Milano - Noi siamo autogestione, i corpi vivi nella metropoli

14 / 6 / 2014

ZAM e Lambretta sono solo due delle realtà che in questa città producono la resistenza che tenta di decostruire la macchina del potere, una resistenza che non è solo opposizione, ma un virtuoso meccanismo di costruzione. La macchina tenta di minare le fondamenta di queste due realtà, con la speranza di distruggere la nostra identità, i nostri spazi, la nostra politica.

La macchina in questione è quella che governa il nostro territorio e ne è direttamente responsabile. Di conseguenza uno degli ingranaggi si chiama Comune di Milano, anche proprietario dello stabile in cui vive oggi ZAM.

Un altro ingranaggio, strettamente connesso al primo, si chiama Aler, che – in quanto proprietario – ha deciso di riprendersi le villette del Lambretta.

Attenzione, non lo spazio da decenni vuoto e abbandonato che abbiamo trovato al nostro ingresso, bensì il luogo vivo nel quale lo abbiamo trasformato: un grande incubatore di produzioni culturali e sociali, un significativo luogo di incontro e di scambio fra chi vive ogni giorno quel territorio. Aler è quel soggetto politico che – a forza di sfratti – gestisce (o gestiva) parte del patrimonio immobiliare del Comune; quel soggetto per cui corruzione e tangenti sono all’ordine del giorno benché rivendichi la necessità di legalità; quel soggetto che speculerà sulla vendita delle villette.

E il Comune di Milano cosa ne dice?

Semplicemente non dice. Il Comune di Milano non ha alcuna posizione pubblica in merito, ufficialmente le proprietà Aler non gli competono. Dunque il problema del Lambretta è forse solo una questione di proprietà? Il Comune sembra dirci che non essendo direttamente coinvolto nella gestione di quegli immobili, la sua posizione sia non avere una posizione. In questo modo nessuno è costretto a esporsi, né i favorevoli né i contrari allo sgombero e i conflitti politici interni rimarranno sommersi, perchè insomma, i panni sporchi si sa…

E sempre del Comune vogliamo parlarvi, che con le carte e la burocrazia trova il sistema per liberarsi di ZAM e con le motivazioni dello sgombero imminente non fa che ribadirci la pavidità e l’incapacità di quest’amministrazione. Tecnici del Comune depositano una relazione che sostiene il pericolo di crollo dello stabile, relazione assolutamente discutibile e certamente scritta ad hoc per poter passare la palla alla magistratura, che ne può così richiedere il sequestro preventivo.

Così il Comune ancora una volta non si deve sporcare le mani e questa giunta vince una medaglia, la più scura: più di 15 sgomberi di spazi sociali e decine di sfratti, il tutto svolto con il sostegno e l’approvazione del partito democratico, vero protagonista politico non solo a Milano, ma in tutta Italia.
Questo ci porta a dedurre che il famoso vento c’è stato e ha creato il deserto, mentre prometteva il cambiamento.

Ma questo non basta, la riflessione deve per forza comprendere una lettura della situazione attuale.

La metropoli e la nazione intera si preparano ad ospitare il grande evento EXPO2015, e questo rende evidente che la famosa macchina della gestione del territorio non si ferma al Comune di Milano, ad Aler o alla Regione, bensì è molto più grande.

E’ una macchina di normalizzazione, che attacca in maniera sistematica su svariati piani, non solo la nostra quotidiana attività, ma tutte quelle rivendicazioni e quelle esperienze che possiamo riassumere nel diritto alla città.

Ma a noi, in fondo, poco cambia.

Noi siamo la resistenza a quel deserto che chiamate cambiamento.

Certo siamo profondamente convinti che un’amministrazione, a qualunque livello, debba saper gestire il suo territorio e debba saper riconoscere e valorizzare le esperienze di autogestione, ma siamo altresì convinti che le nostre soggettività non abbiano bisogno di essere legittimate, autorizzate o regolamentate da nessuno.

La nostra identità, la nostra autogestione, i nostri corpi e le nostre occupazioni non sono normalizzabili e lo ribadiamo: il nostro amore va al di là di questi muri e di conseguenza, ovunque decideremo di andare, il nostro cuore, le nostre idee, i nostri progetti, i nostri sogni non potranno essere sgomberati, né ora, né mai.

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