Report del secondo appuntamento dell'assemblea nazionale "Agire nella crisi - confederare autonomie"

Domenica 28 febbraio al centro sociale Rivolta di Marghera centinaia di persone, provenienti da varie parti d’Italia, hanno dato vita al secondo appuntamento pubblico di “Agire nella crisi – confederare le autonomie”

2 / 3 / 2016

Il 22 novembre a Napoli, nel corso del primo appuntamento, in tanti e tante hanno scelto di scrivere un libro collettivo. Un libro scritto per discutere ed agire insieme la trama di una trasformazione radicale dell'esistente dentro uno spazio ed un tempo in cui si sono rotte verticalmente le mediazioni tra capitale e vita, in cui lo Stato di diritto si sta evolvendo in chiave post-democratica, in cui la governance finanziaria globale sta aumentando a dismisura la propria capacità estrattiva, mettendo a valore nella loro totalità il bios sociale e naturale.

A Marghera altre realtà si sono unite, condividendo lo spirito di un’assemblea libera da schemi precondizionati, per animare una giornata di discussione ricca di contenuti, riflessioni e proposte. Come ci eravamo proposti nell'assemblea di Napoli, il secondo appuntamento di Agire nelle Crisi ha iniziato a misurarsi con i processi organizzativi e la concreta produzione di iniziative all'interno dei contesti-chiave che caratterizzano la fase che stiamo attraversando, nella consapevolezza che, oggi più che mai, le organizzazioni di movimento e le realtà di base hanno un ruolo fondamentale nel creare le condizioni per una nuova stagione di movimentazione sociale.

Il primo tema affrontato dall’assemblea è stato quello relativo alle migrazioni ed ai confini, interni ed esterni, che configurano una nuova fase politica dell’Europa fortezza. I movimenti di persone che in questi mesi hanno rivendicato l’accesso al continente europeo e l’agibilità dei suoi territori, conseguenza diretta dell’aumento d’intensità della guerra globale e dell’esplosione della crisi economica e climatica in diverse zone dell’Asia e dell’Africa, stanno determinando un riassetto delle politiche migratorie in termini restrittivi, con il conseguente aumento di respingimenti e la chiusura dei confini in diversi Paesi appartenenti all’Unione Europea. Oggi, con la chiusura del confine austriaco, assistiamo al materializzarsi di quell'effetto domino che più volte abbiamo raccontato sulla Balkan Route: la Slovenia, la Croazia, la Serbia e la Macedonia intensificano le politiche di respingimento su ogni frontiera producendo una reazione a catena in cui la Grecia diventa sempre di più  “una prigione a cielo aperto”, con migliaia di persone bloccate ad Idomeni in una situazione di emergenza umanitaria, ed impossibilitate a oltrepassare i confini. Solo le realtà sociali di base stanno costruendo modalità di accoglienza e cercano di fornire risposte concrete di mutualismo: tuttavia il numero di persone che vivono in strada aumenta quotidianamente. Il portato dei bruschi e profondi cambiamenti a cui stiamo assistendo fanno emergere con chiarezza il fallimento strutturale delle politiche europee sull'immigrazione. Come movimenti sociali dobbiamo cogliere le grandi sfide che lo scontro politico e materiale sui confini d’Europa porta con sé, una sfida che sul versante dei popoli e dei migranti parla della costruzione di un'Europa aperta e solidale che si contrappone frontalmente, e senza mediazioni possibili, all’Europa delle gabbie etniche e dell'austerità. Il nodo principale di questa sfida, che riguarda tutti e tutte, è quello di una nuova cittadinanza europea, basata sulla possibilità di muoversi liberamente e sulla conquista di nuovi diritti sociali, civili e di un welfare universale.

