Merito, precarietà, privatizzazioni? No grazie!

Una prospettiva di parte sul progetto di riforma Renzi-Giannini

26 / 9 / 2014

La riforma Renzi ci viene presentata come giovane e innovativa. Aldilà delle incredibili somiglianze che riscontriamo con il DDL Aprea, questa riforma non fa altro che andare nella stessa direzione di quelle precedenti ed è perfettamente in linea con le politiche neoliberiste attuate dagli ultimi governi. L'obiettivo è la realizzazione di scuola-azienda in cui non si mira a formare cittadini attivi bensì soggetti privi di capacità critiche e abituati alla competizione attraverso la continua valutazione. 
Il piano scuola Renzi colpisce tutte le componenti del mondo dell'istruzione, tanto noi studenti quanto i docenti, precari e di ruolo.
Stando al governo il punto di forza della riforma è l'assunzione di 150.000 docenti che permetterà il completo assorbimento della cosiddetta “prima fascia”, composta dai docenti abilitati all'insegnamento e inseriti nelle Graduatorie ad Esaurimento (GAE). La seconda fascia, composta invece dagli insegnanti abilitati ma non nelle GAE, verrà impiegata per le supplenze straordinarie. La terza fascia, che comprende diverse migliaia di lavoratori precari non ancora abilitati, sarà eliminata del tutto. Di fatto quindi si parla di 150.000 assunzioni contro almeno altrettanti licenziamenti. Questi neodisoccupati saranno costretti a riabilitarsi per poter ricominciare a insegnare. 
La stessa abilitazione all'insegnamento subirà delle modifiche: verrà inserita un'apposita laurea specialistica abilitante seguita da sei mesi di tirocinio nelle scuole, in cui saranno il preside e la nuova figura del docente mentor a valutare idonei gli aspiranti docenti all'accesso al concorso finale.In questo sistema emergono numerosi punti assolutamente inaccettabili. In primo luogo ancora una volta viene inserito all'interno della scuola un sistema meritocratico per cui il preside ed il docente mentor hanno il potere di giudicare la validità dei futuri docenti. Inoltre nel caso in cui un tirocinante per due volte non venga ritenuto idoneo gli sarà precluso definitivamente e per sempre l'accesso all'insegnamento. La stessa laurea specialistica abilitante infine precluderà ai laureandi la possibilità di utilizzare la propria laurea in più ambiti, imponendo una scelta preliminare definitiva. Coloro che oggi sono già iscritti ad un corso di laurea specialistica non potranno infatti scegliere la strada dell'insegnamento.
Il piano scuola Renzi prevede anche una modifica dell'assegnazione degli scatti di stipendio. Fino a questo momento gli aumenti di stipendio dipendevano dall'anzianità d'insegnamento, dopo la riforma saranno assegnati dal preside per merito solo al 66% dei docenti. Quest’ultimi saranno costretti ad accumulare crediti attraverso corsi extracurriculari, supplenze e corsi di formazione, che ogni tre anni permetteranno appunto gli scatti di stipendio. Nella “buona scuola” di Renzi, la figura del preside-manager assume uno strapotere che comporta una spietata competizione tra i docenti, i quali saranno posti in una condizione di subalternità che non gli permetterà di scioperare, esprimere opinioni controcorrente, limitando quindi la libertà di pensiero e d’insegnamento. 
L’ultimo punto riguardante i professori è quello della mobilità. I presidi disporranno di un portfolio con il registro dei docenti che, a seconda delle proprie qualifiche e dei propri crediti, verranno selezionati per “rafforzare il proprio team”, costringendo gli insegnanti a continui spostamenti. In questo modo si andrà a rafforzare il meccanismo delle scuole di “serie A” e “serie B”, precedentemente inserito con la valutazione INVALSI. 
Altro elemento fondamentale della riforma Renzi è il rapporto diretto scuola-lavoro. In particolare negli istituti tecnici verranno istituite 200 ore obbligatorie di lavoro gratuito in aziende che verranno sponsorizzate dalla scuola. Una scuola sempre più azienda, in cui è sempre più presente l’esaltazione della retorica della competizione, del successo dell’individuo più intelligente e più formato, mantra della società neoliberista, dei tagli al welfare e della precarietà. 
In questo quadro viene inserita la figura del privato che finanziando gli istituti entrerà a far parte degli organi decisionali, sottraendo potere al consiglio d’istituto e condizionandone fortemente le scelte. I finanziatori, anche attraverso sgravi fiscali, avranno la possibilità di lucrare sull’istruzione, che dovrebbe essere un diritto e un bene pubblico. 
Una menzione a parte merita poi l’esaltazione del “crowdfounding” come pratica virtuosa già presente in alcune scuole; in altri termini, Renzi esalta le famiglie che organizzano le “collette” per coprire le spese che i dirigenti non possono accollarsi.
Appare evidente come Renzi voglia trasformare la scuola in un’impresa sostenuta dalla beneficenza e allineata ad un mercato del lavoro e più in generale ad un sistema in cui regna la precarietà e in cui l’individuo viene alienato e privato dei suoi diritti.
Il premier ci ha concesso l'opportunità di esprimerci a proposito di questo piano scuola attraverso due mesi di consultazione online e nelle scuole. Si tratta in realtà di test a risposta multipla con domande predefinite e risposte preimpostate che non permettono nessun tipo di confronto reale.
Se questa riforma dovesse essere approvata si assisterebbe al primo cambiamento radicale del mondo della scuola dal 2008 e, se si arrivasse alla completa riformulazione del Testo Unico della scuola, addirittura dal 1994.
È evidente che non è il tipo di cambiamento che vogliamo, che si deve invertire la rotta. 
Il movimento studentesco deve riuscire a farsi portatore di queste esigenze di effettivo cambiamento nelle scuole, attraverso la pratica di esperienze di autogestione e di produzione collettiva di saperi, creando un vero "fronte di resistenza" alle politiche di gestione dell'istruzione.
L'esaltazione dell’individualità, della retorica della competizione della meritocrazia deve essere contrastata attraverso la ricostituzione di ambiti di ragionamento ed opposizione reale alle logiche neo-liberiste di gestione della scuola ed in generale della cosa pubblica. 
È per questo che noi studenti saremo in piazza il 10 Ottobre per dare un primo segnale di forte dissenso nei confronti del piano scuola del Governo, così come il 2 Ottobre per contrastare il vertice della BCE e le politiche delle governance europee.

 K.A.O.S. (Kollettivi Autonomi per l'Organizzazione Studentesca)