Napoli - No alla chiusura dell'ospedale San Gennaro, il Rione Sanità in rivolta

Lunedì alle 9:30 il corteo che partirà dall'ospedale

23 / 10 / 2016

“La rivolta del Rione Sanità” titolava Il Mattino, uno dei principali quotidiani campani, lo scorso lunedì dopo l’occupazione dell’ospedale San Gennaro.
Il processo di dismissione di questo ospedale dura ormai da anni. Prima era stato chiuso il pronto soccorso, successivamente i suoi servizi erano stati depotenziati, lasciando una delle zone più popolose della città con un presidio ospedaliero monco, nonostante si trattasse di una struttura storica su cui i cittadini avevano potuto contare per anni.
Ora, per chi non conoscesse bene la situazione, è bene che si tenga presente che il Rione di cui parliamo, da solo, conta più di 30mila abitanti, ma che l’ospedale San Gennaro rappresenta un punto di riferimento essenziale per tutto il quartiere in cui si trova, Stella-Sanità, che invece di abitanti ne fa più di 60mila, oltre che per buona parte della terza municipalità e per pezzi della municipalità limitrofe, la seconda e la quarta. La chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di cui parliamo ha lasciato agli abitanti di queste zone come punti di riferimento i soli affollatissimi Pellegrini e Cardarelli, questo in particolare rappresenta una delle strutture più frequentate del Sud Italia in cui per riuscire a essere visitati al pronto soccorso si possono aspettare anche sette o otto ore. 

In questo quadro già drammatico si è inserito il nuovo piano nazionale sanitario redatto dalla ministra Lorenzin, tradotto dal Governatore della Campania Vincenzo De Luca con il decreto 33 nello smantellamento di diverse strutture, tra cui quella dell’ospedale San Gennaro, che tecnicamente verrebbe semplicemente trasformato. Nei fatti invece parliamo di una chiusura sostanziale della struttura, che perderebbe la forma di un ospedale vero per diventare “un polo territoriale riabilitativo e polispecialistico“, formula roboante che significa nei fatti ridurre drasticamente le funzioni della struttura, e quindi chiusura della maggior parte dei reparti ora esistenti, ridurre i ricoveri, il personale, garantendo l’accesso all’ospedale solo tramite ticket, e lasciando in luogo del pronto soccorso solo una forma blanda e insufficiente di primo soccorso.

A tale decreto si è aggiunto nel settembre scorso il piano territoriale del decreto 99 che interviene localmente, tra le altre, sulla programmazione dell'ASL Napoli 1, amministrazione sanitaria di riferimento dell'ospedale San Gennaro. In tale piano è presente una caratterizzazione della riconversione complessiva architettata dalla regione Campania. Essa prevedrebbe l'apertura di un ospedale di comunità con 20 posti letto, dell'UCCP territoriale (Unità complesse di cure primarie), di una struttura polifunzionale per la salute e di una speciale unità dell'accoglienza permanente. Lo smantellamento dei reparti di Oncologia ed Ematologia, che l'occupazione dei cittadini di lunedì e il presidio permanente hanno fino ad ora bloccato, risponde alla logica di riconversione prevista dal decreto in questione. La lotta dei cittadini e delle cittadine del rione Sanità ha espresso un'opposizione radicale alle misure proposte. A un piano di criticità generale si aggiungono le insufficienze individuali delle componenti del decreto. Se difatti la mobilitazione e le dimissioni dei reparti, attraverso lo spostamento di medici, infermieri e pazienti in altre strutture, è attualmente in corso (il presidio ha fino ad ora impedito il trasferimento di macchinari), la riconversione generale della struttura si realizzerà, secondo decreto, nell'arco di tre anni. Previsione che come vedremo si fregia di un ottimismo e di una sfrontatezza spudorati. Nei fatti, prima che ai reparti smantellati si sostituiscano le misure previste, ne passerà di acqua sotto i ponti. La linea strategica adottata dall'amministrazione è quella di allentare la tensione della mobilitazione attraverso la pubblicizzazione delle misure del decreto, puntando su un lungo periodo nel quale tante delle componenti elencate saranno, anch'esse, destinate a scomparire. A queste, inoltre, il direttore sanitario di ASL Napoli 1 Elia Abbondante ha aggiunto un servizio di primo soccorso h24, da attivare immediatamente, (un ambulanza a fronte di 60 mila abitanti) e un ambulatorio infermieristico h12. Concessione, ancora, ripetiamo, insufficiente rispetto al servizio che essa andrebbe a compensare e di valenza fortemente strategica. Passando, infatti, alle criticità delle componenti risulta chiaro che senza un cronoprogramma dei lavori e una valutazione preventiva dei costi, il decreto è carta straccia. Ricordiamo che un ospedale di comunità prevedrebbe l'assunzione dei medici di base del quartiere, a oggi insostenibile considerata la salute finanziaria dell'Asl Napoli 1. Per non pensare ai tempi di realizzazione del poliambulatorio e dell'UCCP. Misure come quest'ultima sono oltretutto poste come alternative al servizio di pronto soccorso classico, laddove le stesse funzionerebbero da piano, per un’unità territoriale di 10mila abitanti. Insomma un’operazione di riconversione che oltre a non fornire garanzie temporali e finanziare, soffre di una strutturale insufficienza rispetto al bisogno di cura, statisticamente certificato, a cui il San Gennaro risponde da decenni.

La messa in pratica di queste disposizioni ha rappresentato la scintilla che ha portato gli abitanti del quartiere a scendere per le strade con lo scopo di impedire lo smantellamento dell’ospedale del loro quartiere.
Gli abitanti del quartiere hanno iniziato con un presidio e un’assemblea chiamati dalla Rete Sanità, attiva da tempo sul territorio, scegliendo poi di bloccare il traffico cittadino in diverse occasioni.
Dopo pochi giorni i cittadini hanno scelto di entrare nell’ospedale, occupandolo, e poi stabilendovi un presidio permanente nell’ospedale San Gennaro per bloccare, con successo, i camion che avrebbero dovuto portare via i reparti dell’ospedale e impedire loro l’accesso all’ospedale.

Evidentemente la mobilitazione del Rione ha attirato l’attenzione del Governatore De Luca. Nelle sue dichiarazioni il Presidente della Regione Campania ha negato la chiusura del San Gennaro, tacendo però delle trasformazioni che come si diceva sopra uccidono quello che nei fatti smetterebbe di essere un ospedale, per poi rifiutarsi di incontrare i cittadini del quartiere, se non attraverso una rappresentanza formale composta da parroci e istituzioni municipali.
L’assemblea del presidio permanente, di cui lo stesso presidente della municipalità fa parte, non ha voluto scendere a compromessi rispetto a una delegazione che non avrebbe rappresentato la ricchezza democratica che ha animato la mobilitazione di questi giorni e che ha visto scendere in piazza cittadini del quartiere, attivisti, e reti solidali provenienti da altre zone della città. Così si è scelto di portare la lotta a un livello successivo chiamando un corteo che dal Rione Sanità arrivi in Regione a chiedere che lo smantellamento dei reparti venga fermato immediatamente insieme al trasferimento di lavoratori e pazienti, e per pretendere un tavolo tecnico in cui i cittadini possano partecipare alla decisione sul futuro dell’ospedale.
L’appuntamento è per lunedì 24 ottobre alle ore 9:30 all’ospedale San Gennaro.
#OperazioneSanGennaro 

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