Ottomila persona ad Aversa. Cinquemila ad Acerra.
Ieri a Giugliano oltre dieci mila persone. Stop Biocidio ormai è una campagna,
un movimento, una sollevazione popolare che cresce ogni giorno di più in
Campania.
Oggi (28 settembre n.d.r.) saremo a Casal di Principe, il 4 ottobre ad Orta di
Atella e poi ancora l’8 ottobre da Aversa a Giugliano unendo le province di
Napoli e Caserta. Nella primavera del 2012 il professor Antonio Giordano
cominciò a parlare di biocidio, indicando con questo termine il danneggiamento
del patrimonio genetico nei cittadini campani, tale da abbassare le difese
immunitarie e renderli più esposti ai tumori ed altre forme di neoplasie.
Qualche mese dopo insieme a Peppe Manzo pensammo che quella definizione, quella
parola, poteva diventare un campo di aggregazione per tanti: cittadini,
attivisti, medici, sindacalisti, giornalisti, amministratori. Così interrogammo
e ci confrontammo con quelle reti di comitati che rappresentano un pezzo di
storia delle lotte ambientali in Campania: la Rete Commons, il Coordinamento
Comitato Fuochi, Cittadini Campani per un piano alternativo dei rifiuti, le
donne che avevano condotto le lotte a Terzigno contro la discarica.
Oggi da Giugliano a Casal di Principe c’è un unico slogan, un unico grido di
rabbia: Stop Biocidio. Un patrimonio comune che al tempo stesso esprime il
disprezzo e la rabbia contro una classe dirigente fatta di amministratori/imprenditori
– mafiosi che ha consentito l’avvelenamento della nostra terra. E’ reclamare
bonifiche, ma sotto il controllo popolare per evitare che, come già avvenuto in
questi anni, diventino il nuovo affare intorno a cui porci e criminali possano
assieparsi.
E’ lotta, è sangue vivo del conflitto sociale ma è anche dolore.
Non vederlo sarebbe semplicemente da miopi.
Le gigantografie delle bambine morte di tumore che sfilano nelle piazze da
Aversa a Giugliano sono come un pugno in pieno volto.
Vedere le facce di quelle bambine ti fa sanguinare. Fa male.
E ci dice anche che non ci siamo ancora abituati ad oltre un decennio di
disastro ambientale in Campania. Non ci siamo ancora abituati al fatto che qui
si muore di più rispetto ad altri territori. Non ci siamo abituati a scartare
frutta ed ortaggi che vengono dalla Campania quando andiamo a fare la spesa.
Non ci siamo abituati ai fusti tossici che la terra vomita fuori ogni giorni. In
queste ultime settimane sono affiorati ovunque: a Casal di Principe, a Caivano,
a Qualiano. Solventi liquidi, materiale molle, fusti con le scritte “Milano”.
Non ci siamo abituati e questo vuol dire che siamo ancora vivi il veleno non c’ha
uccisi.
Mentre il resto del paese vive stritolato nella morsa della crisi economica tra
i diktat europei e le larghe intese all’italiana, il nostro autunno caldo da
queste parti sarà su queste battaglie.
Una lotta che è insieme rivendicazione di un altro modello di sviluppo, lotta
allo Stato-Mafia, affermazione di spazi di nuova democrazia e formazione di
nuove istituzioni del comune che reclamano il controllo sui propri territori. E’
speranza di un riscatto sociale collettivo di un territorio deluso dalle
promesse politiche di qualche “finto rivoluzionario” a cui ahimè in tanti
abbiamo creduto e che forse ha fatto più male del veleno. E’ rottura della
quiescenza sociale di territori dove il controllo sociale, politico e culturale
agisce sul bios delle persone, come avviene nei territori delle province di
Napoli e Caserta.
Avremo piazze da riempire ancora, avremo palazzi da assediare, avremo ministri
da contestare.
Per stare dentro a questo mare, dentro a quello che da oggi possiamo cominciare
a definire un movimento fatto di migliaia di persone, dobbiamo essere capaci di
rompere ogni forma di identitarismo gruppettaro, stare nella moltitudine
costruire comune dentro quel mare, creare una nuova identità come patrimonio di
migliaia di persone.
No il veleno non c’ha ucciso !
Ancora una volta alziamo la posta in gioco.
In Campania il movimento StopBiocidio prende forma
Non c'ha ucciso il veleno
di Antonio Musella
28 / 9 / 2013