Padova - Ma quale Profumo? C'è puzza di Gelmini! Cambiamo aria!

Presidio davanti al Bò

25 / 11 / 2011

Nel pomeriggio di oggi, presso il Palazzo del Bò, si è tenuto un convegno sulla ricerca al quale avrebbe dovuto partecipare Francesco Profumo. Ma il neoministro non si è presentato.

In questa occasione si è svolto un partecipato sit in che ha visto protagonista il "movimento no-Gelmini", formato da precari, genitori, studenti medi e universitari.

Di seguito la lettera simbolica destinata a Profumo

Siamo gli studenti e le studentesse dell'Università di Padova e con noi ci sono i ricercatori, i dottorandi e i precari con cui abbiamo condiviso le mobilitazioni e le lotte degli ultimi anni contro la dismissione e la dequalificazione del sistema formativo e della ricerca. Noi siamo la parte viva del mondo della formazione, quella che quotidianamente si interroga e costruisce un modello nuovo che nasca dalla cooperazione e dalla messa in comune dei nostri saperi. Siamo anche quelli che hanno costruito nuove forme democratiche, portando nelle facoltà e nelle scuole una nuova idea di partecipazione, che ha visto protagonisti centinaia di migliaia di studenti. In questa lunga strada percorsa insieme abbiamo imparato a non delegare le nostre decisioni e la nostra voce a quelle forme di rappresentanza che non rispondono ai reali bisogni della nostra generazione. Per questo siamo convinti che l'interlocutore privilegiato con cui il nuovo ministro dovrebbe confrontarsi, data la sua dichiarata volontà di dialogo, nel ragionare di come trasformare il mondo della formazione del nostro paese, sia proprio il movimento No Gelmini.

Conosciamo molto bene la sua idea di cambiamento: la sua storia da rettore del Politecnico di Torino ci racconta di come lei abbia aperto la strada all'idea di un'università al servizio dei privati (con l'intervento di alcune grandi aziende come General Motors, Fiat, Pirelli e Microsoft) e di come sia stato tra i primi sostenitori della riforma Gelmini. Inoltre, lei, insieme agli altri ministri del governo Monti, proviene da dirigenze di banche, multinazionali, enti finanziari e, soprattutto, da quelle università private che rappresentano un modello incompatibile con quella che è la nostra idea di sapere e formazione. Una cosa insomma c'è chiara: lei rappresenta perfettamente il governo dei banchieri, dei baroni e di quella finanza che ha prodotto la crisi.

Riteniamo in primo luogo che sia necessario, alla luce della crisi strutturale che sta attraversando il paese, che le scelte d’investimento che lei e il suo governo farete con i prossimi provvedimenti invertano radicalmente la tendenza allo smantellamento del sistema formativo e lo rifinanzino in maniera decisiva. Quale qualità del sapere e quale libertà della ricerca possono nascere da finanziamenti provenienti dai privati? Crediamo che il sapere e la ricerca messi in comune siano una ricchezza per tutti e che dunque il nostro lavoro, i nostri sforzi, debbano essere debitamente finanziati al di là di quale settore industriale produca più profitti.

Da anni vediamo i nostri Atenei alzare le tasse, ridurre le borse di studio, costringerci tutti a ritmi serrati così come voluto dalle numerose riforme che hanno investito la formazione italiana, da quella del ministro Berlinguer a quella del ministro Gelmini, in continuità con lo smantellamento dell'intero sistema del welfare. Nella crisi e nella precarietà strutturale in cui la nostra generazione è nata e cresciuta, crediamo sia indispensabile immaginare e praticare una nuova idea di welfare che, a partire proprio dal sistema della formazione, sappia pensare un nuovo modello di sviluppo che trovi nella cooperazione sociale, nei diritti e nel sapere critico la via d'uscita dalla crisi.

Proprio questa è la nostra richiesta principale e gliela facciamo con la forza che ci viene da anni di discussioni tra tanti e diversi, da anni di lotte che in centinaia di migliaia abbiamo condiviso: ritiri la riforma Gelmini per avviare un percorso di trasformazione radicale delle nostre vite.

Nel frattempo, le comunichiamo che nelle scuole e nelle università, attraverso la democrazia e la partecipazione, la riforma del sapere la stiamo già costruendo da anni, insieme a chi crede che il sapere e la cultura siano beni comuni e non merce su cui speculare.

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