Napoli fu... una carta sporca

Tra pochi giorni la sentenza sui 21 poliziotti accusati delle violenze durante il Global Forum del 2001.

20 / 10 / 2009

Si sta avviando a conclusione il processo contro i 21 poliziotti accusati a vario titolo di sequestro di persona, violenza privata, omissione di soccorso, e lesioni, in occasione degli scontri del 17 marzo del 2001 a Napoli, quando decine di migliaia di persone scesero in piazza contro il Global Forum del Ocse sulle nuove tecnologie.

Il vento di Seattle arrivava in Italia, riempiva le piazze, faceva opinione pubblica, e si protendeva diretto verso Genova nel luglio dello stesso anno.

La storia ci racconta che Napoli anticipo’ Genova ed il G8.
Qualcuno si chiederà ad esempio da dove nasce la dicitura “noglobal” che segnò quella stagione di movimento che in Francia chiamavano ad esempio “altermondialiste”... Ebbene nacque dalla Rete No Global Forum, sviluppatasi intorno all’appuntamento napoletano del marzo del 2001, le cui parole centrali “no – global” appunto, divennero nel circo mediatico dei media main stream l’identificazione di un movimento, di un’intera generazione.
Ma Napoli anticipo’ Genova anche rispetto a quello che avvenne nelle piazze, rispetto a quel piano repressivo che apri’ la stagione dell’attacco ai movimenti. In Piazza Municipio mentre diverse centinaia di persone protette da scudi ed da una pannocchia gigante provavano a sfondare in Via Leoncavallo, la polizia ed i carabinieri, guidati dall’allora Questore Nicola Izzo, chiusero completamente la piazza e caricarono da tutti e quattro i lati. Una vera e propria tonnara dentro la quale centinaia di persone ci rimisero ferite, punti di sutura, ed 83 furono invece arrestati.

La storia ci dice che nella Caserma “Raniero”, caserma dei carabinieri nei pressi di Piazza Carlo III, venne predisposta la “camera delle torture”. I feriti vennero prelevati dagli ospedali dove erano giunti dopo le cariche. Senza alcun motivo vennero sottratti alle cure mediche e vennero condotti nella Caserma Raniero, dove subirono per ore insulti, sputi, percosse, vessazioni di ogni tipo.

Il libro “Zona Rossa” edito da Deriveapprodi riporta nella seconda parte del volume una raccolta approfondita di testimonianze dirette di ciò che avvenne nella Raniero.

Il questore Izzo fu sommerso di polemiche, ma se la cavò…andò via solo due anni dopo per essere promosso. Izzo oggi è tra i principali collaboratori di Antonio Manganelli capo della Polizia, ed insieme ad un altro ex questore di Napoli, Oscar Fioriolli ha seguito l’addestramento per i poliziotti che hanno svolto servizio di ordine pubblico nel recente G8 de L’Aquila. Nicola Izzo, lo stesso che il 1 maggio del 1999 mandò i suoi uomini a devastare il centro sociale Askatasuna di Torino dove era in corso un pranzo sociale.
La storia ci dice che due anni più tardi, quando scattarono i primi provvedimenti della magistratura che mise sotto accusa 21 poliziotti, ci fu un episodio singolare mai avvenuto nella storia della Repubblica. I poliziotti uscirono dalla Questura di Napoli e formarono una catena umana in solidarietà con i loro colleghi. Un fatto del tutto anomalo che all’epoca segnò  una frattura tra Procura e Questura. Appariva inaccettabile che chi “aveva eseguito gli ordini” venisse arrestato mentre la straordinaria solidarietà sociale che aveva accompagnato in quei giorni la rete no global sembrava preservarla dalla macchina repressiva (ma poi non sarebbe stato così...). I codici apparivano ribaltati: bisognava difendere i “colleghi”.Quei colleghi che oggi sono accusati dal pm Marco Del Gauido anche di sequestro di persona. Colleghi come Fabio Ciccimarra la cui richiesta di condanna del pm Del Gauido è di 2 anni e 8 mesi, proprio quel Ciccimarra presente alla scuola Diaz, quel Ciccimarra coinvolto nelle inchieste del G8 ed uscito indenne per la prescrizione del reato.

