Un'inchiesta a cura di Lab.Paz Project scaturita da una lettura attenta della rassegna stampa locae e nazionale

Rimini - Inchiesta Sistema Rimini

Da Comunione e liberazione alla Camera di Commercio, passando per Rimini Terme. Il sistema mostra la sua faccia e indica la via per costruire un'alternativa praticabile a chi usa la legge per difendere i propri interessi e privilegi.

2 / 3 / 2013

La classe dirigente riminese, tra scudo fiscale e corruzione

Il presente documento ha l’obiettivo di ripercorrere tre casi di malaffare che hanno coinvolto la politica e le istituzioni Riminesi. Gli eventi presi in esame riguardano evasione fiscale, sospetto peculato e tangenti. Il metodo di analisi si basa sulle comunicazioni della stampa locale, sulle indagini della Procura di Rimini e sulle missive spedite da alcuni consiglieri comunali riminesi, sia di maggioranza sia di opposizione.

Camera di Commercio, il caso Maggioli

Manlio Maggioli, presidente della Camera di Commercio di Rimini dal 1994, è stato indagato, all’interno del secondo filone delle inchieste riguardanti il Credito di Romagna, per aver nascosto oltre 2 milioni di euro al Fisco, collocandoli presso un conto corrente in una banca sammarinese. M. Maggioli si è servito del cosiddetto “scudo fiscale” per regolarizzare la propria posizione nei confronti dell'erario e per riportare il denaro illecitamente occultato nelle casse sammarinesi in Italia al prezzo di una penale già giudicata come irrisoria rispetto al danno causato alle casse dello Stato e quindi della collettività intera.

La gravità di questo caso di evasione fiscale è direttamente proporzionale all’importanza del ruolo rivestito dal Presidente della Camera di Commercio e dal gruppo imprenditoriale della famiglia Maggioli, che spazia dall'editoria alla riscossione dei tributi per alcuni enti locali.

E’ lecito ipotizzare che M. Maggioli si sia sentito socialmente legittimato da due fenomeni di malcostume che, come mostrato dall'attività della Guardia di Finanza e dai dati dell’INPS, nel distretto turistico sono problemi endemici: da un lato la piaga dell'evasione fiscale, che pare un'abitudine di chiunque possa permettersela; dall'altro la sistematica violazione dei diritti dei lavoratori e dei contratto collettivi nazionali di lavoro. A seguito dell'emersione di tali fatti, il Presidente della locale Camera di Commercio ha affermato “I capitali scudati? Lo hanno fatto in diversi, l'ho fatto anch'io”. Che si tratti di un'allusione implicita al caso dell'imprenditore riminese Luigi Valentini, che poche settimane prima occupava le pagine del Corriere della Sera per aver fatto espatriare e poi scudato 20 milioni di euro?

La Fondazione Meeting

L'11 dicembre 2012, la stampa locale ha reso noto che la Fondazione Meeting è stata posta sotto indagine per “truffa aggravata” per aver indebitamente beneficiato di fondi pubblici per la realizzazione del Meeting. La Procura di Rimini sta indagando sulla Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli per l’ipotesi che abbia ricevuto illecitamente 310mila euro di contributi pubblici, durante il biennio 2009-2010, dalla Regione Emilia-Romagna, della Camera di Commercio, dall'Agenzia turistica di Rimini e dal Ministero dei Beni Culturali.

Qual’era l’escamotage? La Fondazione è accusata di aver iscritto a bilancio costi non giustificati attraverso false fatture con le quali si sono “sgonfiati” i ricavi dell'evento per poter chiudere il bilancio in perdita e raggiungere così le condizioni per poter accedere a fondi pubblici. La Procura locale ha posto sotto indagine i seguenti dirigenti della Fondazione Meeting: il direttore generale Sandro Ricci, il responsabile amministrativo Roberto Gambuti e l' amministratore con delega ai contratti Massimo Conti. Il 21 dicembre 2012, la stampa ha reso pubblico che, parallelamente all'indagine della Procura di Rimini, la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo per danno erariale nei confronti della Fondazione del Meeting.

Il 18 gennaio del 2013, il Tribunale del Riesame ha comunicato di non aver accolto il ricorso della Fondazione Meeting, considerando valida la tesi dell'accusa. Nelle motivazioni depositate dal giudice si legge quanto segue: “I nutriti elementi raccolti dagli inquirenti fanno ritenere sussistenti le accuse di un articolato sistema volto a lucrare indebiti e illeciti profitti”. Nel gennaio 2009 Roberto Gambuti ha inviato un’email al legale rappresentante Massimo Conti, in cui si troverebbe conferma della manipolazione dei bilanci funzionale ad ottenere i finanziamenti della Regione, dell’Agenzia marketing della Provincia, della Camera di Commercio e dal Ministero dei Beni Culturali. Roberto Gambuti scrive: “Questo importo - (scrive Gambuti) - dovrà infatti essere sufficientemente flessibile da permetterci di adattarlo alle nostre necessità di bilancio...A questo punto, in caso di necessità non dobbiamo fare altro che variare l'allegato al contratto e ottenere l'importo che ci interessa”.

