La crisi europea e globale non può esimerci dalla necessità di
concentrare una parte della discussione della tre giorni napoletana sul
tema del reddito. Un dibattito che siamo convinti debba superare i
confini nazionali e che iscriva su uno spazio immediatamente europeo la
rivendicazione di reddito diretto come risposta alla retorica del
sacrificio e ai nefasti effetti del patto di stabilità soprattutto sui
territori.
Siamo da sempre a favore dell’ introduzione di un reddito universale ed
incondizionato, slegato dalla prestazione lavorativa, che assicuri alle
donne e agli uomini che abitano I nostri territori una vita degna.
Facciamo da sempre una battaglia culturale pesantissima in un paese in
cui la sinistra non riesce ad abbandonare la retorica lavorista neppure
dinanzi al definitivo tracollo dell’ utopia socialdemocratica della
piena occupazione.
Ci sembra tuttavia che oggi più che mai sostenere l’idea di un basic
income inserito tra le forme di welfare lavorativo attualmente
esistenti, significa analizzare compiutamente ed efficacemente i
fenomeni di trasformazione dei processi produttivi e di precarizzazione
delle forme di lavoro accentuati dalla crisi, non trascurando le diverse
declinazioni di questa all’interno del panorama europeo.
Innanzitutto significa voler rompere con la separazione dicotomica del
tempo tra produttivo ed improduttivo, separazione inefficace da decenni e
resa stucchevole dall’avanzata della crisi e dunque della
sottoccupazione diffusa. E’ necessario riconoscere l’esistenza di forme
di produzione di valore difficilmente misurabili e quantificabili con
quelli che potremmo definire mezzi tradizionali: il capitale riesce ad
estrarre comunque valore da processi immateriali, a volte collettivi,
traendone profitto proprio grazie alla difficoltà di retribuirli.
Accanto all’indagine delle forme di accumulazione che sottendono ai
nuovi modi di produzione di valore, la disamina che potremmo chiamare ”
perché il reddito e’ una necessita’ ” passa per la consapevolezza di
quanto le forme di sostegno al lavoro attualmente esistenti siano
inadeguate.
Se si accetta il fenomeno della precarietà come ormai endemico alla
società, soprattutto in quei paesi, come l’Italia, dove le riforme del
mercato del lavoro sono state tutte volte all’aumento della flessibilità
lavorativa senza un contestuale rafforzamento delle misure di welfare,
non si può non considerare strumenti come la cassa integrazione non più
rispondenti al panorama giuridico e sociale a cui si rivolgono.
L’affiancamento o la sostituzione di queste con un reddito minimo
garantito permetterebbe l’emancipazione di tutti e di tutte dal ricatto
del lavoro a tutti i costi, anche se sottopagato, precario,
dequalificato, sostanzialmente sfruttato. Ed inoltre servirebbe ad
evitare i vincoli a cui adesso è legato il sostegno sociale ai
lavoratori.All’oggi questa misura, diciamolo apertamente, salverebbe la
vita ai tanti e troppi messi ai margini dal neoliberismo impazzito e
dalla crisi del mercato del lavoro. Il reddito oggi e’ così necessario
che anche le più forti argomentazioni contro di esso sembrano crollare
inesorabilmente. Si apre uno spazio che noi vogliamo percorrere
attraverso discussioni, ma soprattutto compagne e mobilitazioni diffuse.
Sappiamo che se in molti paesi europei esistono forme più o meno
embrionali di basic income, sono tutte caratterizzate dalla
sottomissione a fattori condizionanti, o circoscritte da limiti
temporali, nonché ad una inquietante sperimentazione di controllo
biopolitico. Forme di reddito che non sottraggono al giogo del capitale,
ma anzi diventano mezzo di ricatto sociale, tanto più forte quanto più
stringenti sono le condizioni imposte.
Inserire un workshop sul tema del reddito nella cornice di un meeting
europeo significa anche cambiare prospettiva, scegliendo un piano di
rivendicazione sovranazionale. Ci sembra ormai chiaro come i processi
economico-finanziari assoggettino le decisioni politiche, e in quali
palazzi queste vengano prese.
È per questo che la piattaforma di azione e di rivendicazione non può che collocarsi nella prospettiva europea.
Ed è per questo che ci interessa affrontare nella sua complessità questo
nodo complesso che ha tuttavia sempre caratterizzato la storia
rivendicativa dei movimenti sociali.