Dalla frontiera della Grecia ai confini dell'Austria mettiamoci nuovamente in cammino con due iniziative pubbliche e transnazionali che nascono dal basso e che si propongono di essere luogo, tempo e occasione di espressione di contenuti e pratiche dalla parte dei migranti, dei senza-diritti, delle vittime vicine e lontane delle politiche europee. Il primo appuntamento sarà con la “March #Overthefortress” (25-29 marzo) che partendo dal porto di Ancona raggiungerà via mare la Grecia con l'obiettivo di arrivare al confine greco macedone. Il secondo appuntamento, in continuità con il primo, sarà domenica 3 aprile sul confine tra Italia e Austria, quando all’ideologia dei muri e del filo spinato contrapporremo l’idea semplice ed incontenibile della libertà  di movimento per tutti e tutte.

Sabato 2 aprile, in vista dell'iniziativa del giorno successivo, ci ritroveremo a Trento nella prossima assemblea di Agire nella Crisi. 

La gestione dei flussi migratori mostra palesemente che la guerra globale, nelle sue attuali trasformazioni, si sta declinando come una guerra all'umano, colpendo migliaia di corpi desiderosi di libertà, pace e giustizia sociale. I dispositivi tradizionali della guerra si stanno modificando profondamente e si intrecciano direttamente con il controllo e il dominio delle fonti energetiche, con la conquista di terre da espropriare, con l’assoggettamento di popolazioni da utilizzare come manodopera a basso prezzo, con l’esclusione di profughi e migranti da recintare in territori fuori dall'Europa. Per queste ragioni è necessario modificare radicalmente le modalità di opposizione alla guerra globale, che agisce in maniera più diretta e violenta all’interno delle nostre vite. Il comitato No dal Molin di Vicenza, protagonista di una delle più importanti stagioni di lotta alla guerra globale all’interno del nostro Paese, assume e condivide la giornata nazionale contro l'intervento armato in Libia, prevista per sabato 12 marzo, lanciando un presidio di protesta davanti la base Usa di Vicenza, sede del dispositivo strategico di comando della Nato, dell'Africom e dell'esercito americano nel sud dell’Europa,.

Il secondo asse di discussione è ruotato attorno alle lotte ambientali, che stanno attraversando tanti territori e che hanno sempre più la necessità di superare la dimensione locale e diventare paradigma di un nuovo conflitto, all’interno di una dimensione in cui la contraddizione capitale-ambiente non può più essere considerata subordinata  a quella tra capitale e lavoro.

Martedì 8 marzo - a Palazzo Ducale a Venezia - si terrà un vertice bilaterale Hollande/Renzi su temi vari ed in particolare sul progetto Tav Torino – Lione. Il comitato No Grandi Navi, insieme con i comitati No Tav della Valsusa , hanno già lanciato un appello alla mobilitazione, che ha come obiettivo quello di contrastare il modello “grandi opere” e le sue implicazioni sia in termini di danni ambientali, sia rispetto allo sperpero di risorse pubbliche che vanno ad aumentare il potenziale speculativo delle cricche affaristiche  di questo Paese. La campagna “Stop devastazione e saccheggio dei territori” ha assunto e rilanciato all’interno del proprio percorso la mobilitazione veneziana, perché rappresenta un passaggio fondamentale di una campagna nazionale che ha come obiettivo quello di fermare le grandi opere e di mettere in crisi lo “Sblocca Italia”. Altri comitati territoriali, da Nord a Sud, stanno individuando nella giornata dell’8 marzo una convergenza fondamentale per contrastare, in forma organizzata e di massa, le politiche che, a livello nazionale e europeo, subordinano le esigenze di un territorio agli interessi della governance finanziaria e delle grandi corporation.

Per queste ragioni l’assemblea di “Agire nella crisi – confederare le autonomie” ha assunto l’8 marzo come un passaggio di fondamentale importanza, che vedrà scendere in piazza, in maniera unitaria, istanze territoriali diverse, accomunate dalla critica radicale ad un modello di sviluppo che si alimenta della costante usurpazione dei nostri territori, delle nostre risorse e dei nostri diritti. 

