In Campania il movimento StopBiocidio prende forma

Non c'ha ucciso il veleno

di Antonio Musella

28 / 9 / 2013

Ottomila persona ad Aversa. Cinquemila ad Acerra. Ieri a Giugliano oltre dieci mila persone. Stop Biocidio ormai è una campagna, un movimento, una sollevazione popolare che cresce ogni giorno di più in Campania.
Oggi (28 settembre n.d.r.) saremo a Casal di Principe, il 4 ottobre ad Orta di Atella e poi ancora l’8 ottobre da Aversa a Giugliano unendo le province di Napoli e Caserta. Nella primavera del 2012 il professor Antonio Giordano cominciò a parlare di biocidio, indicando con questo termine il danneggiamento del patrimonio genetico nei cittadini campani, tale da abbassare le difese immunitarie e renderli più esposti ai tumori ed altre forme di neoplasie. Qualche mese dopo insieme a Peppe Manzo pensammo che quella definizione, quella parola, poteva diventare un campo di aggregazione per tanti: cittadini, attivisti, medici, sindacalisti, giornalisti, amministratori. Così interrogammo e ci confrontammo con quelle reti di comitati che rappresentano un pezzo di storia delle lotte ambientali in Campania: la Rete Commons, il Coordinamento Comitato Fuochi, Cittadini Campani per un piano alternativo dei rifiuti, le donne che avevano condotto le lotte a Terzigno contro la discarica.
Oggi da Giugliano a Casal di Principe c’è un unico slogan, un unico grido di rabbia: Stop Biocidio. Un patrimonio comune che al tempo stesso esprime il disprezzo e la rabbia contro una classe dirigente fatta di amministratori/imprenditori – mafiosi che ha consentito l’avvelenamento della nostra terra. E’ reclamare bonifiche, ma sotto il controllo popolare per evitare che, come già avvenuto in questi anni, diventino il nuovo affare intorno a cui porci e criminali possano assieparsi.
E’ lotta, è sangue vivo del conflitto sociale ma è anche dolore.
Non vederlo sarebbe semplicemente da miopi.
Le gigantografie delle bambine morte di tumore che sfilano nelle piazze da Aversa a Giugliano sono come un pugno in pieno volto.
Vedere le facce di quelle bambine ti fa sanguinare. Fa male.
E ci dice anche che non ci siamo ancora abituati ad oltre un decennio di disastro ambientale in Campania. Non ci siamo ancora abituati al fatto che qui si muore di più rispetto ad altri territori. Non ci siamo abituati a scartare frutta ed ortaggi che vengono dalla Campania quando andiamo a fare la spesa. Non ci siamo abituati ai fusti tossici che la terra vomita fuori ogni giorni. In queste ultime settimane sono affiorati ovunque: a Casal di Principe, a Caivano, a Qualiano. Solventi liquidi, materiale molle, fusti con le scritte “Milano”.
Non ci siamo abituati e questo vuol dire che siamo ancora vivi il veleno non c’ha uccisi.
Mentre il resto del paese vive stritolato nella morsa della crisi economica tra i diktat europei e le larghe intese all’italiana, il nostro autunno caldo da queste parti sarà su queste battaglie.
Una lotta che è insieme rivendicazione di un altro modello di sviluppo, lotta allo Stato-Mafia, affermazione di spazi di nuova democrazia e formazione di nuove istituzioni del comune che reclamano il controllo sui propri territori. E’ speranza di un riscatto sociale collettivo di un territorio deluso dalle promesse politiche di qualche “finto rivoluzionario” a cui ahimè in tanti abbiamo creduto e che forse ha fatto più male del veleno. E’ rottura della quiescenza sociale di territori dove il controllo sociale, politico e culturale agisce sul bios delle persone, come avviene nei territori delle province di Napoli e Caserta.
Avremo piazze da riempire ancora, avremo palazzi da assediare, avremo ministri da contestare.
Per stare dentro a questo mare, dentro a quello che da oggi possiamo cominciare a definire un movimento fatto di migliaia di persone, dobbiamo essere capaci di rompere ogni forma di identitarismo gruppettaro, stare nella moltitudine costruire comune dentro quel mare, creare una nuova identità come patrimonio di migliaia di persone.
No il veleno non c’ha ucciso !
Ancora una volta alziamo la posta in gioco.