Razzismo formato famiglia

Il caso di Osimo e le "variazioni domestiche" dell'intolleranza

12 / 10 / 2009

"Osimo, padre accoltella la figlia perché si fidanza con un albanese". Questa la notizia balzata agli "onori" della cronaca nazionale oggi. Ma la vicenda di Osimo non è certo un caso isolato, né un eccezione. Basterebbero solamente i fatti dell'ultima settimana a descrivere la gravissima situazione in cui versa l'Italia: le aggressioni agli studenti all'uscita da scuola a Napoli e Verona ad opera dei fascisti di Casa Pound, il raid della GdF al Pigneto, l'ennesima violenza verso una coppia gay a Roma.

Il razzismo, l'omofobia, la vigliaccheria neofascista come l'assoluta mancanza di rispetto verso la donna sono delle realtà ben definite in Italia (e non solo, ma ci teniamo sempre ad essere i primi della classe!), e con delle precise responsabilità.

Dello Stato, innanzitutto, che dal 1998 in poi, con l'approvazione della Turco-Napolitano e l'istituzione dei CPT in Italia, non ha fatto altro che stringere sempre di più il cappio sulla testa del migrante fino all'approvazione dell'ultimo pacchetto sicurezza, vero delirio liberticida che indica chiaramente la strada di un futuro, o già un presente, in cui ad essere messi in discussione sono i diritti di tutti.

Eventi come quello di Osimo ci parlano della costruzione di un sistema culturale e sociale dove la diffusione della paura e la divisione tra persone per motivi di razza o di scelte personali, tendono a nascondere quotidianamente la gestione della crisi da parte di un potere capace solo di licenziare, incarcerare i bisogni e i desideri sociali, dichiarare guerre e accaparrarsi con la truffa e l'inganno il denaro pubblico.

Le istituzioni e la stampa sono sempre pronte a condannare singoli episodi come quelli di Osimo o di Roma per poi tacere, ad esempio, sui respingimenti dei richiedenti asilo che ogni giorno vengono effettuati nei nostri porti, a partire da quello di Ancona. Se lo Stato può respingere uomini e donne che fuggono dall'inferno della guerra, anche a costo della vita, perché accettare nella "propria" casa, nella "propria" famiglia, chi viene definito a priori un soggetto pericoloso, un "diverso"?

Eppure le reti di solidarietà e i movimenti che  si battono per un mondo senza confini e per i diritti di tutti testimoniano ogni giorno che si può invertire la rotta, e che lottare contro la barbarie dei respingimenti e delle leggi razziste si può e si deve. Non è un caso che proprio questo sabato Roma verrà attraversata da una grande manifestazione antirazzista nella quale protagonisti saranno i diritti e le libertà di tutti.

Già la giornata senza frontiere contro il G8 ad Ancona lo scorso luglio, come tanti altri importanti momenti di lotta in Italia negli ultimi mesi, hanno dimostrato la determinazione di migliaia di persone pronte a battersi contro la barbarie dei respingimenti, dei diritti negati, delle espulsioni e dei CIE.

I fatti degli ultimi giorni non fanno che confermare l'urgenza di una presa di parola comune contro le politiche razziste e xenofobe di questo governo.