La manifestazione dell’8 marzo rappresenta anche un’occasione per lanciare la campagna referendaria sociale sui temi legati a scuola pubblica, beni comuni e privatizzazioni, ambiente. La campagna, che partirà la prossima primavera, avrà come snodo costituente l’assemblea che si terrà a Roma il prossimo 13 marzo. Le realtà presenti a Marghera, già parte attiva nel percorso dei referendum sociali, saranno presenti all’assemblea nella convinzione che il 13 marzo si aprirà  un nuovo ed importante spazio di connessione  e sinergia tra le molteplici resistenze che vivono ed agiscono nei mille luoghi della devastazione e del saccheggio dei beni comuni. I referendum sociali hanno come obiettivo quello di difendere la scuola pubblica e la libertà  di insegnamento contro l’aggressione da parte della “Buona Scuola” renziana, difendere i beni comuni, fermando gli incentivi alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali, cambiare le politiche ambientali, a partire dallo stop definitivo alle trivellazioni petrolifere in terra e in mare, praticando l’ opzione “trivelle zero” e dando continuità ad un percorso di lotte che ha già ottenuto importanti risultati. I referendum sociali rappresentano, oggi, una possibilità concreta di generalizzare molteplici istanze sociali, all’interno di un contesto in cui la campagna referendaria deve necessariamente tradursi in opportunità di mobilitazione ed intrecciarsi con i conflitti reali che attraversano sia il mondo della formazione sia quello che lotta, nei territori, contro le devastazioni ambientali.

La tematica delle migrazioni e quella delle devastazioni ambientali interrogano immediatamente anche la dimensione europea, che oramai da tempo abbiamo assunto come spazio necessario di generalizzazione del conflitto e di costruzione di alternative sistemiche. All’assemblea di Marghera è intervenuta una rappresentante dell'attivismo sloveno, che ha riportato nella discussione le iniziative realizzate in Slovenia e Croazia lo scorso 27 febbraio sulla Balkan Route ed ha sollecitato l’accelerazione della messa in rete delle le varie realtà di movimento che operano sul tema dell’accoglienza dal basso e sulla libertà di circolazione per tutte le persone.

Riguardo alle lotte ambientali è stata discussa anche la proposta della coalizione Ende Gelande, che dal 13 al 16 maggio vuole costruire una mobilitazione transnazionale per fermare l’estrazione di combustibili fossili nella regione della Lusazia, in Germania, uno dei territori al mondo più devastati dall’industria mineraria.

L’ultimo capitolo che l’assemblea di “Agire nella crisi – confederare le autonomie” ha messo a fuoco è quello relativo alla questione curda, che rappresenta uno dei nodi maggiormente investiti dai nuovi scenari della guerra globale, che vedono la Turchia acquisire una leadership regionale sempre più importante. La difesa ed il sostegno del Rojava e della straordinaria esperienza del confederalismo democratico, che rappresenta un modello di organizzazione sociale e politica in grado di contaminare tutti i movimenti europei, vanno intensificati attraverso progetti ed azioni concrete. La solidarietà al popolo curdo,  che viene attaccato militarmente dalla Turchia per le proprie mire espansioniste e per la stabilità dei  propri assetti interni, va inoltre praticata attraverso interventi ed azioni politiche che denuncino il terrorismo di Stato messo in atto dal governo Erdogan ed attacchino direttamente gli interessi della Turchia in Italia come nel resto d’Europa. Per questa ragione la giornata del 20 marzo, a ridosso del capodanno curdo, viene assunta come momento per scendere nuovamente in piazza, in diverse città italiane, insieme alla comunità curda.

Di fronte ai profondi e rapidi cambiamenti che investono il quadrante geo-politico in cui si colloca la questione curda ed alla necessità di un salto di qualità nelle azioni di solidarietà e di lotta, l'assemblea ha deciso di avviare nuovi percorsi organizzativi con l'obiettivo di dare maggiore continuità alle iniziative e di potenziarne l'incisività e l'interconnessione.