L’ultima frontiera dell’ingegneria finanziaria per il sostegno alle opere inutili: le defiscalizzazioni

di Gianfranco Poliandri, notavbrennero.info

27 / 1 / 2015

È dagli anni 1990 che i Governi italiani e le grandi aziende di costruzioni cercano e trovano sistemi per realizzare opere pubbliche con poca copertura finanziaria spostandone l’onere verso i bilanci dei decenni futuri.

Molti ormai conoscono la natura e il funzionamento dei trucchi che sono stati adottati grosso modo fino al 2008-2009 e che hanno funzionato soprattutto per le c.d. infrastrutture strategiche, riassuntivamente noti come “modello TAV”.

Ma quei trucchi, per dispiegare i loro effetti, dovevano comunque contare su una qualche disponibilità iniziale di risorse pubbliche vere, mediamente intorno al 50% del costo delle opere.

La fase della crisi - prima finanziaria e poi economica - che è iniziata nel 2008 ha complicato le cose ai promotori delle “opere grandi”. Il loro problema è presto diventato quello di avviare comunque i cantieri in condizioni di grave carenza, se non di totale assenza, di finanziamenti pubblici.

L’ingegneria finanziaria si è così impegnata per richiamare, facilitare ed ampliare gli interventi di soggetti privati nella costruzione e nella gestione di opere pubbliche rilanciando in modo organico tutte le forme del c.d. partenariato pubblico-privato.

Tra il 2010 e il 2014, infatti:

  • alcune modalità di realizzazione già in uso sono state riadattate al caso (la finanza di progetto), altre sono state radicalmente ristrutturate o create per la circostanza (i contratti di disponibilità, le obbligazioni di progetto, le obbligazioni di scopo degli enti locali). Un elemento comune le ha caratterizzate, è cioè la prestazione di garanzie sempre più imponenti al capitale privato che accorre “in aiuto” alla parte pubblica, così imponenti da spostare sostanzialmente tutto il rischio dell’impresa verso l’amministrazione che affida i lavori;

  • queste modalità sono state a loro volta affiancate da una serie interminabile di incentivi concessi ai privati, dalle semplificazioni procedurali (che hanno praticamente azzerato democrazia e controlli) fino all’abbattimento delle tutele ambientali, dai diritti di “valorizzazione immobiliare” nelle aree già devastate dalle opere fino alla materna preoccupazione per l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento privato.

Eppure il sistema gli funziona male. Il reale presupposto per l’intervento “risolutivo” dei privati è sempre stata la disponibilità di capitale preso a prestito dal mercato finanziario con la protezione pubblica. Ma lo sviluppo della crisi negli ultimi anni ha reso il pianeta bancario nazionale comunque restio a mettere a disposizione finanziamenti liquidi.

Si sta allora facendo strada un meccanismo “innovativo” che - sorto come incentivo secondario all’intervento dei privati - può diventare strumento strutturale di sistema. Si tratta delle defiscalizzazioni.

In sintesi, al soggetto privato - che contribuisce con capitale proprio alla realizzazione di opere pubbliche con una delle modalità elencate sopra - vengono riconosciuti per lunghissimi periodi crediti ed esenzioni fiscali commisurati all’importanza del suo investimento. Sembra la trovata magica: 1) la parte politico-istituzionale che vuole per forza realizzare opere oggi, ma non ha risorse, rinuncia irrevocabilmente ad entrate fiscali future compromettendo diritti e servizi relativi a periodi in cui non sarà chiamata a rispondere; 2) il sistema bancario che rifornisce gli investitori privati il capitale per operare è maggiormente rassicurato - nelle sue aspettative di rimborso - dalla disponibilità futura di “risparmi di imposta” in buona parte automatici piuttosto che di improbabili flussi di cassa derivanti dall’utilizzazione di infrastrutture per lo più inutili; 3) i costruttori privati aprono i cantieri e guadagnano incuranti della razionalità e della ragionevolezza di quello che mettono insieme.

Il meccanismo pare particolarmente pericoloso per le finanze pubbliche. Il Programma Infrastrutture Strategiche allegato al documento di Economia e Finanza 2014 lo esalta, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Lupi continua a glorificarlo non appena può, la stampa specializzata non “solleva obiezioni” 1.

Prime incentivazioni fiscali transitorie per favorire la realizzazione di nuove infrastrutture autostradali sono state introdotte dalla legge di stabilità 2012, sono subito diventate incentivazioni strutturali e sono state estese prima a tutte le infrastrutture stradali e autostradali e poi a tutte le nuove infrastrutture previste programmi di amministrazioni e da realizzarsi con contratti di partenariato pubblico-privato. Accantonata un’impresentabile ipotesi di sterilizzazione totale dell’IVA sulle grandi opere emersa a metà 2012, i Governi da Monti a Renzi che si sono succeduti hanno introdotto 2 più accortamente molte misure di completamento quadro.

Senza entrare nei dettagli, vediamo come funzionano.

Quando il finanziamento pubblico è ridotto o assente, la sostenibilità economica dell'operazione (l’equilibrio del piano economico-finanziario) può essere garantita al soggetto realizzatore privato - dopo una delibera apposita del CIPE - anche attraverso:

  • riduzione, annullamento o compensazione dell’ IVA;

  • credito di imposte IRES e IRAP (le imposte sui profitti, insomma) generate in relazione alla costruzione e alla gestione dell'opera, entro il limite massimo del 50% del costo dell'investimento, per la realizzazione mediante contratti di partenariato pubblico-privato di nuove opere infrastrutturali di importo superiore a 50 milioni, la cui progettazione definitiva sia approvata entro il 31.12.2016 e per le quali è accertata la non sostenibilità del piano economico-finanziario;

  • esenzione dal pagamento dei canoni annuali di concessione dovuti per la gestione dell’opera realizzata.

Conoscere almeno in parte questi argomenti difficili, per i movimenti di resistenza alle grandi opere inutili è una condizione per avere più forza.

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1 Cfr. per esempio Edilizia e territorio - Il Sole 24 ore: 4.8.2014, Imposte azzerate per 12 anni, così il Cipe ha salvato la Pedemontana: “L'esenzione fiscale sarà totale, la società cioè non pagherà un euro di tasse, dal 2016 al 2027, per un valore nominale di minori incassi per lo Stato stimato in 800 milioni di euro (circa 67 milioni all'anno per 12 anni), pari in valore attualizzato a 349 milioni di euro (se cioè lo Stato volesse riequilibrare il piano economico-finanziario versando un contributo pubblico "cash", dovrebbe versare 349 milioni di euro)”, qui ; 29.11.2014, Grandi opere, defiscalizzazione a partire da 50 milioni di importo (se il Cipe approva il piano finanziario); 23.1.2015, Pedemontana Lombarda, aprono due tratte da 15 km ma il futuro resta incerto.

2 Decreto legge c.d. sviluppo bis, convertito dalla legge n. 221/2012 (articolo 33); decreto legge c.d. del fare, convertito dalla legge n. 98/2013 (articolo 19); decreto legge c.d. Sblocca Italia convertito nella legge n. 164/2014.