosse la religione sacra dell’inflazione, del rigore, della dittatura finanziaria? Chi ha deciso che non si possa ristrutturare il debito? Proprio adesso che, come ricorda Tsipras, non è stato trasmesso il documento del Fondo Monetario Internazionale che diceva fattibile una tale operazione.

I sondaggi danno un 45% contro un 45%. Qualunque sia l’esito, per quanto ci siano scenari fortemente differenti tra loro, la polarizzazione della società e l’inversione di rotta può venire da una risposta vera dal basso in entrambi i casi. E’ fuori dai palazzi della governance, come dimostra il referendum, che il cortocircuito istituzionale può farsi rapporto di forza. Un rapporto di forza che deve essere assunto a livello transnazionale, per delegittimare l’applicazione neolbierale in ogni sua articolazione ma, soprattutto, per condividere collettivamente un altro progetto di confederazione tra le comunità. Per noi, votare OXI in Grecia è dire NO al Jobs Act, allo Sblocca-Italia, alla Buona Scuola. Per noi, significa che una finestra si apre – proprio dal globale – anche nel nostro territorio, tenendo conto delle sue specificità. Certo, è un’opportunità che nasconde un grande rischio, come ogni kairòs. Lo spettro della catastrofe non è aggirabile, bisogna considerarlo fino in fondo. Perché chi non rischia, con tutte le contraddizioni del caso, perde già in partenza. E i greci di piazza di Syntagma di ieri lo sanno benissimo.

Atene 03.07

Intervento Blockupy dal palco #OXI