A meno di 24 ore dal crollo del ponte Morandi a Genova, pubblichiamo un’intervista all’ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato dell’Università di Genova, rilasciata al sito Ingegneri.info il 29 luglio 2016, dove si mettevano in evidenza le criticità strutturali del viadotto. L’intervista è stata fatta da Sara Frumento, autrice de Il rischio idrogeologico in Italia. Guida pratica – Cause del dissesto – Strumenti e tipologie di intervento (Wolters Kluwer Italia, 2014).
Alle 11.50 del 14 agosto 2018 il Ponte Morandi a Genova è crollato, portandosi dietro due campate e un numero di morti e feriti ancora in fase di definizione, ma certamente decine. Il crollo del ponte, arteria cruciale non solo per la viabilità stradale della città ma per l’intero sistema dei trasporti dell’area, è una spaccatura infrastrastrutturale profonda in questa estate 2018 già funesta per la rete autostradale italiana. Eppure per alcuni è una tragedia annunciata da più parti in questi anni. Il 29 luglio 2016 avevamo pubblicato un’analisi strutturale del Ponte Morandi che riportava alcune dichiarazioni da noi raccolte dell’ingegner Antonio Brenchic, professore associato di Costruzioni in cemento armato dell’Università di Genova. Di seguito l’articolo integrale con il suo titolo originale (modificato dl sito Inge
Ponte Morandi a Genova: prestigiosa opera di ingegneria o no? Parla l’ing. Brenchic
Il fiume Polcevera (GE) è stato ancora una volta protagonista della cronaca: nelle scorse settimane dopo la rottura di un tubo dell’oleodotto IPLOM, sono ripartite le critiche al ponte autostradale che lo attraversa all’altezza del quartiere di Certosa, noto come Viadotto Morandi dal nome del progettista, Ponte delle Condotte dalla società che lo costruì, ma anche Ponte di Brooklyn per una forma che richiama molto molto vagamente il celebre ponte americano. Il Ponte Morandi, comunque, venne costruito tra il 1963 ed il 1967 con una struttura mista: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile.
Scheda
tecnica del Ponte Morandi
Anno di costruzione: 1963-1967 (inaugurato nel 1967)
Campata maggiore: 210 m
Lunghezza: 1182 m
Tecnologia costruttiva: calcestruzzo armato precompresso
Forma delle pile: cavalletto rovesciato bilanciato
Altezza delle pile: 90 m
Stralli: Trefoli in acciaio rivestiti di calcestruzzo
Analisi critica dell’opera
Il ponte sul Polcevera fu progettato da Riccardo Morandi nei primi anni ’60.
L’ing. Morandi, romano legato al razionalismo costruttivo di fine ‘800,
brevettò un sistema di precompressione denominato “Morandi M5” che applicò a
diverse sue opere, tra cui il consolidamento di un’ala dell’arena di Verona nel
1953.
Ciò che rese famoso Morandi, però, è la struttura del ponte a cavalletti
bilanciati che riassume l’unione tra la trave precompressa isostatica e le
strutture strallate. Questa soluzione la si ritrova nel ponte genovese sul
Polcevera ma anche sul più lungo e precedente Ponte General Rafael Urdaneta sulla
baia di Maracaibo (Venezuela), lungo 8,7 km con 135 campate, di cui solo le 6
centrali con schema statico strallato.
Nell’aprile 1964 la petroliera Exxon Maracaibo, da 36.000 t, a pieno carico, in uscita dalla laguna di Maracaibo, ebbe un guasto black out elettrico che la rese ingovernabile: urtò le pile 30 e 31, ad oltre 600m di distanza dalle campate progettate per il passaggio del traffico navale, con tale violenza che fece crollare completamente le due pile trascinando in mare ben tre campate consecutive del ponte. Questo tipo di evento non era stato preso in considerazione durante la progettazione.
Ponte General Rafael Urdaneta – Baia di Maracaibo (aprile 1964)
All’epoca di costruzione dei due ponti, primi anni ’60, le forme
caratteristiche delle pile a telaio intrecciato, furono viste come una nuova e
razionale forma strutturale destinata ad affermarsi nell’Ingegneria Strutturale.
Per la lettura critica strutturale del ponte sul Polcevera, abbiamo contattato
l’ing. Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in C.A. e C.A.P.
dell’Università di Genova.
“Il
Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici,
oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati, è necessario ricordare
un’erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità) del calcestruzzo che
ha prodotto un piano viario non orizzontale. Ancora nei primi anni ’80 chi
percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a
spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti
in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il
piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità”.
Così come il ponte
di Maracaibo nei primi anni 2000, anche il ponte sul Polcevera fu interessato
da imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei
cavi di sospensione a cavallo della fine anni ’80 primi anni ’90, con nuovi cavi
affiancati agli stralli originari.
“L’idea
originaria pare fosse quella di precomprimere gli stralli, idea è chiaramente
discutibile in quanto gli stralli sono elementi strutturali così snelli da
consentire una precompressione molto modesta e, quindi, destinata
inevitabilmente ad avere scarsa efficacia. I lavori di sostituzione degli
stralli, effettuati sia a Genova che in Venezuela, ne danno dimostrazione
indiscutibile”. Non solo, come per Maracaibo l’incidente navale non
era stato preso in debita considerazione, dalla lettura del ponte genovese,
riconducibile a travi appoggiate, l’azione sismica di una certa intensità pare
non essere stata adeguatamente considerata.
La riflessione oggettiva a cui si giunge, alla luce della vita utile che dovrebbe avere una struttura del genere (almeno 100 anni) è che fin dai primi decenni il ponte è stato oggetto di manutenzioni profonde (fessurazione e degrado del calcestruzzo, nonché creep dell’impalcato) con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo.
Chi è l’ing. Antonio Brenchic
Primo allievo laureatosi
all’Università di Genova in Ingegneria delle Strutture, conseguì il Dottorato
di Ricerca nel 1996 presso il Politecnico di Torino con una tesi sulla
Meccanica delle Frattura. È Professore Associato di Tecnica delle Costruzioni
presso l’Ateneo genovese.
Oggi insegna Cemento
Armato e Cemento Armato Precompresso, dopo aver tenuto per oltre 10 anni i corsi di base di Cemento Armato e di Costruzioni di Infrastrutture per i Trasporti, dal 2009 è
direttore tecnico dei Laboratori di Ingegneria Civile dell’Università. Sviluppa
l’attività di ricerca nel campo della Meccanica delle Frattura del calcestruzzo
e dei materiali fragili, dei ponti in acciaio ed in muratura e della
caratterizzazione e durabilità del calcestruzzo. È autore di oltre 30 articoli
scientifici su rivista internazionale e revisore per le maggiori riviste
scientifiche del settore.