Padova. Quando l'abuso è regola, trasgredire è un obbligo

Ennesima esibizione di muscoli della Polizia Municipale denunciata in rete. Quattro agenti della giunta Bitonci-Saia ammanettano a terra un mendicante durante il mercato in Prato della Valle.

17 / 8 / 2014

Suscita - giustamente - attenzione agostana la pubblicazione sui social media (ripresa anche dalla stampa locale online) di un mini video, guarda, che riprende l’ammanettamento a terra da parte di quattro agenti di polizia municipale padovana di un mendicante, di sabato, nel pieno del mercato tradizionale in Prato della Valle.

Un abuso evidente, perpetrato però in pubblica piazza e fortunatamente reso noto da un passante non bitoncizzato. Perché a Padova (ma certo, non solo) l’attenzione estiva è tutta rivolta ai soggetti indesiderati, mendicanti o sex workers, con la consueta calibratura mediatica della “problematica”: settimane di studi giornalistici sui luoghi dove si bivacca, dove si lorda, dove si radunano i senza niente. Poi l’attacco diretto della giunta bitonciana prima alle comunità straniere ( con la revoca di spazi alle comunità religiose, ma soprattutto con il taglio di ogni finanziamento o benefit di qualsivoglia genere e grado alle associazioni che si occupano degli “indesiderati”, e persino alla mediazione e con il “gran rifiuto” di accogliere poco più di una decina di profughi assegnati all’area dal governo centrale). A seguire, addirittura l’attacco all’area cattolica, e, tra queste, ai “Beati costruttori di Pace”, nella figura più nota, Don Albino, accusato di protezione dei mendicanti.

Ancora prima, la rivendicazione da parte dell’assessore alla sicurezza delle linee guida per l’abuso di polizia nei confronti dei mendicanti ed in generale degli indesiderati (significativa l’individuazione, comune al governo centrale, dei venditori ambulanti): “prendeteli, portateli in centrale e tratteneteli più a lungo possibile”. Una indicazione chiara, non smentita, oggetto di una denuncia che ha visto attivarsi più associazioni nella segnalazione del reato di istigazione a delinquere.

L’abuso istituzionalizzato, consigliato in maniera spudorata ed in equivoca, senza infingimenti e senza pentimenti da un lato; dall’altro,  i balbettii degli sconfitti dalle ultime elezioni locali  (gli eredi del ventennio zanonatiano) che continuano a giurare fedeltà e fiducia alle divise, “sconcertati se le cose sono così”, e però si indignano per l’attacco della giunta a Don Albino

Certo, tutto ciò non nasce dal nulla; non è un parto improvviso di una giunta intollerante. E’ prassi dell’abuso consolidata negli anni e soprattutto ereditata e difesa anche prima della bitoncizzazione patavina. Non è neppure una novità locale; gli abusi di polizia (maggiore o minore) ormai non si contano più, in tutta Italia. La caccia ai venditori ambulanti sulle spiagge, nei centri abitati, sono oggetto di continua e meritoria attenzione di molti “reporter improvvisati”. Di più: l’uso della forza (anche delle “forze minori”) è diventato strumento imprescindibile di controllo e applicazione della regola del più forte in ognuna delle realtà attraversate dalla crisi. Al solito, l’America di questi giorni ce lo indica con chiarezza.

Però qualcosa si muove, anche a Padova, dove molti hanno aderito al “manifesto per Padova senza razzismo e discriminazione religiosa”, dove diverse associazioni hanno immediatamente segnalato alla Procura l’invito all’abuso rivolto ai suoi agenti di polizia municipale dal neo assessore Saia (lo stesso, per altro, che aveva creato, nel suo precedente incarico di assessore alla sicurezza, la squadretta speciale denominata S.I.S., le cui imprese erano rivolte principalmente contro immigrati e centri sociali), si muove nella solidarietà a Don Albino, anche nell’ovattato clima festivo .

Qualcosa si dovrà muovere, perché lo impongono i fatti: la fuga dalle guerre in atto, la miseria in aumento, la situazione sociale ed economica, gli sfratti e gli sgomberi (e…omissis)

La ripresa post ferie si preannuncia seria ed impegnativa. Prendiamoci pure qualche momento per ragionare in più, ma solo per prendere la rincorsa, riprendere ad allargare percorsi che vadano in direzione ostinata e contraria alla pratica dell’esclusione e dell’abuso o per aprirne di nuovi, capaci di riempire le città (e non solo gli spazi virtuali) di sana indignazione, efficace e creativa, produttiva di nuove relazioni avverse alla regola della prepotenza istituzionale, e magari (perché no?) di aprire spazi di azione ai soggetti passivi dell’abuso permanente.

Non solo carità cristiana, non solo I like.