Sara’ un caso. Così come un caso, unico e rarissimo fu il comportamento dell’allora capo della Digos della Questura di Napoli Paolo Tarantino. Il dirigente del quinto piano di Via Medina consegno’ gli ordini di servizio ai giudici che indagavano sulle violenza alla caserma Raniero. Un atto inqualificabile per chi pensa di vivere nell’impunità, per uno stato che non processa mai se stesso. Paolo Tarantino il giorno dopo i fermi dei poliziotti fu immediatamente trasferito a dirigere il commissariato di Pomigliano d’Arco. Sbattuto fuori perché non aveva “coperto” i massacratori.

Ma questa verità forse la si può leggere solo sullo sfondo di questo processo. Bisogna attenersi ai fatti. Appunto.

Le conclusioni lasciano a dir poco sconcertati e ci raccontano di come attraverso i processi si tenti la riscrittura della storia.
Innanzitutto appare evidente che la reazione rabbiosa della polizia all'indomani degli arresti è ancora ben presente nella memoria dei magistrati napoletani; il tentativo di ricucire lo strappo tra Procura e Questura è evidente così come è evidente il tentativo di rimuovere le cause dei fatti, il pm si sofferma su una personale valutazione "non credo che sia stata un'azione preordinata ma un momento di follia" che non appartiene alle sue competenze, dovrebbe invece indagare ed accertare se i fatti sono o non sono senza entrare in valutazioni che non gli competono.

Che l'azione sia preordinata appare talmente chiaro a chi vede nei fatti delle conseguenze logiche, il giro agli ospedali, la preparazione di una sala del benessere e il comportamento da regime.
Ma di più va ricordato che il clima di quel tempo era esattamente lo stesso in tutto il mondo, ossia il clima di terrore con cui il comando rispondeva ad un movimento in forte espansione che preannunciava quello che di lì a poco si avvererà con incredibile sincronismo, il movimento no global prevede la crisi di cui oggi si blatera. Lo Stato che si auto assolve, a Genova come a Napoli, dove pure arriverà presto la “prescrizione salva-tutti”, serra i ranghi e nasconde la verità. La verità di cui ritroviamo le tracce mettendo in fila l’escalation della violenza poliziesca a Napoli, Goteborg e Genova e che forse ci parla del primo esperimento di polizia transnazionale per mettere alle corde un movimento che era appunto transnazionale. Tracce che ritroviamo nel rincorrersi di nomi e situazioni, di un personale presumibilmente organizzato e addestrato allo scopo . Di dispositivi che si ripropongono ingigantendosi: piazza Municipio come via Tolemaide, la Caserma Raniero come Bolzaneto... La precisa strategia di innalzare e brutalizzare l’uso della violenza per inceppare il circuito virtuoso tra conflitto e consenso realizzato dai movimenti in quegli anni. Disarmare le moltitudini che ritornano a una pratica di massa dell’azione diretta. E forse i movimenti  non hanno elaborato fino in fondo le contraddizioni che Genova ci ha lasciato.

Intanto lo Stato si auto assolve.

Il contesto nazionale d'altra parte è tale che la magistratura ha tutto l'interesse e il bisogno di legittimarsi agli occhi degli apparati ancor di più oggi in cui si apprestano a sferrare una nuova controffensiva a Berlusconi.

Certo appare una strana giustizia quella italiana in cui per una vetrina si finisce in galera per una decina d'anni e per comportamenti ben più gravi ed infamanti tra prescrizione e trucchetti si ritorna a fare lo sceriffo da strada.

La soluzione della procura appare chiara nel voler evitare di dover entrare nelle viscere del sistema in cui la preordinazione dei fatti renderebbe inevitabile comprendere i moventi e i mandanti di tali aberranti comportamenti.

Di certo quello che è accaduto non poteva essere organizzato da un manipolo di poliziotti senza avere invece delle indicazioni politiche ben chiare, ma affermare che l'azione fosse appunto preordinata significherebbe dover ricercare i mandanti politici dell'azione dei poliziotti.

Di certo nessuna sentenza potrà però riscrivere la storia e cancellare il risultato straordinario di quel movimento che ha di fatto riaperto la partita con il comando svelandone misfatti e aberrazioni. Solo un decennio prima il Wall Street Journal poteva titolare “Abbiamo vinto!”: quel movimento ha straordinariamente dimostrato che la ribellione e l'insubordinazione costituiscono il motore di ogni società.

** Di Pietro Rinaldi, Alfonso De Vito, Antonio Musella - Attivisti contro il Global Forum del marzo 2001 a Napoli

No Global Forum, Napoli 17 Marzo 2001