(fonti: Newsrimini.it - La Repubblica del 11 dicembre 2012 - La Repubblica del 21 dicembre 2012)

Il caso Rimini Terme

Il 29 gennaio 2013, la stampa ha divulgato la notizia che il Presidente di RiminiTerme, Giovanni Panciroli, risulta condannato nel 1997, quando era dirigente di coop7, per aver elargito tre miliardi di tangenti per poter ottenere gli appalti della metropolitana di Milano e nel 2009 per aver versato una tangente ad alcuni uomini dell’agenzia delle Entrate. Giovanni Panciroli da otto anni è alla guida di RiminiTerme, ed essendo Riminiterme partecipata dallo stesso Comune di Rimini è evidente che la nomina (avvenuta nel 2005 con il voto all'unanimità di tutti i soci) esprime un mancato rispetto della tutela dell'interesse pubblico.

Il caso è emerso grazie ad un’interrogazione del consigliere Fabio Pazzaglia e ad un dossier - presentato dallo stesso consigliere comunale di Sel-Fare Comune - dove sono ricostruite le vicende giudiziarie di G. Panciroli.

L'interrogazione presentata da Pazzaglia chiede le dimissioni di Panciroli e la costituzione di una commissione d’inchiesta con lo scopo di rendere pubblici “i nomi dei soci privati e degli amministratori pubblici che da otto anni erano al corrente della situazione, e cioè da quando Panciroli fu nominato per la prima volta Presidente di Riminiterme". G. Panciroli ha dichiarato “di essere stato nominato all’unanimità e che la sua storia fosse conosciuta”. Inoltre, il consigliere di maggioranza, Savio Galvani (FDS), ha recentemente chiesto le dimissioni del presidente di Riminiterme ed ha messo in evidenza la gravità l’inerzia e la complicità della Giunta comunale.

Il caso Panciroli deve essere allargato alla Coopsette, una delle più grandi “cooperative rosse” di tutti i tempi, come paradigma di un sistema economico capace di bypassare ed occultare i casi di corruzione.

Tra i differenti incarichi ricoperti dall'Ingegnere Panciroli, per conto di Coopsette, citiamo solo quelli che hanno attinenza con le vicende economiche della nostra città:

  1. Responsabile del Progetto di gestione e sviluppo di una città della salute e del benessere a Miramare di Rimini che prevede il recupero e la ristrutturazione della Ex Colonia Novarese;

  1. Tra i responsabili di progetti e costruzione del Centro Commerciale Le Befane;

  2. Assistente al Direttore Generale di Coopsette con delega alle gestioni del benessere, alberghi e parcheggi;

  3. Project Manager Coopsette per il project financing di riqualificazione del lungomare di Rimini su progetto dell’Atelier Jean Nouvel.

Sembra di essere di fronte a delle pedine che sono inserite nel tessuto economico della comunità di turno. Ad esempio, l'ing. Panciroli è membro di realtà associative che operano sul territorio come:

  1. L'associazione “Miramare Wiva”. Dal verbale di assemblea del Consiglio di Quartiere n.3 del 20 settembre 2007 nel quale si legge il seguente passaggio: “Infine comunica che l'ing. Panciroli, presidente di Riminiterme Spa e responsabile di Coopsette è entrato come socio in “Miramare Wiva” a significare la totale identità di vedute tra le due realtà e la volontà reciproca di collaborare”;

  2. Membro di Confindustria. Dal sito internet di Confindustria risulta che lo scorso 21 giugno 2012 durante l'annuale assemblea riminese Giovanni Panciroli è stato nominato membro della giunta di Confindustria Rimini per il biennio 2012-2014;

Conclusioni

I casi mostrati ci invitano a sviluppare una riflessione attorno alla trasparenza delle Istituzioni riminesi. Comune e Provincia di Rimini hanno costruito legittimamente la loro azione pubblica attorno al principio della legalità. Secondo gli elementi sopracitati, le istituzioni locali non hanno sempre utilizzato i principi dell’etica sociale, del bene comune e della legalitànella costruzione delle relazioni con gli attori del sistema economico e politico. Le responsabilità de facto di questi fenomeni e l’inerzia nei confronti del “Lavoro Gravemente Sfruttato” nel distretto turistico ci consentono di affermare che la legalità così intesa sia uno strumento puramente retorico agito strumentalmente contro i portatori del dissenso. In antitesi alla nostra concezione di lecito e legittimo, ciò che appare chiaro dai fatti di Rimini come di Parma e di tante altre amministrazioni locali è la volontà politica di e non incidere su un meccanismo che rappresenta uno strumento lecito per finanziare enti e interessi particolari o per promuovere carriere politiche a scapito del bene comune e della sovranità dei cittadini.